27.9.05

Soon you will hear the things you wanted


Oh come avrei voluto esser lì. A Londra, per la serie di concerti Don’t look back, poco prima di eseguire dal vivo l’intero album If You’re Feeling Sinister, i Belle And Sebastian hanno suonato la rarissima Electronic Reinassance.

26.9.05

Come To Daddy?


Nel 1995 Radio 3 mandò un pacchetto di cassette a Karlheinz Stockhausen. Le cassette contenenvano pezzi di Aphex Twin, Richie Hawtin nel suo alter-ego Plasticman, Scanner e Daniel Pemberton. L’intento era quello di far esprimere uno dei padri della musica elettronica su alcuni discendenti o comunque su alcuni dei nomi più in vista della musica sintetica del tempo. Stockhausen rispose trattando i ragazzini con sufficienza, evidenziando in particolare la loro mancanza di inventiva dal punto di vista delle variazioni. I ragazzini, sottoposti a loro volta all’ascolto di composizioni del maestro tedesco, risposero piccati. Ciò per dire che per quanto si possano cercare sovrapposizioni tra i mondi della musica contemporanea e della musica elettronica dell’ultimo decennio, i due partono da urgenze differenti e le loro sovrapposizioni all’inizio furono spesso frutto del caso. Poi, è vero, i musicisti electrondance sono cresciuti e comprando qualche vecchio disco hanno imparato a riciclare certe idee maturate nei decenni precedenti, ma la cosidetta Intelligent Dance Music aveva in mente i Kraftwerk come padri putativi e il ballo più che Edgar Varése.

Fatta chiarezza su questo punto, mi sono recato alla serata torinese della London Sinfonietta meets Warp tour con la curiosità di chi conosce tutta la discografia di Aphex Twin ma ben poco delle avanguardie musicali tirate in ballo nel suddetto matrimonio tra musica contemporanea ed elettronica recente. Credo che questa sensazione fosse la costante del pubblico della serata, assolutamente non codificabile in un genere definito ma composto da ragazzini scenesters, trentenname in assetto aperitavito e mezzetà stanziale da Auditorium. E mentre l’accrocchio variopinto faceva il suo ingresso e prendeva posto (noi in galleria, ché non siamo borghesi) la Pendulum Music per due microfoni dondolanti e amplificatore, inno allla forza di gravità e al feedback di Steve Reich, veniva tradotta in un groviglio di cavi che si avvicinava sempre più alla platea sul maxischermo in fondo al palco.

L’orchestra entra e prende posto. Viene presentato quello che seguirà, in due lingue, l’inglese e l’ormai tristemente noto italiano-da-traduttore-automatico. Poi le luci si abbassano e un occhio di bue illumina un pianoforte preparato, ovvero un pianoforte che oltre al classico suono affianca armoniche metalliche. Il pianista esegue Jynweythek & hy a Scullyas lyf adhagrow di Aphex Twin, ninna nanna introduttiva di melodie argentate. L’applauso termina e suona una sirena. È la sirena della Ionisation di Edgar Varèse. pianoforte e dodici percussioni accompagnate da un inquietante filmato di Flat-E (qui un edit su musica di Ultre) in cui ingranaggi e aghi di zanzara grigioneri luccicano scuri su fondo bianco. Subito dopo sistemano sul palco i laptop i Plaid alle prese con Scope, ausiliati dagli xilofoni della Sinfonietta e da un altro video di Flat-E con protagonista una colonna di legno che in stop-motion viene dipinta, spruzzata, scarnificata per tornare sempre alla sua versione originale. Il terremoto tecnoastratto di Autechre su video precede il Ballet Mecanique di Léger, Murphy e Man Ray, musicato da Georges Antheil, ovvero come le sensazioni dei video Warp venivano rese ai tempi del dadaismo in maniera simile con l’uso parallelo del tecnologico, del quotidiano decontestualizzato e dell’iteratività. La prima parte si chiude con la proiezione di Rubber Johhny, creatura di Aphex Twin e Chris Cunningham tanto ben fatta quanto prevedibile nel consueto miscuglio di infanzia e deformità.

