30.1.06

It’s strange, when you rearrange


Cerco di nuovo casa, questa volta per conto mio. Nei traslochi smonti e rimonti mobili, trovi delle cose di cui ti eri dimenticato, compri il necessario per la nuova abitazione.

Per esempio una volta esistevano i remix e le cover. Oggi non si capisce più niente, signora mia. Ieri guardavo in televisione Mike Skinner degli Streets che rappava improbabili scuse a una dj radiofonica per aver rubato un microfono su Banquet dei Bloc Party e la cosa stava lì in mezzo tra il karaoke, la rilettura e il remix. Gli esempi recenti sono tantissimi e allora per non annoiarvi con cose che già avete sentito vi segnalo tre novità fresche fresche.

Si diceva dei Bloc Party. I Go! Team hanno preso Positive Tension e ne hanno tirato fuori una corsa di bambini su prati di fiori gialli e campanelli adiacenti a una zona industriale dismessa. Curioso come nella canzone vengano vuori alternativamente i due modi differenti con cui le band creano la tensione del crescendo. Viene voglia di avere ancora dieci anni.

I Who Made Who li conosciamo proprio per simili imprese nei confronti di Flat Beat e Satisfaction di Benny Benassi. Questa volta hanno preso di mira James Murphy e i Munk, costringendo Kick Out The Chairs al funk più puro. Lustrate i vostri cappelli con la piuma e i vostri vestiti dai colori più improbabili.

E la cosa che non ti aspetti, la dance da Patrick Wolf. Non siamo certo fan del ragazzino, ma in questo caso ci ha sorpreso. Tristan prende in mano Helpless Fool For Love di Annie e la rende uno di quei pezzi da ballo dal retrogusto amaro e malinconico, con i riflessi delle lacrime che si confondono con quelli dei brillantini sparsi intorno agli occhi. Le timide tessiture elettroniche, la tristesse on the dancefloor di certi ABBA e un violino tzigano strappacore suonato per l’occasione da Patrizio Lupo ne fanno un’ottima colonna sonora per le ultime vostre delusioni amorose sulla pista.

Venerdì sera alla discoteca (Dance but not in my pants)


Il momento più alto del concerto di Tujiko Noriko è stato quando dal suo portatile ha fatto partire gli Exch Pop True. Per il resto, al massimo dignitoso: sul suo laptop alla mela Tujiko non controllava nemmeno la posta. Nel dj set i soliti erano accompagnati da Luca De Gennaro. Mi sono sollevato dalla mia poltroncina in onore di un mix unz unz di Talk dei Coldplay (non mi sembrava quello di Jacques Lu Cont), ma si è scelta la via di fuga non appena le schitarrate di Smells Like A Teen Spirit hanno iniziato a far capolino su simile ritmica. Come dicono i Cajuan, Dance and not and not dance.

27.1.06

1299 (Uffa, la muffa!)


Tutti hanno il complesso degli Electric President, e mi ci metto in mezzo anch’io. Un disco telefonato come molti, che però non riesci ad abbandonare in virtù di ciò. Perché è troppo caruccio, perché si appiccica a certi tuoi momenti, perché nonostante le pose tutti siamo bersagli facili nei confronti di qualcosa. E simili sentimenti suscitano questi Union Of Knives che partono da dove gli Stars avevano terminato, spingendo ancora di più sul lato postale tendendo ai limiti del nuovo zanzarismo francese. Credo di aver sentito centinaia di volte negli ultimi giorni Evil Has Never (Loved You) (feat. Jenny Reeve), con la terribile sensazione di amarla, plagiato.



E poi il piano sequenza della muffa islandese sul tetto. Sono in debito coi miei ascolti acustici e tranquilli ed elettronici quel che basta. Sì, ascolto tanto i Devics ma volevo anche qualcosa di nuovo. Mi sono imbattuto allora in questi finnici Husky Rescue che mi hanno letteralmente stregato con la loro Sunset Drive.



Una piacevole scoperta dal surf su Myspace è il cantautorato anni Sessanta screziato da elettronica minima di Camille Davila. Tranquillità da domenica mattina sul divano, coi colori delle copertine dei vecchi quarantacinque giri sparsi per terra.



Su Myspace capita di imbattersi anche nella risposta svedese ai Vive La Fête, che sarebbero la versione tamarra degli Stereo Total. Ce n’era bisogno? Assolutamente no, ma Mon Toutou degli I Love You Baby! è un gustoso delirio kitsch.



