24.9.07

Meg piega sempre la testa a quel modo quando suona la batteria

Pare che lo sport preferito dai pigiamati questo lunedì sia stato il commento del presunto sex-tape di Meg White. I forum abbondano di battute boccaccesche e indie-nerd sul filmato che ritrarrebbe la batterista dei White Stripes (sì, quelli del po-po-po-pò) durante un rapporto sessuale, mentre l’informazione di regime tace in attesa di un comunicato ufficiale. Mai la spaccatura tra giornalisti, buoni blogger e forumisti pigiamati era stata tanto insanabile.

(inutili le richieste di link nei commenti)

ps: cazzo Repubblica cosa aspetti?! Immagini, video, titoli che quelli su Beth Ditto erano niente a confronto, persino il sondaggio 'è lei o non è lei che fa po-po-po-pò'

23.9.07

Mai più tempo rubato allo shopping

Annalena Benini, tu mi hai aperto le occhiaie. Nel web 2.0 tutti producono un’infinità di contenuti: gente che scrive contemporaneamente su tre-quattro tipi diversi di siti ci scarica addosso un fiume di caratteri, le foto fatte per provare le funzioni in automatico della digitale, i loro mix da dj di quartiere e programmi radiofonici senza la radio che loro chiamano podcast. Alcuni adesso addirittura hanno iniziato persino a fare televisione in diretta tramite una specie di youtube. Che illusi! Pensano davvero che qualcuno abbia il tempo per tutto ciò quando ci sono così tanti negozi in centro?! Tanto lo sappiamo come tutti questi blogger in pigiami orrendi fruiscono i contenuti che producono. Leggono due o tre righe in post chilometrici, sentono e guardano a saltabecco mp3 e video. Annalena, io mi rendo conto. Gran parte della musica qui segnalata supera gli otto minuti per pezzo. Con tutte le scarpe che dobbiamo comprare a malapena possiamo garantire cinque secondi di attenzione. Per questo motivo inaugurerò una rubrica che avevo in mente ben due ore prima di leggere il tuo ottimo articolo. Ventiquattro canzoni, cinque secondi per ognuna, centoventi secondi. Quando arriveranno i saldi farò una versione ridotta, giuro.

Mai più tempo rubato allo shopping Vol.1- maxcar



18.9.07

Divani by Non lo so

In principio furono le camerette. Poi fu la volta delle stanze dei dj. Adesso tocca a noi, come chiede anche lui. Purtroppo io che sono ingeniere non ho più la cameretta, vivo lontano dalla città natia e dalla sedimentazione collezionista e ho pure traslocato da poco, con conseguente carenza di personalizzazione. Opto allora per il salotto al posto della camera da letto e del soggiorno, visto che è la cosa più simile alla sala di ascolto come richiesto nei commenti da tom.



L’immagine riprende in spaccato i quatto lati dell’ambiente. Si inizia da un maestoso mobile Justice bianconero contenente solo l’immanente: in tv passa Rihanna, circondata ai lati dal nuovo catalogo Ikea (un’altra copia presente in bagno), dall’ultimo promo ricevuto (il divertente disco dei Trabant), dal grande Maurizio Milani in rigoroso sconto del venticinque per cento (sappiamo ancora aspettare ciò che amiamo per quei due o tre mesi) e da due o tre quarantacinque giri ‘merigani indie e non techno (a scopo arredamento). Nella seconda sezione, sullo sfondo dello spartano e orrendo tavolo multiuso, un orologio fermo e una tenda che definire fiorata è poco: tulli tulli tullipà. Nella terza e nella quarta sezione alcune immagini sacre in dotazione all’appartamento potrebbero essere poste in alcuni luoghi a scopo puramente umoristico. La terza sezione è illuminata da un recente mio acquisto ovvero una Kroby ritorta by Ikea con boccione a risparmio energetico rivolto non convenzionalmente verso l’alto. Sullo sfondo della quarta sezione accanto al pregevole mezzo muretto a secco appoggia cocktail-Baustelle (yacht-tv, ti tengo sott’occhio), un fiore regalo a cui tengo tanto che regala quel pregevole tocco che una volta avremmo detto twee e ora invece è il tocco Border Community della situazione.

