31.1.05

The weekend never starts round here



I
Da Feltrinelli per l’imbarazzante scioccheis di Lello Voce. Discussioni neutre su poesiamusica, artepolitica e Creative Commons anticipano l’inanticipabile. Lello Voce si soffia continuamente il naso rosso e si lamenta della sua voce, scusandosi per il gioco di parole. Introduce il pezzo che reciterà parlando di Carlo (sic, per il fatto di chiamarlo per nome) e del fatto che “Io ho fatto una controinchiesta, eh. Sono io che ho scoperto che in macchina non è stato Placanica a sparare”. Vabbè, comunque di seguito all’introduzione scatta la musica, una versione malriuscita dei Recycle su Remo Remotti. Il tizio dal dubitabile e retorico gusto nella scelta delle parole urla da un impianto eccessivamente amplificato che la condanna danna la panna. Anna, mi verrebbe da dire. Una suicide girl barese scatta foto da tutti i lati mentre io trattengo a difficoltà le risate quando, con fare à la Mangoni, Lello Voce urla paillettes. Si muore di fame e di obesità. Il cd della base salta due volte e allora Lello s’inkazza e smette di “cantare”. In un gesto di estrema protesta degno di Alberto Sordi io, il blogger che oltre a detenere il dottorato detiene un soprannome in quel di Palo del Colle, e la blogger misteriosa ce ne andiamo a mangiare zampine e involtini e a bere vino della casa in una macelleria di Cisternino, serviti dal caro cameriere catastrofe dallo sguardo inebetito.

II
Bari illude quando si propone come città mediopiccola che offre quattro appuntamenti differenti in tre sere al giovin signore. Illude perché al primo del giovedì non vai causa pacco dei coinquilini (ma tanto la serata Music Boom @ Super Stone - 4 Indie Rockerz only, nel senso di soltanto quattro persone presenti, non si è tenuta causa indisposizione di uno dei digeis). Illude perché al secondo nju-ueiv del venerdì non vai causa raptus alcoolico-culinario (ma tanto gli altri che c’erano hanno detto che non c’era nessuno e figuriamoci se quel nessuno ballava). Illude perché al terzo del sabato non vai perché si è snob contro-la-braga-calata™ e perché si preferisce il quarto. Vado insomma al concerto dei Blessed Child Opera, filiazione del chitarrista degli Ulan Bator. Non c’è nessuno a parte i soliti quattro gatti e, di questi quattro, tre abbandonano prima dell’inizio ritardato dagli organizzatori nella speranza di infoltire le fila. I Blessed Child Opera si ritrovano pure a dover interrompere per dieci minuti perché la corrente non arrivava sul palco. Per la prima volta assisto a un gruppo che chiede scusa perché farà dei bis. Nel dopoconcerto davanti a una birra nera e sgasata divento vittima dei peggiori luoghi comuni da parte di una nota razzista del luogo (prrrr) relativi alle categorie a cui appartengo, dall’ingegnere al siciliano, dal (quasi)trentenne al razionale-della-vergine. Una sorta di contrappasso morettiano per la deriva albertosordiana della sera prima.

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