22.4.08

La rivelazione adesso



Penso che si debba partire dall’apocalisse. L’apocalisse è quella cosa che arriva alla fine, a volte preannunciata da trombe o da archi sintetici, chiude tutto e rivela un senso che era già nell’inizio. Quando alla fine, senza antefatto spettrale-dark, Mathew Jonson chiudeva il suo liveset con gli oscillatori della sinfonia dell’apocalisse che variavano di frequenza impazziti, si assommava la sensazione del miglior concerto techno sentito dall’inizio dell’anno a come questa si formava: moduli di pezzi compiuti utilizzati in altra maniera, piegati ad un’esibizione immaginifica e complessa dal punto di vista ritmico. Oltre l’inadeguatezza dei dj-set dei produttori, oltre i live che si piegano ai compromessi del togli-metti la cassa, oltre gli stessi limiti di certi suoi live dell’anno scorso, così enfatici da sfiorare la trance o la progressive, il concerto è un capolavoro di bilanciamento. I tre-quattro pezzi iniziali di preparazione poliritmica culminano nel suo remix acido di Good Life, reso ancora più aggressivo dalla maggiore battuta. Su questo subito si prende la strada Cobblestone Jazz di 23 Seconds. Non si tralasciano i pezzi più vecchi alla Magic Through Music, semmai quelle che mancano sono certe sfumature house dei Cobblestone, rimandate a quando vedremo il trio all’opera e fortunatamente sostituite da uno scheletro più electro, figlio di Cybotron. Marionette, rilavorata come al solito sull’umore del pubblico, è emotivamente carica nonostante la patina (in teoria) ghiacciata di inno che si porta dietro. Alla fine, non è apocalisse per il gusto dell’apocalisse. Non sono manopole finte, né manopole cafone quanto un assolo metal. Solo musica, sincopata e intricata, ora ruvida e ora melodica, calda di bassi e acuta di testa.


Photo by Von Boot


Good Life (Mathew Jonson's Acid Mix) - Kevin Saunderson feat. Inner City


Gente Alla Quale Vorremmo Stringere Calorosamente La Mano (The Bari Spin-On)


Bari, Mathew Jonson Liveset
(La rubrica che necessita numerosi tentativi di imitazione)

14.4.08

E se stasera si pareggia, noi, balleremo Todd Teeeerjeeee



Cattivo ma anche buono come adesso, non lo sono stato mai

Vedo molta liquefazione romantica in giro per Walter (il nome e basta, è d'obbligo). Tutti commossi, e mi viene in mente l'accoglienza trionfale che certi ambienti hanno tributato al nuovo Jamie Lidell. A me il nuovo Lidell non scende giù per la sua eccessiva pulizia e classicità, per quel calore così diretto e ovvio che non riesco a sentire. Invece mi viene in mente un piccolo progetto ai più ignoto, Echohce. Lidell che pattoneggia + un ex Einstürzende Neubauten + un generatore semantico di testi + otto stampanti, live. Anche io ho votato Walter-Jamie, ma il Walter-Jamie che conferisce calore matematico e bionico a una versione sintentizzata di ciò che tutti vogliamo sentirci dire. Un lato oscuro comunicativo, che è oltre i miserrimi paragoni col berlusconismo.

Leaving (Untouched) - FM Einheit
Revolution (Shon) - FM Einheit

13.4.08

Sabato sera dentro al Cube, no Michael Mayer il giorno pri-i-ma (o anche “Andarsene Così”)

Porto ancora le conseguenze insoddisfatte dello scorso fine settimana. Non che sia per questo che al concerto palermitano di Dente oggi ho preferito un tranquillo sabato sera pre-elettorale casalingo a base di elettronica e techno piagnona (o pingona chedirsivoglia). Non è cosa mia e lo avrei saltato comunque. Però lo scorso fine settimana mi è rimasto sul gozzo, ecco. Le due gioiose ore mixate malamente da Michael Mayer al venerdì sono saltate per sua indisposizione fisica. No socio Navid al seguito, no roboante Two Of Us, no remix inedito di Charlotte Gainsbourg. A sostituirlo il sempre apprezzato Arpino mi ha come al solito demoralizzato: questa volta mi è sembrato di riconoscere mezzo pezzo del quale non saprei dire il nome.

Sabato sera al Cube appunto, coi Baustelle. Io sono contento per la pubblicità del disco che passa su 105. Avrei voluto parlare di Amen, disco che ho amato e sto amando tantissimo, ma non c’è stata occasione. Finisce così che scrivo di quello stupro di massa che è stato il concerto barese (ma potrei dire di tutto il tour vista la scaletta identica per tutte le date). Ero di buonumore, ero contento persino di trovarmi schiacciato nel sovraffollamento di indioti, universitalternativi, adolescenti Charlie e compagne di scuola, quarantenni lettori di Repubblica. Cravatte strette, cinture bianche di plastica e maglioni infeltriti. Dopo l’intro che svela già il finale, storco il grugno sull’amata Antropophagus per l’intarsio di Battiato e per il taglio della sua coda strumentale ma torno a odiare il mondo quando su Colombo e Charlie i dementi intorno a me pensano di essere alla Notte della Taranta.