Annie e M.I.A. insegnano. L’incrocio tra cantato e atmosfera da MTV con musiche e/o produzioni meno scontate continua a mietere vittime, in qualunque senso vogliate intendere la parola. In questo senso le ultime chiacchierate sono Uffie e Shaznay Lewis. Uffie esce su Ed Banger (fichissimo il filmato, unica cosa presente sul loro sito), è fidanzata con Beadz della B-Pitch che la produce insieme a Mr. Oizo e viene remixata dal compagno di etichetta SebastiAn. Se vi interessa una M.I.A senza la colla baile-funk di Diplo siamo da quelle parti, cfr Pop The Glock, 1984 e il suddetto remix sebastiAno. Shaznay Lewis invece potrebbe stare bene dalle parti di Mondo Oltro visto il nome e la militanza nelle All Saints. Shaznay balza alle nostre orecchie per mere questioni di autoritas: Phoneszie l’ha presa sotto le sue ali protettrici nella Phones Volt Version, che suona come un divertissement orientato al pappero con vocetta strozzata alla Britney e senza pretenziosità alcuna. Ah, visto che si parla di Phones, dalle sue parti trovate anche il (solito) remix per i Lomax.

25.1.06

La Cultura nelle tue notti intere


- Pronto?
- Uè Massimi’, cercavo giusto te, sono Loredana.
- Ah. Dici, dici.
- Non so se sai, ma ho fatto uscire questo singolo e vorrei tirarne fuori dei remix di tendenza. Non è che ti ritrovi il numero di Gabry Ponte o di Gigi D’Ag?
- Loredana, sintonizzati! I ragazzi oggi ascoltano altro: Tiga, Phones, la DFA, i Chk Chk Chk!
- Sento un disturbo alla linea.
- No, ero io.
- Ah. Ma tu conosci qualcuno di questi o è sempre la solita menata del Myspace?
- Ehm, e se ci pensassi io? Risparmieresti anche quel migliaio di euro.
- Mi devo fidare?
- Sembrerà preparato dai migliori in circolazione! Groove alla Chk Chk Chk, sporcato da un po’ di elettronica, proprio quello che va adesso a New York!
(Che cacchio dici, se Phones ha bisogno fa suonare le basi per i remix ai Maximo Park. E poi lei non ti garantisce la coolness di una chessò Annie)
- Comunque voglio che rimanga l’atmosfera latino-americana.
- Tipo The Sexual Life Of The Savages?
- Niente zozzerie, voglio una cosa fine.
- Va bene, a presto.

Si vive anche un'altra volta sola (!!! Hot Latin Taranta) - Loredana Lecciso vs Al Maxcar


Si ringraziano Ajello e i David Gilmour Girls, Al Bano e Trotzsky Carrisi.

24.1.06

The Beautiful Girl With The Guitar


Mi ero ripromesso di trovarla, e siccome sono pervicace e dal google facile immaginate come sia andata a finire. Quella sera a Benicassim aveva colpito tutti noi, con la sua riccia ed esile figura sotto una tunica azzurra e dietro un’enorme chitarra. Adesso, cari delio e fio, lei sta per diventare mia amica. Annie Clark ha ventitrè anni e oltre a far parte dei Polyphonic Spree, ha accompagnato gli Xiu Xiu e suona per conto proprio col suo nome e col nome di St. Vincent. Ora, i siti sono abbastanza vuoti e l’unica traccia che si può ascoltare non è che ci faccia stracciare le vesti, ma come resistere alle poche immagini, al nome dell’indirizzo email del suo sito e al titolo di quell’unica canzone? (tanto io sono contro il matrimonio e in Texas queste cose non le accettano)

22.1.06

I heard it all before (remix)


Ieri sera da Pete Tong, Jacques Lu Cont selezionava i dischi nella prima parte della trasmissione. Ha passato il suo Man With Guitar remix di Sorry, in anteprima di circa un mese rispetto all’uscita del singolo. Niente di stratosferico è stato aggiunto al potenziale già ottimo ancorché meno trasversale di Hung Up: Stu cambia solo prospettiva rendendo il beat meno andante ma più aggressivo, circondando Madonna di contocanti robotici e ripetendo gli stilemi di tutti gli ultimi suoi remix.

Mi è venuta curiosità sugli altri remix del singolo e, cercando cercando, mi è saltato fuori tutto un mondo di gente che quotidianamente trita mastica e sputa ogni singola traccia di Confessions On A Dance Floor. In posti come questo sito e questo forum si trovano decine e decine di versioni per ogni canzone. Ognuna è stata editata, allungata, mesciata con risultati quasi sempre trascurabili, o meglio trascurabili per il poco che ho sentito. Persino alcune intuizioni come gli incroci di Hung Up col basso di Rock The Casbah o con l’hyperproduzione di Toxic sono risolte male, con trucidità nel primo caso e con pressappochismo e impacchettamento nel secondo.