Nell’intervallo Warpvideo di Gravenhurst, Squarepusher e compagnia cantante. Un bambino che riceve sensazioni materne via cavo precede First Construction In Metal di John Cage, anticipatrice del rumorismo à la Einstürzende Neubaten, coi drone derivati dalla lamiera e le pentole che ti chiedi se le vendano al negozio di strumenti musicali, di forma e spessore standard. Il concerto per sei marimbas di Steve Reich è ipnotico, fino a quando a due terzi di durata noti una strana coincidenza con Stagger degli Underworld. Il video della faccia di vecchio di Bluespoon termina all’improvviso, ma nessuno sa se volutamente o no. Le luci si abbassano, entra Squarepusher con un basso a sei corde seguito dal riflettore, una videocamera lo riprende dal basso in posizione da solista virtuoso e succede l’impensabile. Dovrebbe presentare in anteprima i suoi otto piccoli pezzi per basso, ma assistiamo a pretenziosi arpeggi da chitarra classica spagnoleggiante, scritti male ed eseguiti peggio. Mi giro verso Enzo ed entrambi abbiamo la faccia del “Che merda” inspiegabile. Jenkinson si riscatta solo quando usa la corda bassa come un bassista thrash metal o quando indossa la faccia del “non so se mi è riuscito ma questo è il massimo di cui sono capace e sono contento dell’ovazione che mi tributate”. Presa per il culo o arteriosclerosi anticipata? L’orchestra rientra e suona una versione da big band di Polygon Window di Aphex Twin, tutto sommato buona nel suo introdurre una dinamica quasi dance, se non fosse per il finale in cui tutti i musicisti prendono un tamburo, scendono tra il pubblico e si danno alla pazza gioia della tammuriata che manco alla festa del santo di Sheffield. Poi tutti si inchinano a ricevere applausi, anche Pac(c)o De Squarepusher, risalito apposta sul palcoscenico. In definitiva l’idea non è male e soprattutto è ben realizzata per mantenere alta l’attenzione. Peccato per certi momenti che da un lato fanno cadere il monocolo nel nostro drink, dall’altro suscitano la nostra ilarità, assurgendo già al ruolo di tormentoni.

25.9.05

Storia di un colpo (apoplettico)


Occhei che non esistono più dive. Occhei che c’hai quasi trentanni e dovresti sapere come va il mondo. Occhei che tutto, ma.


Nicole Kidman live ‘n’ morsiconi @ C’è Posta Per Te
(ultima foto photoshoppata per evitare le vendette trasversali del Costa)

15.9.05

Red Desert

Distratto da chi sceglieva musica per me e dalla presente attività, ridesto la mia attenzione quando sullo sfondo improvvisa corre in parallelo alla canzone una voce in italiano, come in uno split-screen. La sensazione è di spiazzamento e solo per un attimo è incrinata dall’accento emiliano e dalla sensazione di aver già sentito tutto nella discografia di Elio E Le Storie Tese. Poi quando lui dice “Antonioni” ho il terrore di un esotismo snob e in fondo non particolarmente ricercato. Ma la mia incredulità era già sospesa. (Grazie per l'immagine del testo scritto a mano a Long Pauses)

Io Posso Ostentare Dispositivi*


Caffè e così

Qui quando dice “A tape recording with the sound of the Velvet Underground”.

*cioé, io lo ritengo la cosa più utile che mi è stata regalata negli ultimi tempi ma universalmente è preponderante l'aspetto del titolo e allora mi adatto

14.9.05

Ciucciati il passamontagna


Se non fosse la stronzata che è, mi verrebbe il freddo lungo la schiena a pensare a un candidato incappucciato. Per quanto possa essere interessante, potete ammirare il volto di Simona Panzino in questa e in quest’altra foto.

Io, il giorno dopo


29 pearls in your kiss, a singing smile,
coffee smell and lilac skin, your flame in me.


Guardarvi a Settembre dispersi nel tempo di cui a me non importa ormai più niente.

(seeee vabbe', che sei entrato nel trentesimo anno)

12.9.05

Il fascino discreto dell’elettronica borghesia


La settimana prossima mi aspetta una trasferta a Torino. O meglio, dovevo andarci questa settimana, ma tra qualche giorno entro nell’anno che mi porterà alla fine della giovinezza e il biglietto della trasferta sarebbe costato troppo. Senza contare che la settimana prossima potrò toccare con mano il mio status di avvizzito quasi trentenne, recandomi compassato all’Auditorium del Lingotto per il concerto della London Sinfonietta meets Warp, con la partecipazione straordinaria di Plaid e Squarepusher e la proiezione dei migliori Warp-video nell’intervallo. Lucido il monocolo e attendo speranzoso il tintinnio dei gioielli della tribuna d’onore.

