30.12.04

Una tastiera e uno stomaco


Oggi ti parlo di un disco brutto per cui provo piacere fisico, non mediato. Cose come questa mi hanno convinto tempo fa che non sarei stato buono a scrivere di musica sul serio. Per quanto romantico possa essere un ragazzo che apre un sacchetto e dice “ehi, queste sono le conchiglie che mi piacciono, sono anche tue”, quel ragazzo prima o poi si troverà davanti a un dilemma irrisolvibile: cosa dico loro? Che è una porcata o che l’ho sentito dieci volte oggi?

Degli M83 ti avevo detto già qualcosa quand’ero dall’altra parte: un incrocio ambivalente di modernariato tastieristico massimale e distorsioni/vocifiltrate/silenzi alla maniera dei beniamini che si guardavano le scarpe. Nel frattempo in Before The Dawn Heals Us sono diventati anche peggio. Spingendo sul pedale dell’epicità hanno accentuato tutti i loro lati possibili e accentuabili. Le tastiere sono diventate ancora più pompose. Il maggiore uso delle voci ha spinto il lato sentimentale dolciastro. E nei momenti più casinisti il casino che fanno per chitarre e synth è ancora più casino.

Cosa mi attira allora? Non certo il loro lato ambientale. Delle loro canzoni “non rumorose” amo soltanto Safe, perché per quanto risenta della melensaggine dell’astronomia decadente ha un bell’inizio e una bella fine, e la splendida Farewell/Goodbye. Farewell/Goodbye ha la bellezza (sotto anestesia però) delle più orribili canzoni d’amore degli anni Ottanta, quelle che erano rimaste appiccicate come chewing gum sotto ai banchi ed erano arrivate fino alle feste che frequentavano i miei coetanei alla fine del decennio in questione. Duetto maschile femminile, lui sconsolato, lei con una non voce aspirata che aumenta di volume via via che si separano. Vattene un po’, che pace più non avrò:
Il Tempo Delle Mele se fosse stato diretto dal Lynch di quegli anni.

Vado invece matto per il loro lato rumoroso. Don’t Save Us From The Flames, Fields, Shorelines and Hunters, la seconda parte di Car Chase Terror! (una canzone per capire che secondo me ci fanno) e soprattutto la sei senza titolo, Teen Angst (How fast we…) e A Guitar And A Heart (ah, quella cassaquattro). Ai limiti del peggiore rock da stadio in certi casi, cambiano di nuovo modo di usare le tastiere e dove non le impiegano per distorcere e saturare, si servono di loro in chiave melodica alla maniera semplicistica di certo pop sintetico ancora proveniente dagli anni Ottanta (o dalla Francia se preferisci). Ma tutti questi discorsi si perdono perché il bisogno che provo verso queste canzoni non è sul piano musicale quanto su quello delle dinamiche e delle potenze. Voglio alzare il volume dello stereo, degli altoparlanti del pc, delle cuffie e sentire la vibrazione della potenza che mi scuote. Dal vivo mi era capitata questa cosa solo un’altra volta, coi Mogwai. Ne avevo sentito di concerti rumorosi da infastidire i timpani, ma i Mogwai dal vivo ti prendono la cassa toracica ai lati e te la senti scuotere avanti e indietro e provi piacere. Con gli M83 rumorosi è un po’ così, una questione di pancia e di piedi. Ma non so perché ti sto dicendo questo.

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