Questo sentimento si ripete nell’ascolto del remix ufficiale di Sorry dei Pet Shop Boys, se ci pensate un possibile momento epocale, un’ennesima resa dei conti in nuce tra icone parallele. E invece niente. I Boys di Madonna rendono appena più tamarra la canzone e aggiungono dei coretti di Neil Tennant che vorrebbero essere la firma sul quadro e invece sembrano uno dei tanti pallidi mash-up del sito cileno di poco fa. Forse però i Pet Shop Boys hanno fatto una scelta consapevole e condividono la mia idea: Confessions è un disco difficile da remixare perché è già la versione remixata di se stesso, perché è già la sua versione estesa, perché è già mash-up di mash-up di mash-up.

(il primo episodio qui )

21.1.06

You’ve got a friend (request)


A che serve My Space è una delle domande oziose che mi hanno fatto più spesso ultimamente. Per esempio i musicisti sconosciuti chiedono di diventare tuoi amici. Il dubbio però è: perché -solo- questi vogliono diventare amici miei? I miei ascolti più o meno li sapete e allora mi chiedo perché le uniche richieste provenienti da gente che non conoscevo già sono venute da:

- Itch: da Leeds, si dicono indie ma a me sembrano più un gruppo di irritanti urlatori emozionali alle prese col math rock.
- Cecroe: da New York(?), fastidiosi piagnistei pseudo indie e una grafica orribile con testi blu su blu.
- lifeafter laserdisque: da Omaha, banali e inascoltabili ballate tristanzuole rock.

Ovviamente non accetterò nessuna delle loro richieste, ma mi interrogo: sarà perché non ho inserito foto discinte nella pagina delle mie immagini?

18.1.06

Rough Gems Tunes


Da più parti si raccolgono indizi che il 2006 sarà l’anno della riscoperta del metal. Da queste parti non ci si è mai stati dentro, ma proprio per questo si segnala un’operazione svedese simile a quella condotta dai Nouvelle Vague con la New Wave, anche se priva dei sottili giochi di specchi di quest’ultima. Sgrossate da urla, chitarroni e assoli il metal di Iron Maiden e Judas Priest e chiudetelo in un pop acustico da cameretta affidando la voce ad una clone di Björk, o meglio ad una clone di Björk educata alla Emiliana Torrini, e quello che otterrete sarà Hellsongs. Provate Breaking The Law e la commovente Run To The Hills per credere.



Pensate che il prossimo che avrebbe riciclato il sound alla Intillimani sarebbe stato sDevendra Banhart? Pensavate al solito colonialismo occidentale, eh? Sbagliato! Yoshie è una giapponese dalla voce flautata che già nel 2002 in Espacio Verde cantava in spagnolo senza farsi mancare battimani, mandolilli e flautidiathaualpa. Consigliato ai pubblicitari del Nescafé, trovato da The Man Who Stepped Into Yesterday che nell’ultima settimana ha dedicato diversi post alla giapponese Trattoria Records.

Tanto lo so che la Svezia che preferiamo è quella dal taglio perfettino e brillante di Stardust degli Irene ben descritta da Polaroid, ma in Svezia tra i giovini per ora vanno fortissimo i Quit Your Day Job che credono di essere i Sex Pistols, affiancano Steve Mc Queen e Terence Hill sullo stesso schermo e cantano di quelli che hanno un problema con la Svezia.

Ve l’hanno detto già in tanti prima di me, ma Rough Gem è davvero una delle migliori canzoni sentite finora in questo 2006.

It may seem like a stretch


La storia che la Apple abbia copiato il video di Such Great Heights dei Postal Service per la pubblicità di lancio dell’Intel su Mac lascia secondo me il tempo che trova: priva del sottotesto amore-tuta sterile, la faccenda si riduce alle riprese della stessa realtà industriale ripetibile, con posizionamenti di camera obbligati anche quando si vuole simulare la presenza dove l’uomo non dovrebbe essere. Comunque, il filmato in cui si confrontano fianco a fianco i due video è questo.

17.1.06

Strusci di melodie


Premetto che apprezzo un gruppo capace di cantare

I would prefer
if I could refer to you as "it"
your name won't mean a bit
when your tongue's against my clit
it's nothing personal
absolutely nothing personal


su una musichetta così delicata, ma sono l’unico che sulla musichetta appunto di Hairless Youth Of Bosnia degli Strip Squad canta sopra il ritornello di Reptilia degli Strokes e altre due o tre canzoni?