The Campphase Headfire


Non so se l’ascolto del nuovo Canada Of Boards mi distrae da quello che sto facendo o se (da) quello che sto facendo mi distrae dall’ascolto del nuovo adanaC fO sdraoB. Cercherò di trovare 3721 secondi per riflettere stanotte se tutto il nuovo disco è un riflesso di un riflesso come quando guardo la copertina sembra come quando guardo la copertina di un un loro vecchio disco (bambini filtrati urlano a volume bassissimo “Quelle chitarre yb?oM)”.

Ascolta la discutibile Dayboy Cowvan.

9.9.05

3 Years 5 Months And 2 Happy Days In The Life Of Arrested Development


Chachi prenderà il ruolo di Fonzie nella terza stagione di Ti Presento I Miei, l’unico telefilm da me frequentato nella scorsa primavera. Se pensate che uno dei produttori è Richie Cunningham, vi farete l’idea che tutto torna.






P.S.: Ho resistito alla tentazione di un titolo che facesse riferimento anche a Charles In Charge.

P.P.S.: Se mai metterò su un gruppo musicale, il suo nome sarà The Gwendolin Pierce.

8.9.05

Memoria fredda


L’aria condizionata intorno è ormai inutile, serve soltanto per abituarsi alle maniche lunghe che stanno per arrivare.

Windows segnala che la memoria virtuale del sistema è insufficiente, ma la cosa è voluta.

L’ascolto mattutino del long playing Siberia è il MALE.

5.9.05

Get off get up you son of pop


Il ritorno a Palermo coincide con la festività religiosa di S.Rosalia. Il quartiere storico della Kalsa è illuminato per la festa e tappezzato di gigantografie delle foto di Dave La Chapelle. Il contrasto sa di già visto e me ne sono accorto solo per via del nome dell’autore sui manifesti, altrimenti non avrei notato differenze tra gli altri cartelloni pubblicitari della città popolati da bamboloni siliconati. Ma qui ci si divide sulla mancanza di rispetto e una suora ha anche sfregiato una delle opere.




Arrivo sul posto con le tre Midaircondo intente a spippolare sui computer e sui loro strumenti. Poca gente intorno, alcuni fanatici dei dEUS tengono la posizione in prima fila. Le ragazze sembrano sbattute, appena tornate dal mare e con troppe cianfrusaglie sui box davanti a loro. Hanno ancora i trolley sul palco e alla fine del soundcheck si rifugiano nel retro-palco per il trucco e parrucco. Che ha tempi biblici e così con un ritardo di più di un’ora sul programmato inizia la prima giornata della sezione Overground del Kals’Art di Palermo.



Non so, mi sto staccando sempre di più dalla combinazione detrito elettronico microscopico + piagnucolio femminil’intimisto + giocattoli: quando non la trovo fredda e inutile, mi sembra una furbata ottenibile a basso sforzo. Le svedesi Midaircondo sono da quelle parti rappresentando la variante “+ uso dei fiati” e per gli appassionati del genere hanno il loro primo disco in uscita a Ottobre. Quando si ripresentano sul palco a piedi nudi e con vestiti bianchi uguali ma con piccole differenze sembrano altre persone. La rossa coi capelli bagnati ride, ride sempre, in contrasto con l’umore di tutte le canzoni. La castana che sembra uscita da una seduta di sei ore dal parrucchiere di Botticelli è imperturbabile e spezza la sua legnosità con pochi e isolati sorrisi. La bionda dal capello post-sessoselvaggio è china e nervosa sullo schermo del suo Mac e anche le sue risate durante le canzoni lo sono, chine e nervose. Ancora ora mi chiedo, perché ridevano?




In fin dei conti le tizie si mostrano meno banali di quanto avrebbero potuto col materiale a disposizione, limitando l’uso di luoghi comuni e scambiandosi più volte il compito di aggiungere una voce ai rumorini. Il problema è quando ricorrono al loro elemento distintivo, ovvero gli ottoni. Finché la rossa dai capelli bagnati utilizza la diamonica e una specie di incrocio tra il flauto e il fagotto, ci si mantiene in ambiti apprezzabili, ma quanto la boccoluta castana mette mano ai suoi sassofoni si scade dalle parti dell’aperitavito, se non direttamente del piano bar. Ma io ho una fisima nei confronti di quello strumento, devono avermelo dato in testa negli anni Ottanta da piccolo.