Ps: qualche tempo fa, su richiesta di un blog amico, quando stavo ancora in condivisione con alcuni colleghi postai anche il mio frigo in osservanza al detto ‘Sei quello che metti a 7-8 gradi’.

Batteria Ricaricabile saves the world

Da oggi Batteria Ricaricabile è No Effetto Serra Forest. Il sottoscritto pianterà tante piante di basilico quante necessarie a compensare l'anidride carbonica emessa nella produzione del blog. Le piante di basilico saranno piantate in provincia di Pavia e sul balcone di casa mia.

17.9.07

2, In a Room

La carta da parati di Dixon sembra carta per pacchi regalo contenenti soprammobili etnici e temi per le prossime uscite Innervisions nonostante tu abbia già assaporato il nuovo remix di Âme per Etienne Jaumet che sembra un ribollente Sun Ra? Frank Wiedermann degli Âme tiene la tv vicino ai piatti e ha un coso arancione che penzola dal tetto? Dominik Eulberg ha una singola da fuorisede della provincia denuclearizzata? Robag Whrume ha una scatola di Moët & Chandon a portata di mano per quando i Wighonomy Bros faranno il grande salto? Hans Nieswandt ordina cromaticamente i libri? Perché Tobi Neumann tiene in camera un pallone Pon Pon? Perché Mathias Munk tiene lì quella maglietta ? Come fa Michael Reinboth a prendere uno di quei dischi senza farli cadere rovinosamente a terra? E, soprattutto, perché Justus Köhncke tiene lo studio dentro il retrobottega di una trattoria di Colonia?

Ovvero: Groove torna ad esplorare le stanze dei dj tedeschi

(prossimamente Pimp My Dj Room: maxcar e il rapper di Ostaggio dello Stato salvano la tua cameretta dal minimalismo teutonico e le regalano quel pizzico di papponeria fidget stile 'Volevo nascere a Miami, volevo vivere a Londra, ma a Cernusco Sul Naviglio gli affitti sono meno cari')

13.9.07

Get up on it like this

Gli ascolti degli ultimi due giorni hanno indugiato in territori elettronici ma non (troppo) danzerecci. I già citati Deepchord, la buona Chloé, i domenicali M83, la noia Lusine ICL, il rispetto per Thomas Fehlmann. Direi che quindi è ora di indirizzarvi a quello che potrebbe essere uno dei singoli spacca-gambe di inizio stagione. Batterie live, giro di basso alla chemical, e intermezzo malato con ripresa zoppicante. Da Speicher 52, Perc and Fractal in Up (Perc Remix) (su Ill-ec-tro-nic).

12.9.07

From Cold We Go Sublime

“Mi piaceva lasciare il mio vecchio Korg MS-20 al freddo del garage durante i mesi invernali. Poi lo portavo dentro la casa riscaldata, lo accendevo e programmavo qualcosa di semplice con un sequencer SQ-10 e quella piccola sequenza di dodici passi mutava per due ore. Cambiava costantemente. Era sorprendente per me. Potevi lasciare la stanza, tornare e scoprire che suonava completamente differente. Così organico e vivo. La sua personalità cambiava mentre si riscaldava e si metteva a suo agio, proprio come avrebbe fatto un essere umano. Questa ‘forza vitale’ è il motivo per cui amiamo l’analogico.” (Rod Modell dei Deepchord: Echospace sulla strumentazione usata per The Coldest Season)

Sunset - Deepchord presents Echospace



10.9.07

La bambina nel tombino 2.0

Spero che la protezione civile dell’Andalusia si attivi presto e tiri fuori Devendra Banhart dal pozzo artesiano in cui ha registrato gran parte del suo nuovo disco. Almeno prima che la lubrificazione prodotta dalle fan a bordo pozzo lo faccia affogare.