Future Sound of Bari


Da un po’ di tempo rimbalzo tra alcune città d’Italia, ma quella che al momento mi trattiene per più tempo è Bari. Spulciando il programma musicale dei primi mesi dell’anno si trova un interessante bilanciamento tra il solito revival e proposte più ardite, quando non succulente. Gli anni Novanta continueranno ad aggirarsi come zombie (dj set di Phil Hartnoll degli Orbital questo sabato, Asian Dub Foundation il prossimo), si attenderà la gente che stava dentro le cose (Alexander Hacke degli Einstürzende Neubauten il 3 Febbraio e Martin Rev dei Suicide il 10 Febbraio), ci saranno un paio di rette sghembe il giusto (Tujiko Noriko dalla Mego il 27 Gennaio e il ritorno dei Velma il 17 Febbraio), si avrà l’evento imperdibile (Black Dice e si spera qualcuno che li accompagni il 6 Aprile). Inoltre, una volta al mese, il posto in cui si svolgerà tutto ciò ospiterà Tiger Town, una serata dedicata alle principali etichette indie inglesi con live e dj set. Si parte questa settimana con una serata dedicata alla Moshi Moshi, di Architecture In Helsinki, Au Revoir Simone, Tilly And The Wall e Lo-Fi-Fnk, etichetta dove hanno mosso i primi passi anche Bloc Party e Hot Chip. Nell’occasione suoneranno i Roland Shanks. Io purtroppo non potrò essere alla prima (rimbalzerò a Palermo), ma voi siateci!

16.1.06

Me And You And Everyone We (Don’t) Know


Ci sono film che rincorri e che per circostanze e situazioni ti sfuggono di mano. Per esempio, quello del titolo. Non sto qui a raccontarvi il perché e il percome, ma ci ritroviamo a cercare di recuperarlo in extremis, nell’ultimo spettacolo dell’ultimo giorno di terza visione in un piccolo cinema di provincia. Mentre imbocchiamo la strada del cinema notiamo una locandina che preannuncia la prossima programmazione. Temiamo che abbiano già cambiato il film. E infatti quando arriviamo troviamo anche dentro nuove locandine nonostante il manifesto principale ci rassicuri.

- Avete già cambiato il film? (chiedo io)
- Quello della Lecciso? Lo mettiamo domani (risponde il tizio che cambia i cartelloni)
- Ah, ma fa niente, tanto noi siamo venuti per quell’altro (ancora sorridente per l’incomprensione)
- Ah, ma non sappiamo se lo proiettiamo. Siete gli unici che sono venuti qui oggi in tutti e tre gli spettacoli. Lo proiettiamo solo se arriva qualcun altro (pregustando già il cuscino a casa)

Noi, che siamo fastidiosi, rimaniamo comunque ad attendere l’arrivo di qualcuno. Non arriverà nessuno, ma nel frattempo esaminiamo con cura la locandina di Parentesi Tonde, cercando di capire quelli che non conosciamo. Manca solo Cucuzza, dice il tizio. Le due locandine si assomigliano così tanto, penso io.

Memento


La cover che non ricordavo era quella di Lost In The Supermarket ad opera di Adam Freeland. O meglio, dovrebbe essere una versione rilavorata di Lost Souls In The Supermarket di McSleazy da London Booted.

12.1.06

Per Punti Saldi


Vuole il luogo comune che in periodo di saldi si tiri fuori la paccottiglia. Posso esimermi?

Per esempio, le feste sono appena passate e allora che ne dite dell’ultima canzone di Natale? Meglio, che ne dite di una canzone che racconti della mania di quest’anno, ovvero quella della canzone di Natale a tutti i costi, delle liste giornaliere di cover sempre più strane, dei minestroni a base di Low e David Hasselhoff? Losing My Sledge è come il panettone comprato al discount a metà Gennaio per far colazione risparmiando. A Babbo Natale hanno rimosso la slitta in sosta vietata, snow is what you really want.

In tempi di saldi si inventano le finte rarità. In effetti si ignorava l’esistenza del remix inedito di Take Me Out dei Franz Ferdinand preparato dagli Hot Chip, il cui unico merito è nello svuotare siffatto riempipista da ogni impulso che muova al ballo. Lo trovate al banchetto polke elettroniche, tra gli orologi a cipolla con la falce e il martello e i vestiti di carnevale viola alla Prinz, senza ritorno con scontrino.