A poco a poco percepisco un senso di rimozione dei Baustelle nei confronti del loro passato: più o meno quando presentano I Provinciali come un vecchio pezzo. La scaletta negazionista cancella la memoria dei giorni del Sussidiario e dello YèYè più per disagio personale che in favore del nuovo pubblico. Prima dei bis sopravvive solo una maltrattata e barcollante Canzone di Alain Delon, con le note cambiate per non stonare (ma almeno prima si stonava insieme, ecco). I pezzi nuovi non se la passano meglio: il problema è rendere dal vivo il massimalismo orchestrale con un solo violino e allora si va via di chitarroni e si riesce col Liberismo, ma altrove è una pena. Specie quando entra in scena la fisarmonica, come in Alfredo affossata anche per il mancato inserimento della ritmica. Prima del bis Baudelaire mi convince che l’idea della sua coda è tanto azzeccata quanto povera nella sua realizzazione. Non ci si improvvisa DFA o Ewan Pearson.

Il bis è il colpo finale. Bruci La Città è programmaticamente altra, ma il risultato è confuso e tale da far pensare che la Grandi version sia di gran lunga pià baustelliana della cover. Il medley successivo tra Gomma e Riformatorio è uno sfregio senza senso, oltre che una soluzione concertistica degna dei Ricchi e Poveri. La canzone del parco sembra piegata su se stessa. Andarsene così chiude con la sua melodia iniziale da rave e il pubblico intontito nemmeno pensa a un ritorno sul palco per un doppio bis. Io credo che in futuro mi limiterò ai loro dischi, almeno fino ai concerti in palasport con l’orchestra sinfonica. E meno male che il prossimo finesettimana mi risolleverò col dj set di Mathew Johnson.

Symphony For The Apocalypse - Mathew Jonson

3.4.08

L'orchestrina di Darkstar e i Simpatici

Il nuovo nome su cui punta Kode9 e la sua Hyperdub è questo Darkstar che ibrida il consueto immaginario dell'etichetta post-garage con elementi più affini all'electro (sintetizzatori, vocoder/voicebox e qualche riferimento ai 'lenti' dei Daft Punk). Pur concedendo un po' di curiosità alla ballabilità di Need You, non riesco a scacciare l'immagine di quelle orchestre romagnole che suonano il lissio: la particolarità del primo singolo di Darkstar è infatti un trattamento delle parti sintetiche (vocali e non) simile all'effetto del mantice. Per dirla breve, le voci robotiche e le tastiere sembrano fisarmoniche e però l'effetto spiazza a tal punto che il grime di Need You passa quasi per una quadriglia.

Squeeze My Lime - Darkstar

2.4.08

La cura

Io se fossi stato Giuliano Ferrara non avrei scelto Juno. Io avrei scelto Aphex Twin. Ci sta questo piccolo pezzo, il fantomatico fratello morto, una commovente e non banale esplosione di vitalità. Andate su Beatport, avrei detto a Matrix da Mentana. Aphex Twin per inno elettorale, quella sì che sarebbe stata una figata.

To Cure A Weakling Child / Girl-Boy Song - Adem

To Cure A Weakling Child (video) - Aphex Twin
Girl-Boy Song (live video) - Aphex Twin

Il 2.0 di Aprile

No, il post di ieri non era un pesce d'aprile (Bostro Pesopeo esiste per davvero). Lo è stato invece l'ascolto di Narrow Stairs, il nuovo dei Death Cab For Cutie sul mio last.fm. Si trattava in realtà di una copia di Silent Movie, il nuovo dei Quiet Village, coi tag opportunamente modificati. Lo scherzo è stato abbastanza masturbatorio, cretino e poco riuscito. Ma morivo dalla voglia di usare il titolo qui sopra.

Your New Twin Sized Bed - Death Cab For Cutie
in realtà era
Can't Be Beat - Quiet Village

Videografia di riferimento:
The Days Of Pearly Spencer - David McWilliams
Il Volto Della Vita - Caterina Caselli
The Days Of Pearly Spencer - Marc Almond

1.4.08

What's a hip to do

Sono indeciso se sia più sfacciatamente spocchioso puntare sulla Dissident Records (uscite tra fantascienza disco e techno numerate da cento vinili ebbasta: niente mp3, myspace evanescenti e pezzi introvabili di Columbia #1 o di Invincible Scum sulla bocca di chi sa) o su un nome meraviglioso come Bostro Pesopeo. Meno male che almeno Sebastien Tellier porta la Francia all'Eurofestival cantando in inglese.