E non cera

La toccata e fuga lavorativa di una giornata più due mezze accessorie in terra savoiarda si risolve con un ‘Cè tutto’. Su Telecupole passano immagini di aste di peperoni. Sabani avrebbe dovuto presentare La notte dei sosia lì, per la Sagra del peperone di Carmagnola. Carmagnola diventa sempre più famosa, grazie alla fonderia in difficoltà acquisita dalla Fiat, alla sagra del peperone e ora sulla stampa nazionale grazie alla morte di Sabani. In contemporanea a Bari gli inguini leopardati dei Bonde Do Role avrebbero dovuto scandalizzare il pubblico mainstream di Roy Paci e Aretuska. Toda joia, toda tigreza per la prima serata di un festival gratuito dedicato all’importanza dell’acqua. Così tanta Acqua In Testa, che al primo gruppo di supporto un diluvio spazza tutto, compresa la serata. Io arrivo il giorno dopo. Sull’aereo dallo scalo di Roma a Bari un turista austriaco riccio e stempiato legge dall’ultima alla prima pagina l’inserto culturale del Die Zeit Feuilleton. Si sofferma per un articolo su Manu Chao (in foto con la stessa coppola della copertina di XL insieme a Roy Paci senza Aretuska) e per uno sul remake di Hairspray. Al mio arrivo mi si fa notare che il turista austriaco riccio e stempiato è uno dei Kruder & Dorfmeister, in programma per la conclusione della seconda serata dell’Acqua In Testa. Ripasso mentalmente la copertina dell'ep G-Stoned, quello dove i due si mettono in posa come Simon & Garfunkel per Avedon e dico che no, non può essere vero. Mi sono invece perso l’atterraggio dei Misfits, headliner della terza serata insieme ai Discodrive. K&D dovevano essere presenti con la loro Summer Session, insieme a due mc. Io ero già pronto a un rimescolio di bassi che avrebbe permutato l’ordine delle mie viscere. Una serata di sano revival trip-dub, mica come quando sono andato a vedere il dj set di Dorfmeister+Madrid De Los Austrias. Invece. Invece di venerdì il diluvio non c’è stato. Arrivo sui Banshees e sulle loro calzamaglie. Confermo che i These New Puritans sono pochi, in due e in tempo, e non basta il finale oniondressed a convincermi. Poi montano tutto per la Session, ma spunta solo un turista austriaco riccio e stempiato insieme a un rasta e a un bianco crucco del cacchio vestito con una giubba bordò-oro da giocatore di baseball pappone in libera uscita, supportati dietro le quinte da un Karl Lagerfeld prima della dieta e della compilation. Quasi peggio dell’altra volta: Dorfmeister da solo, inesistente dal punto di vista della tecnica, sciorina un set degno di un Fatboy Slim punkabbestia privato dell’arte del missaggio. Parte con un remix di Foxy Lady e fa seguire della diva-house ai vocalizzi rutz dell’mc, passando per del baile funk fino al remix di Hell della cover di A Horse With No Name degli America ad opera dei Seelenluft. Il glorioso passato è stato sepolto dal letame degli epigoni della chill-out per buddha bar di provincia, ma ciò non giustifica un set che sta altrove pur di non stare lì, in maniera così sciatta e arrancante poi. La discesa verso il levare giamaicano si trasforma in una cover reggae di The Model dei Kraftwerk. Da questo punto il set prende una piega techno dal gusto allo stesso tempo non attuale, né retro. Più palloso, direi. Me ne vado sulla sua versione di Spanish Grease da Verve Remixed, temendo il peggio. Il giorno dopo non sono andato, ché io i Misfits li conosco solo per le magliette e non volevo essere deluso da un revival riuscito. Meno male che tra un po’ esce il disco nuovo degli Underworld.