Che sarebbe una stagione dei saldi senza una bella maglietta di uno stilista alla moda con un soggetto che trovereste tranquillamente al mercatino? Modest Mouse e Califone risuonano i satanici Slayer di South Of Heaven. In omaggio anche il div-x di Totò Che Visse Due Volte e il poster di Belinda Carlisle. (Grazie al blogger metallaro che se ne va a fotografare spettacoli semi-porno)

E a proposito di metal, avete mai pensato a incrociarlo con l’elettropop? In Olanda hanno fatto anche questo, ma quello che vi propongo sta qui in quanto più ardito calembour invenduto dell’anno: i David Gilmour Girls hanno l’autoironica credibilità di Rory in Sin City. Compra Heavy Metal Music Magazines.

Una confessione per svendere anche me stesso potrebbe essere che non mi dispiace l’ultimo singolo dei Coldplay. Ma preferisco girarvi una delirante cover stupidtechno anni novanta quasi gabber di Clocks per mano degli olandesi Zea.

10.1.06

If We Got Together, We’d Be Causing A Commotion


La situazione dei treni in Italia ultimamente è particolarmente grave. Alcune regioni cominciano a fare pressioni e mezzucci come il lancio dell’iPod Nano Trenitalia o l’invito del sottoscritto a viaggiare gratuitamente sulla tratta ad alta velocità Roma-Napoli non sono sufficienti a sviare dai problemi che attanagliano il trasporto su italica rotaia. Soprattutto penso alle persone anziane.

Negli ultimi giorni mi sono così convinto che Jump di Madonna sarebbe stato il modello perfetto per un remix di Conoscere Gente Sul Treno degli Amari. Da un lato ne avrebbe accentuato la propensione alla ballabilità, dall’altro avrebbe reso vaporosi e glitterati i già predisposti sintetizzatori. Invece di scegliere la via del remix ex-novo o quella del mash-up completo, si è preferita una via di mezzo perché purtroppo non si avevano a disposizione le tracce strumentali/vocali e non si aveva troppo tempo per pensare e realizzare una nuova ritmica.

Se così ho dovuto sacrificare l’intenzione iniziale di avere un’apertura melodica simile a quella del ritornello di Jump, con annessi e connessi bangalterismi, d’altra parte il pezzo acquista una sensazione di tensione dovuta al fatto che per tutta la sua durata c’è la stessa nota di archi elettronici. Il livello sonoro approssimativo è invece imputabile all’assenza di trattamento della sessione di flanger, registrata interamente dal vivo e senza interruzioni. Mi riservo comunque di ritornare sull’argomento qualora esca lo strumentale di Madonna.

È con sommo piacere che insomma vi invito all’ascolto di

Conoscere Gente Sul Treno (Don’t Jump Back In Flanger Maxcar Edit)


Don't Jump Back In Flanger

9.1.06

Alt + Ctrl + Riot


Sto preparando un remix ad uso privato (leggasi tuttomio) di una nota band italiana rubando pezzetti di una canzone di una nota cantante oltre i quaranta e dannandomi perché questa o il suo duca secco non hanno ancora fornito una versione strumentale di tutto il disco. Nel frattempo vogliate gradire una piccola rassegna di cose su cui gettare orecchio e piedi.

Una delle caratteristiche principali dei testi dell’epoca electroclash era il feticismo, la celebrazione degli oggetti. Gli Schmoof rivisitano con ironia quel periodo in Chocolate Boyfriend, dove la cantante è afflitta da un dilemma epocale: amo il mio ragazzo, ma adoro la torta di cioccolato. Come fare allora? “Voglio un fidanzato di cioccolato” è la risposta. Esilarante e filologica.

Pare che una sensazione del 2006 saranno i The Automatic, ascoltati da Headphone Sex. Quello ai controcanti sembra Simon Le Bon, ma niente di che.

Per la pista da ballo più twee che possiate immaginare, abbandonate i vostri lavori giornalieri e scappate coi campanelli degli Happy Bullets a cavallo delle comete di Riding Meteors.

Discooo Discooo Oh. I Clor remixano ipercineticamente la Disco Fever degli Shit Disco. Temporaneamente su Stypod (originale su 20 Jazz Funk Greats).

L’angolo della demenza con un filo di acume è riservato a Bigmouth Snaps Again, in cui il controcanto pitchato della canzone degli Smiths diventa il ritornello di Rhythm Is A Dancer e viceversa.

