5.6.08

A Dissident is here

Il secondo giorno di super-ponte si apre con una scelta sofferta. Ai Corsica Studios, circondato da gente a me sconosciuta, suona il produttore mascherato del momento (È un alieno? Un’astronave? È Carl Craig? No, è Redshape). Lo si sacrifica, nella speranza di incrociarlo presto, con la dichiarata missione di toccare dal vivo il fenomeno Dissident. Nata l’anno scorso per mano di Andy Blake, la Dissident si è già creata una solida reputazione con le sue uscite che esplorano quello spazio indefinito tra l’italo e cosmic disco, disco-punk e techno. Vinili a singola traccia, con copertina che si differenzia solo per il nome e il relativo carattere dell’artista e del titolo, tirature iniziali limitate a 100 copie (ora salite a 200) e un approccio alla promozione quasi scostante – non esiste nemmeno il myspace dell’etichetta, per dire. Fatto sta che la Dissident viene adottata come etichetta di culto del sottobosco londinese della rinascita disco, l’equivalente di quello che nei paesi scandinavi gravita intorno alle figure di Lindstrom, Prins Thomas e Todd Terje e che in Francia ruota attorno al collettivo del DIRTY Soundsystem di Pilooski e soci. Persino la DFA si è spostata gradualmente lungo lidi più disco e pare che la notizia sia che lo sbarco sul mercato statunitense di Dissident avverrà proprio tramite i canali della DFA. È notizia di questi giorni poi della prima raccolta dissidente (eccezionalmente su cd ed eccezionalmente in 1000 copie). Insomma, prima che la bolla esploda (cfr. il portato commerciale di cui sono capaci Hercules o il Pilooski Edit di Beggin’) o prima che l’hype si sgonfi noi siamo andati a una serata Dissident/Discobox/Futurismo. In un pub di Hackney.

L’anno scorso eravamo stati testimoni della movida di Hoxton/Shoreditch, ma la crescita dell’aura modaiola ha portato con sé maggiori costi e più difficoltà per gli organizzatori. Così in molti, come testimoniano queste interviste su Fader, si sono spostati verso i territori di Dalston e Hackney. “La gente dai gusti musicali avventurosi in fondo sa spingersi in posti avventurosi” e così alcuni basement e pub sono stati adottati dalla scena, attingendo tra l’altro alla numerosa popolazione giovanile che abita da quelle parti. In particolare la serata in questione si svolge attorno al Dolphin, pub dalla licenza estesa su Mare Street. Che sarebbe la strada che parte dalla fermata di metropolitana di Bethnal Green: qualche fermata di autobus e siamo a posto. Io però mi convinco che la strada non sia quella ma una parallela, adocchio un tizio sull’autobus con un borsone che potrebbe contenere vinili e cd e decido che dobbiamo seguirlo per arrivare a destinazione. Quando scende, noi scendiamo. Lui volta per la traversa e noi dietro. Si gira e ci nota. Affretta il passo e si rigira, spaventato. Entra presto dentro casa sua, probabilmente per farsi venire un attacco di cuore. Quello non era un dj, e io e le due compagne di inseguimento non eravamo certo così minacciosi. È il quartiere che è spettrale, anzichenò. Fatto sta che sembra svanire la possibilità dell’ingresso gratuito prima delle undici. Quando arriviamo alle undici e dieci e l’omone della security all’ingresso ci chiede il pagamento dell’ingresso, io comincio con il mio solito piagnucolio stronca-buttafuori (sono solo cinque minuti, non siamo di Londra, il tipo ci ha messo fuori strada). Rimediamo un tre al prezzo di due che è un bonus rispetto alla visione della mia scenetta.

Dentro c’è ancora il vuoto. Il Dolphin è un pub all’irlandese di una certà età con un modesto slargo davanti a un lato del bancone dove immagino si potrà ballare. C’è anche un biliardo e un beer-garden esterno. La musica è già all’opera morbida. Decido di resistere alla tentazione di contatto con i tipi e consumo una Guinness mentre il suono cosmico arpeggia che è un piacere. Via via che la battuta cresce arriva un’insieme di persone non categorizzabile. Arrivano le ventenni vestite come nei film di Doris Day, arrivano i ragazzi inglesotti che probabilmente abitano da quelle parti, arriva gente di mezza età cresciuta in quel pub e a un certo punto, mentre la selezione diventa un labirinto in cui non si capisce più cosa è stato prodotto questa settimana e cosa venticinque anni fa, cosa sia edit e cosa sia extended, il pubblico diventa sempre più visionario: un gruppetto coi baffi a maniglia accompagnato da altissime bellissime e biondissime, una sosia italiana di Amy Winehouse con due amiche vestite in maniera simile impegnate con un fotografo in un photoset sui divanetti, un cinquantenne loro amico che mi è sembrato la cosa più simile a un incrocio tra uno zombie e un frequentatore di casa Andy Warhol. Uno dei tizi col baffo a maniglia balla la musica a velocità doppia tenendo fermo il busto e oscillando solo le estremità inferiori e superiori. La fidanzata altissima biondissima bellissima è ferma davanti a lui e cerca di non guardarlo. È l’unica ferma mentre ormai la selezione ha preso una spudorata piega disco e tutti interagiscono con tutti, sorridendo con soddisfazione. Da noi questo succederebbe solo con i soliti Village People e soci, ma qui il piacere è di farlo con pezzi che sembri di conoscere e in realtà non conosci (e viceversa). Forse è anche questo uno dei sensi di questo recupero, insieme all’esplorazione delle nuove possibilità del genere: l’idea che quella sensazione correntemente ottenuta dal nastrone di Capodanno, possa essere provocata da scelte meno collaudate, dalla comunicazione tra i generi e i tempi, dalla filologia e dal suo contemporaneo sovvertimento. Mentre fumi di Detroit iniziavano a contaminare il ritmo ancora crescente, usciamo fuori insieme alla sosia, al baffo, alle Doris Day, al ragazzetto di quartiere e prendiamo la strada di casa. Presto questo pub sarà abbandonato in favore di qualche locale più accogliente a Dalston, così sembra dalle interviste. Le scene crescono, i quartieri spettrali diventano fighi, ma ci sarà sempre qualche altro posto in cui essere avventurosi.

Ps per nerd: FM Synth is the way


Zombie Raffle - Ali Renault
Bursting The Bubble - Gatto Fritto
We're Back - Heartbreak

2 commenti:

a. ha detto...

bellissimo.

Unknown ha detto...

Mr. Andy Dissident va ringraziato anche per la sua totale devozione al vinile...Poi personalmente se la Dissident ci fosse su Beatport ci andrei a nozze.