4.9.07

Il cibo e l’arte della rivoluzione

Certi concerti e certi dj-set hanno un potere così rigenerante che li si vorrebbe a portata di mano come un qualsiasi prodotto farmaceutico da banco per i momenti più bui, come una ricarica telefonica senza costi aggiuntivi secondo quanto stabilito da recente decreto-legge. Invece ci capitano tra i piedi come rivoluzioni inaspettate. Mi rendo conto però che la facilità di accesso provocherebbe di contro il danno massimo dell’assuefazione. L’unicum dell’arte rivoluzionaria diventerebbe il continuum dell’alimentazione, quasi un cibo. More songs about food and revolutionary art, diceva Lui. Eppure oggi per noi è difficile concepire l’arte in termini di rivoluzione o l’esistenza in termini di ricerca del cibo. Il secondo è più o meno assicurato, la prima più o meno impossibile. Le nostre rivoluzioni sono al massimo ricariche. Con la funzionalità e la piccolezza che ne consegue. Per questo non si può mancare ai rari momenti di rigenerazione, ovunque questa accada.

Per questo ‘ovunque’ mi sono beccato in privato da delio un “Sei il Bettino Craxi della dance”, e un bacino sul pancino. Un luogo non esattamente nelle corde mie e di chi mi legge, ecco. Se poi aggiungiamo che io mi reco alle due nella dependance estiva di questa discoteca fighetta da solo e vestito da impiegato del catasto giapponese, abbiamo la perfetta scenografia dei dialoghi che qui seguono.

(vado verso le transenne e noto due mucchi: il primo composto da cinque o sei pr, il secondo formato da una decina di omoni larghi un metro e alti due totalmente vestiti di nero. Mi dirigo verso i pr, che ovviamente non conosco)
Io: ciao
Pr: sei in lista con qualcuno?
Io: ehm, no
Pr: allora parla con loro
(cazzo, ‘parla con loro’ sembra un remake di Rokko Smitherson. Sono frecato)
Io: ciao, posso entrare? (senza fissare nessuno in particolare)
Buttafuori: si entra solo a coppia
Io: ma devo scriverne per il mio sito internet
Buttafuori (prende le distanze, io in queste cose non ci voglio entrare): ah, ma se è roba di internet devi parlare con loro (e mi rimanda ai pr)
(torno dai pr)
Io: Mi hanno rimandato qui, è che voglio scriverne sul mio sito internet
Pr di prima (prende le distanze, io in queste cose non ci voglio entrare): di internet si occupa lui (e indica altro pr impegnato in un’altra discussione)
(qualche secondo)
Pr di prima: puoi entrare, dai
Io: (vai)
Pr che si occupa di internet: no, aspetta qui (continua la sua discussione, qualche secondo e poi si rivolge a me)
Io: l’ho visto pure a Torino
Pr che si occupa di internet: ma è un sito personale?
Io (penso alla parola blog):
Pr che si occupa di internet: ah, puoi andare
Io: perché
Pr che si occupa di internet: no, volevo sapere se era una qualche iniziativa editoriale. Su, puoi andare
Io: (vado)

Dentro per una buona mezzora mi annoio nella zona hip-hop. La cassiera mi chiede ‘di dove sono’ e mi rendo conto per l’ennesima volta di sembrare un po’ fuori posto. Una delle tre aree è ancora chiusa, ma nel frattempo apre la sezione house. L’house attuale non è proprio cosa mia e attendo tempi migliori, per me e per l’house. Proclamo mix più ruffiano della stagione il passaggio da Heater di Sanim (una versione trash del Villalobos etnico) a David Guetta. Il dj infila di seguito poi un remix 2007 di Born Slippy e una versione dream-house de Il Cielo In Una Stanza con vocalist che incita ai cori. Quando il dj passa la mano a un collega, capisco che Carl Craig non si aggancerà alle immortali parole di Gino Paoli e allora fuggo, attraversando la zona hip-hop dove Justin Timberlake gorgheggia su synth a 8-bit fichissimi di Timbaland (Lovestoned? il pezzo di Busta Rhymes? Boh).