Nell’attesa spasmodica della cover definitiva della rana pazza ad opera dei Kidz Bop, qui si immaginano scenari di devastazione della pista da ballo con la versione per coro di I Predict A Riot dei Kaiser Chiefs. Chiederei battimani e tutti urlerebbero “Riot! Riot! Riot!”. Mica come quella cosa moscia dei Mc Fly.

Circoli di piano sognanti ed escapismo dai quali non riesco a staccarmi: Maybe I’ll Hide With You dei Letting Up Despite Great Faults.

8.1.06

Ho quasi sottomano i samba riguardanti a felicidade


Se dovessi scegliere una opinione sulla data barese dei Baustelle, la mia sarebbe a metà tra quella di Antonio e quella al solito molto indie di delio, ovvero un concerto in cui con qualche eccezione ho cantato dall’ìnizio alla fine in italiano epperò non privo di nuovi difetti, credo irreversibili rispetto alla prima volta in cui li ho visti.

Sgombriamo innanzitutto il campo dalla presenza più ingombrante, quella del pubblico. Il posto era pieno come ultimamente soltanto per i Blonde Redhead, ma solo in minima parte credo che questo sia dovuto all’effetto major: è vero, passano ovunque e ho letto recensioni positive de La Malavita persino sul magazine di Trenitalia (fate un salto in stazione se non ci credete), ma credo che questo fattore abbia influito almeno quanto il fatto che il concerto si tenesse alla chiusura del periodo festivo, momento che attira notoriamente molto pubblico come nel caso dell’anno scorso con Solex. La spiegazione migliore viene invece dalla moltitudine intorno che richiedeva e cantava dall’inizio alla fine i pezzi più vecchi, testimone della presenza di uno zoccolo duro che non ha esitato a provenire da tutta la regione. Altro discorso invece sono le manifestazioni stile Festivalbar (la ragazza sulla spalla del ragazzo, le ragazzine sotto il palco che indicano Bianconi quando in Gomma dice “Vorrei scopare con te”, i cd e i bigliettini regalati alla fine a una Rachele intrappolata per una buona mezzora dalle pubbliche relazioni a bordo palco, con Bianconi che fa capoccella dall’ingresso camerini perché se ne vuole andare e io che le urlo “Basta!” mentre il sodale va a farsi firmare la scaletta).

Per quanto riguarda il giudizio di merito, l’appunto principale che faccio è che in una situazione di simile delirio e folla osannante i Baustelle rimangono ingessati in una scaletta striminzita e non si rendono conto che ormai hanno il materiale per essere generosi quando il pubblico merita. Bianconi giochicchia col “Cosa volete ora?”, ma alla fine la sua domanda non può che essere quella di un ridicolo quiz. Ha indovinato la ragazza lì sulla sinistra. La prima volta che li ho visti eseguirono quasi tutto il loro repertorio, oggi una buona metà di quel concerto è sacrificata alla metà buona de La Malavita.

Se sul piano dell’interpretazione Bianconi fa passi avanti (ma dimentica parte del testo già ne I Provinciali, prima canzone, e comincia a sfruttare il pubblico quando non ce la fa), Rachele accusa solo qualche sbavatura ne La Canzone del Parco e un’amplificazione leggermente bassa. Purtroppo la grande perdita, forse anche dovuta all’uscita dal gruppo del tastierista originario, è quella delle sfumature elettropop, una delle componenti che più mi facevano amare le prime cose del gruppo, quella della tangenza bambina alla vacua Nada dell'Amore Disperato e a certi Pulp. In questo senso, se La Canzone del Parco acquista un finale migliore e virato allo shoegaze, Arrivederci viene deturpata da orrendi chitarroni totalmente fuori luogo. Tra le nuove, A Vita Bassa continua a farmi male nel suo essere una bella musica con un terribile istant testo, la splendida Il Corvo Joe è risultata piantata su se stessa e priva di respiro invece di sfruttare la sua propensione all’andante che si libera nel ritornello (immaginiamo ciò dovuto alla programmazione), mentre ritengo tremendo che qualcuno possa ritenere la frase alla fine di Un Romantico a Milano degna di essere urlata come slogan (LEGALIZE ZION, WE’RE JAMMIN'!).

Questa insomma la lista dei difetti, da integrare coi pantaloni in similpelle di Bianconi e la giacca di similbroccato di Rachele. Lista che non mi ha certo impedito di urlare e saltare sottopalco su Gomma e (quasi) tutte le altre, ma che conferma le mie impressioni sull’involuzione del gruppo dal punto di vista sonoro. Alla fine del concerto acquisto a prezzo di negozio la ristampa del Sussidiario e mi accorgo che sul bollino SIAE c’è scritto “Omaggio a Francesco Bianconi”. Ho dimenticato a casa la macchina fotografica, ma se ne poteva fare tranquillamente a meno.