Le Midaircondo ottengono una buona risposta dal pubblico ormai infoltito, raccogliendo applausi convinti con Serenade. Alla fine escono dal palco e rientrano, ancora una volta cambiate, per riprendersi l’oggettistica sparsa sul palco ed è invidiabile come riescano a infilare in maniera ordinata tutto quanto dentro un valigione a testa. Il giorno dopo mentre transitavo per il centro sul pullman per Bari hanno attraversato la strada nei pressi di Corso Vittorio Emanuele, anche se non ho fatto in tempo a prendere la macchina fotografica per immortalare il momento. Inutile dire che anche questa volta sembravano persone diverse e in particolare al netto dell’effetto fondotinta-palco-riflettore tutte tranne la botticelliana avevano questo aspetto da professoressa di liceo svedese che insegna italiano. Niente intervista con loro, come chiesto da delio, non tanto perché l’unica domanda che mi veniva in mente era se avessero iniziato prima a maltrattare i computer o i fiati, quanto perché volevo mantenere il posto in prima fila per i dEUS.




I dEUS hanno un armamentario scarno al confronto, così scarno che la batteria è dell’organizzazione, così come i roadie e forse anche il fonico. Salgono sul palco con convinzione. Tom Barman indossa una tutta da meccanico e nonostante ciò riesce ad essere più elegante di uno degli Air col vestito di Armani. In perfetto (o quasi) italiano grida al pubblico che quello di Palermo è il primo concerto del tour di Pocket Revolution: a causa di una falsa partenza per un livello del mixer, subito dopo chiamerà l’applauso della folla per il secondo concerto del tour 2005 dei dEUS. E si inizia con Istant Steet ed è come veder riavvolti dieci anni di basso profilo mai troppo celebrato.



Il concerto mi riconcilia col rock, come poco altro è stato capace di fare ultimamente. Il magnetismo del cantante è frutto di perfetti tempi scenici, dirige il resto del gruppo come quando chiama il finale disco per una canzone, gioca con le mosse tipiche del live e allo stesso tempo non sbraca. Quando declama sul silenzio Worst Case Scenario il pubblico lo accompagna fino all’esplosione di una versione leggermente più muscolare del disco. Il primo rallentamento è per l’accoppiata Jigsaw You / Magic Hour, ma tutto il concerto alterna gli episodi più movimentati a quelli più lenti. A metà del set, affogata nel rosso totale delle luci di scena viene fuori quel gioiello di malinconia morbosa che è Nothing Really Ends. Canto anch’io emozionato, sforzandomi di non chiudere gli occhi e di non perdermi un attimo di quella semplice perfezione.





Il set è generoso in lunghezza e mentre sullo sfondo partono i fuochi artificiali della festa di quartiere, i dEUS mettono in fila i pezzi grossi verso il finale. Little Arithmetics parte trallallando e sul finale acquista distorsioni e volumi. Prima della fine degli applausi per la precedente, mentre Tom rivolge le spalle al palco comincia una a dir poco gloriosa Theme From Turnpike, con le due chitarre che si rincorrono, il no more loud music rivolto al fonico indicando il microfono e un finale che mette in rassegna tutti i ritmi visti fino a quel momento compreso un ottimo intermezzo disco. Al colmo dell’eccitazione parte Suds & Soda e a quel punto ricordo poco, perso a urlare robotico friday, friday. Nel bis, come più volte durante la serata, Barman si scusa della presenza di molti pezzi dal disco nuovo, ma l’aria è quella di una prova generale in cui testare la resa del nuovo repertorio. Alla soffusa Serpentine segue la conclusiva Bad Timing che si lega alla precedente con l’atmosfera della chitarra effettata e che conduce verso un finale efficace ma imparagonabile a quello pre-bis.





Il cimelio della serata è uno strano foglio che stava sul palco. Da un lato c’è una lista di canzoni. Dall’altro lato ci sono dei frammenti di testo da Pocket Revolution, Fell Off The Floor, Man, Serpentine e il ritornello di Nothing Really Ends. La lista contiene le canzoni eseguite ma in un ordine leggermente differente, i frammenti di testo sono scritti con una penna a sfera e un musicista dalla vista media con le luci presenti sul palco non sarebbe stato capace di utilizzarla per i controcanti. Eppure quel foglio era lì, e non sapeva bene perché.

3.9.05

Maidirconmars


MidaircondoTopomarte
O di quando scopri con disappunto che al posto dei Mouse On Mars ti hanno messo un all-swedish-girl-laptop-trio.