Martedì scorso all'Hiroshima Mon Amour Xplosiva ha festeggiato i suoi primi quindici anni con il piatto forte di Nicolas Jaar, ometto* copertina del 2011 in ambito dance elettronico (gli acculturati direbbero pure emblema dello Zeitgeist rallentante/rigurgitante). Sulle pareti dell'Hiroshima scorrevano centinaia di nomi che negli anni in tutti i giorni della settimana in ogni tipo di luogo a Torino (e non solo) Xplosiva ha reso disponibili con un'idea di clubbing attenta, personale e amichevole che ha anche fatto scuola, almeno qui a Torino. Ancor più di quei nomi tutto questo si respirava nel set iniziale di Giorgio Valletta che ha sintetizzato tutte le anime degli ultimi anni nei generi dell'ultimo anno da un inizio misteryoso, alla bass music inglese, al ritmo che cresce della house fino al rallentamento sedato vera via di fuga dall'oggi e passaggio di testimone a Jaar. Dalla sala vuota all'apertura porte al locale pieno con tutti che ballano in poche consumate mosse, it is all over our faces.
Non so se dopo mille post (e vabbe' qualche migliaio di altri post della vita precedente) ancora sia rimasto a leggere qualcuno che non sia interessato ai suoni che animano queste pagine. Riassumendo, Nicolas Jaar è un americano di padre cileno nato nel 1990 che ha stregato gli appassionati di dance l'anno scorso facendo tutto ciò che il pubblico medio della dance, persino nelle sue frange più acculturate, aborrirebbe. Prolifico invece che sfuggente, amante dei mischioni invece che rigoroso, lento e senza cassa e talvolta capace anche di grossi sbagli. Il suono di ora in mano a un ventenne belloccio(e dunque spendibile su un palco) e intraprendente (il primo singolo per l'etichetta dei Wolf+Lamb a diciott'anni e la propria etichetta a venti).
Mi aspettavo il buon Nico insieme alla band con cui è in tour (batteria, chitarra, sax). Purtroppo invece è da solo sul palco, ma non escludo ciò sia un bene. Il live non è un concerto, non è un laptop set e non è un djset. Jaar inizia suonando una tastiera in cui i tasti comandano contemporaneamente note e folate di vento. Il pezzo successivo è fatto di effetti di riverbero ed eco in feedback sulla sua voce. Poi partono quei beat palline da ping pong che rimbalzano lenti da un lato all'altro (grazie impianto dell'Hiroshima)e tutti quegli effetti che ormai conosci per nome. La prima voce amica che arriva nell'ondeggiamento è quella della figlia di Bruce Willis e Demi Moore (cfr video qua sotto).
A quel punto pur mantenendo la stessa velocità Jaar imprime corpo al set trasformandolo in un djset. Qui entrano in gioco i suoi edit e i suoi remix con un atmosfera che allude alla house newyorchese della dissoluzione e però suona goffa, ancorché tutti ballino e le ragazze gli facciano gli occhi dolci. Non un mostro di tecnica in questo caso, forse nemmeno prima, ma è chiaro che siamo oltre la dance, che si usino quei materiali per fare altro. Non è goffaggine, non è teorizzazione, è una visione, discutibile ma che riempie una pista la manovra e sovverte le sue idee, solleticando più l'introspezione che il divertimento. Da lì si va verso la fine con Too Many Kids Finding Rain In The Dust (la sua Red Right Hand) ed El Bandido, una finale e l'altra bis o viceversa oppure no. Peccato per il sax, avrebbe fatto troppo discoteca malfamata anni 90 rendendo il tutto veramente perfetto.
(
With Just One Glance You (ft Scott Larue) e Space Is Only Noise che però qui non ha fatto)
* non puoi definire altrimenti uno che aveva sei mesi mentre Schillaci animava le notti magiche