5.1.06

Azionismo viennese


Italiani, italiani quasi dappertutto, forse li evitiamo solo quando andiamo a ballare. Siparietti comici uno dietro l’altro: l’impiegata trentenne veneta che zompetta su rumorosissimi tacchi insieme a due ottuagenarie al Belvedere, fermandosi per un microsecondo esclusivamente davanti ai Klimt per urlare ad alta voce “Questo è famoso! Quindi bellissimo! Splendido! Questo ce l’abbiamo appeso nell’ufficio!” e fuggire di corsa via verso l’uscita, incurante del resto; la palermitana al Beisl che col marito prima tortura tutti i vicini di tavolo austriaci per decidere il suo pasto e poi si rivolge per un cambio portata a piatto servito e in italiano (“Non è che per caso this io posso”) a una già sadica oste che letteralmente la zittisce, secondo tradizione delle migliori trattorie di tutto il mondo, una sorta di Gabriella Ferri quarantenne che ti chiude il menù quando provi a chiederle il dessert, tanto poi decide lei quando.

Il rischio del racconto di una settimana a Vienna è questo insomma, quello della cartolina del turista, quello dei posti che tutti visitano (anche se con grazia diversa), quello del menù fagocitato*, quello di chi poi non renderebbe bene con la scrittura i suoi dieci minuti davanti al Bacio, se non in una maniera appena meno comica di quella della trentenne veneta. Parlerei di Sissi, pardon, Sisi, che beveva succo di carne e preferiva il rumore del mare in un crescendo di kitsch, scandito dalla pronuncia sostenuta e involontariamente comica dell’audioguida.E poi la farei troppo lunga e non è escluso che la faccia, magari su argomenti specifici**. Pensatemi come Gerstl che ride di se stesso.

Limitando allora il racconto agli interessi di questa pagina, la sera successiva al nostro arrivo siamo andati al Flex. Vienna ha una serata rock quasi per ogni giorno della settimana, oscillando tra l’alternativo vecchio stampo e il giovanilismo, ma visto che la nostra pensione era a due passi abbiamo scelto il locale sul Dokaukanal nei pressi del Zentrum. Non vi stupisca che l’indirizzo del luogo sia il Dokaukanal con indicazione dell’appropriato ponte: vi dico solo che abbiamo esclamato “I Murazzi!”. Entrando dentro alla destra c’è il Flex Café, ovvero una serie di tavolate stile mensa dei poveri, schifosamente fumosa da non poter respirare, percorsa per lo più da sonorizzazioni electro (quando siamo entrati il dj passava una cover di – dannata smemoria, ho dimenticato). A sinistra c’è il vero e prorio Flex che è una specie di versione con gli steroidi del corridoio del Covo, con il bar a lato, il palco e una trappola per topi anche nota come guardaroba, dotata di bigliardino per l'attesa.

La serata London Calling ha una parte iniziale tra le undici e mezzanotte che è la più propriamente indie, quella ancora a pista vuota. Quella in cui noi ci alziamo non appena sentiamo le note iniziali di Upon This Tidal Wave Of Young Blood e occupiamo il centro della pista, incravattati cantanti e sorridenti. Non sono particolarmente loro amante, ma fin dall’inizio considerai questa tra i loro episodi che preferisco, soprattutto per ballare, nonostante lo scontroso duetto testo-melodia. Questa canzone va tantissimo in Austria al punto che trova posto nella schizoide programmazione della radio che a colazione ci allieta, capace di alternare il nuovo Mogwai a Ramazzotti, passando per i Clap Your Hands appunto e Pharrell. Tre personaggione tormentano il dj con improbabili richieste e si è traghettati verso la serata vera e propria da Rakes e nuovi Strokes. Noi non restiamo oltre le due e mezzo, anche perché la sera prende una piega a metà tra l’emo e la sequela di cloni dei Killers (non pensavo potessero esserci, ma l’aria era quella). Ci convinciamo che la serata risenta della vistosa bassa età media del pubblico (ah, le scuole chiuse per Natale!), presentatosi in massa in assetto da abbordaggio forzato, ovvero gruppi rigorosamente di tre/quattro ragazze o di tre/quattro ragazzi. Mentre riprendiamo i cappotti, un giovine arrivato in quel momento decanta le lodi della cravatta squadrata e lunga appena regalatami per Natale (“It’s so sixty! Where did you find it?”) e io indico la colpevole al mio fianco.