Carl Craig entra vestito da diavolo rosso del baseball dal retrogusto europeo. Collega il suo armamentario alla precedente selezione minimale con l’arpeggio di Like A Child dei Junior Boys: ovvio verrebbe da dire, per contrasto lui insisterà su ‘I've got the end in sight’. Invece a differenza del remix su disco propone una versione live senza parole tutta giocata su bassi che saranno i protagonisti dei due pezzi successivi. Nel rovescio delle parti così lancia il remix della tipa delle Sugarbabes nella versione cantata, a dir del vero meno bella rispetto alla dub: quando la cassa si ferma torna però all’ovile dub e la Siobahnna risplende della maestosa frammentazione della sua voce. Pur essendo ospite in una rassegna chiamata ‘Selezione House’, Craig se ne infischia e infila un granito techno dopo l’altro, passando per l’inframezzo di Falling Up fino all’arrivo a metà set. Una gigantesca coppia di indice e pollice mi prendono per la camicia da impiegato del catasto giapponese e mi trasportano su una grattugia da formaggio gigante dove vengo spostato avanti e indietro sui solchi acuminati e ruvidissimi: è il remix di In The Trees dei Faze Action in tutto il suo splendore prima grattugiante col sintetizzatore e poi ricomponente con gli archi. Cibo e arte rivoluzionaria. Nella bolgia mi direi ampiamente rigenerato, ma non è ovviamente finita qui. CC sposta il set su binari più ritrosi e lascia respirare la pista (ehm, la dirada un po’, ecco). Riprende le fila con un pezzo cantato (la sua Last Call dei Brazilian Girls, ma non ci giurerei) e butta lì sul piatto Mouth To Mouth di Audion. È il macello: non si capisce più niente, la pista si affolla, la gente urla, fa caldo e ho l’ennesima conferma di come le produzioni a nome Audion siano quanto di più malato e perverso nel sobillare gli animi del dancefloor. A metà pezzo mi balena per la mente il dubbio su come si tirerà fuori da tale esaltazione collettiva. Sollevo gli occhi e non lo vedo: Mouth To Mouth rende così pazzi e dura così tanto che ci si può permettere di assentarsi (per esempio per andare in bagno senza che nessuno se accorga?). Quando torna è quasi finita e la mixa con rapidità con il remix (non il Tocadisco, non il Masters At Work, uno anni Novanta forse suo?) di Mas Que Nada. Io rimango interdetto, ma intorno funziona e l’intento nella scelta del titolo è forse persino anche ironico. È la porta verso la parte del suo set più ai bordi dell’house in cui su atmosfere a metà tra At Les e La Mer Est Grande sbocciano le voci di Cesaria Evora di Angola e quella pre-conclusiva dei Beanfield di Tides. Nel penultimo pezzo dimezza la battuta tornando su suoni quasi electro fino alla finale e burbera Poor People Must Work. Due ore e mezzo e chiude, col buio ancora intorno. I pochi applausi non riescono a scucire un bis e allora prendo la via di casa. Non sono sazio, ma rigenerato per l’autunno sì.



In The Trees (Carl Craig C2 Remix) - Faze Action
Don’t Give It Up (Carl Craig Dub) - Siobhan Donaghy


L’arte del suono: you should see what I hear

Michel Gondry ha delle ossessioni ricorrenti che percorrono la sua opera. Una di queste, usata soprattutto nella sua videomusica, è l’incrocio dei due sensi in gioco. Il suono per immagini. In Around The World dei Daft Punk tale allusione era mediata dal lato umano che, per quanto reso in maniera surreale, rimandava comunque al concetto di coreografia. Ma cosa succede se al posto di un balletto di scheletri, mummie, robot, b-boy testoni e nuotatrici sincronizzate il suono diventa il paesaggio fuori dal finestrino di un treno? È l’idea di Star Guitar dei Chemical Brothers, o meglio, la sua realizzazione ultima. Come potete vedere qui sotto infatti, il video nasce con carta penna e segni e passa per un provino girato in strada in piano sequenza con arance, scarpe, nastri VHS, scope e lattine. Come dice lui, “A-Ah!” (via Put The Needle On The Record)


(guarda anche la versione finale di Star Guitar)