In Austria hanno GOTV, una televisione di selecta in cui la programmazione è affidata ad artisti, locali, riviste etcetera. Così capita che nella serata del giorno successivo la selezione di una webzine del luogo tiri le somme del tuo 2004 musicale, con uno scarto temporale che rende la cosa inquietante.

A Capodanno dopo aver assistito a una cover di Gimme Hope Johanna da uno dei palchi seminati per il Zentrum e dopo aver ballato il valzer d'ordinanza, siamo tornati al Flex, dove era in programma la selezione rock fino alle quattro e quella electro a oltranza. La prima mezz’ora passata nella trappola per topi del guardaroba rende chiaro l’andazzo della serata, miracolosamente in equilibrio tra il festaiolo spinto e qualche chicca, tra i classici e le cose più nuove. Non è una selezione ardita, tutt’altro, ma è un piacere vedere tutti ballare senza sosta il DFA remix di Goldfrapp e gli Interpol, London Calling e i Franz Ferdinand nel remix di Erol Alkan, gli Editors e The Boy With The Arab Strap, il Phones remix dei Bloc Party e gli Of Montreal del party che fa crash. Manca purtroppo Madonna, forse suonata prima o dopo, comunque ovunque in Austria, dai sound system dei triangoli dove vendevano punsch fino alla sonorizzazione del Café Sacher. Cantiamo le menzogne ribelli degli Arcade Fire sotto la veglia attenta del nostro guru, un anziano che fende lento l’aria in pose plastiche e ci ritiriamo all’inizio della sezione electro al suono del Tiga remix di Tribulations. La colpevole di cui sopra trova anche il tempo per farsi abbordare da un sedicenne grazie alla cravatta pseudoregimental presa in prestito dall’armadio dello zio, mentre precedentemente io, nonostante non fossi cravattato, avevo attirato le grazie di una valchiria di rosa vestita, che prima non si dava per vinta e poi andava in isposa ad un ragazzo con i capelli da studente di Talmud. Sapete insomma come fare colpo lì, anche se H&M sta iniziando a vendere cravatte strette, per cui presto bisognerà passare a qualcos’altro per attirare l’attenzione. Lasciamo alfine i Murazzen, convinti di essere stati nell’unico luogo al riparo di turisti italiani in quel di Vienna.

Il giorno della partenza la strana radio prima si inerpicava sui rami di un involuto e impolverato drum’n’bass, per poi virare verso la cover di Oh Mandy degli Strokes e chiudere su 16 Military Wives dei Decemberists. Sull’aereo la selezione casuale chiudeva il cerchio, ancora una volta con Upon This Tidal Wave Of Young Blood.

*Schweinenbraten rind/erdapfelgulash frittatensuppe tafelspitz semmel frankfurter knodel sauerkraut palatschinken mohr im hemd schnitzel wasabi. Gli zakouskis non esistono.

**Mimmo Rotella sparato a tutto volume, mentre a lato è tutto un cling clang sincronizzato e temporizzato e chissà che fanno sotto le lenzuola di plastica di Christo mentre i manifesti si staccano uno sull’altro, viene in mente De Fonseca, delude l’esigua Pop art, si spargono ormai innocue e noiose frattaglie azioniste sul piacere per l’albero di Magritte. È il MUMOK dove per San Silvestro organizzano un veglione con la formula “bevi finché puoi”.

Me And You And Our Guru Down By The New Year



Il resto delle foto della serata qui

Britney e il campanaccio


Un bel giorno James Murphy e Tim Goldsworthy passarono un pomeriggio in studio con Britney Spears per una possibile collaborazione. Murphy parlò al Village Voice della sensazione di incomunicabilità provata, la casa discografica di Britney non inserì nel disco il pezzo. Se comunque volete ascoltare il risultato, fate un salto da Said The Gramophone.

4.1.06

Up a t(h)ree


Bwahahah

(scusate, non è tanto la sensazione di ripetizione trash di come Pozzetto diventava Hanks, quanto per la voglia di metter su tutta questa pantomima per il titolo suddetto)

Into The Sun


Il suo Cibo Matto non è più, da quando sei andata tu

(gli anni Novanta da cui non riusciamo a liberarci)

Come quando minacciano di farti vedere le diapositive i div-x delle vacanze


Si riparte con Upon This Tidal Wave of Young Blood per motivi che saranno presto noti (ah, questi matti, matti, matti austriaci).