26.4.07

Where The Streets Have Popnoname

Dicono che sia il Jack Kerouac della scena techno di Colonia. A me fa venire in mente quei momenti in cui la voce di Karl Hyde in certi pezzi degli Underworld si accartocciava incantata. Scordatevi le solite pippe minimali, il White Album di Popnoname è un album (synth)pop che abbraccia chi ascolta. Eppure non lo è nelle strutture, che si richiamano alla techno più sognante di Detroit o a quella ‘intelligente’ di metà anni Novanta, e neanche nella definizione, fatta di sfumature e diluizioni che ti aspetteresti da un disco ambient. La capacità di sintesi che si chiederebbe a Michael Mayer, che ne è pure il patron, per una prova sulla lunghezza.



No Doubt - Popnoname
Still - Popnoname

25.4.07

Addio addio

C’è qualcosa di prevedibile nei ritorni. Forse i ritorni sono troppo facili rispetto alle scoperte. In generale sicuramente meno riusciti. C’è questo pezzo nel ritorno di Alexander Robotnick, che si chiama Addio Addio. L’impianto melodico è così facile che quasi penso a certe cose dei Datura. Eppure il senso del pezzo sta altrove, in quella italo voce. Dice addio addio, ma sorride. C’è l’eco alla fine di quelle o, come ad allontanare, ma la risata scompagina, contraddice, confonde. Di nuovo qui, o forse no – o – o – o. Eh eh. Auah.

Addio Addio - Alexander Robotnick

20.4.07

Quando ancora non erano punk e funk

Nel 1992 Thomas, Guy-Manuel e Christian formano i Darlin’, nome scelto in tributo alla loro passione per i Beach Boys, e pubblicano un 12’’ con la Duophonic degli Stereolab che vende circa 1500 copie. Un critico del New Musical Express li stronca definendoli ‘daft punk’. Thomas e Guy-Manuel lo prenderanno alla lettera per il resto delle loro non-esistenze. Christian si separerà da loro ed entrerà nel gruppo del fratello, che di lì a poco cambierà nome in Phoenix. Un pezzo di Homework si chiamerà così.

È il 1998 e il 7’’ di esordio di una band vende 319 copie. Forse perché ancora nessuno aveva capito come chiamarli.



Cindy, So Loud (demo) - Darlin’
Darlin’ - Darlin’
The Dis-ease - !!!
The Funky Branca - !!!

18.4.07

Da Pogoism


I Want I Want - Digitalism
The Pulse - Digitalism

Bambù saltato

L’enorme tempo passato senza una decente serata danzante coincide con la lontananza da questa pagina e con la pressione dei giorni lavorativi. Si devono pure giustificare i premi di produzione. Qui i venerdì scorrono sempre minimali, troppo minimali per i miei gusti. Tanto minimali da non giustificare la sopportazione della fauna che attirano. Faccio uno strappo per Gabriel Ananda, che passa da queste parti con un live set incentrato per gran parte sul suo nuovo disco Bambusbeats, disco che non mi ha folgorato più di tanto. Ananda ha essenzialmente due direttrici: una minimal-percussionistica che nell’ultimo disco è stata ampiamente esplorata insieme ad un fidato batterista ‘vero’ nelle parti iniziali e in quelle finali dei pezzi, l’altra distorto-melodica che rimanda alla techno più classica e che riserva per le sezioni centrali. Inutile dire che io apprezzo più quest’ultima, lasciando la prima al massimo per la sonorizzazione dei miei lavaggi di stoviglie. Come sottofondo per il lavoro non va bene: poco eccitante, poco ipnotico, a meno di copia-incollare le sezioni centrali dei suoi migliori successi.

Il solito posto promuove poco la serata. Il sito non ha funzionato per tutta settimana e per avere una conferma sulla presenza di Ananda bisogna passare lì nel pomeriggio per scorgere una locandina. Tutto ciò ha impedito poi la richiesta di riduzioni. In compenso le maleducate cassiere si rifiutano di scontare l’ingresso nonostante il problema e nonostante il supporto del pierre. Ananda dietro al suo enorme banco mixer collegato al portatile predilige il lato più martello-percussivo della sua techno con un set abbastanza ingessato e bisogna arrivare a metà per godere dell’intreccio tra Doppelwhipper e i du-du vocali più sintetizzatore di Egge. Compatto, ma poco coinvolgente. Sarà anche perché è difficicile ballare mentre il dj dietro la console saltella fuori tempo alla maniera di Jimmy Il Fenomeno. Così si abbandona il campo prima che arrivi la favorita Ihre Persönliche Glücksmelodie, in favore dei piatti da lavare lasciati nel lavello per non fare tardi.


Egge - Gabriel Ananda

8.4.07

Non per dar un post a Dio, ma lo fo per piacer mio

Walls di Apparat non è un disco che puoi giudicare come un album.Al massimo come uno zibaldone, o come un minestrone. C’è dell’ovvio dentro, ma è utilizzato in maniera che spiazza di millimetri. Una di quelle cose che posso dismettere o mantenere solo sulla distanza. Goodbye di Ulrich Schnauss non è un disco che riuscirei a giudicare, prescindendo dal piacere acritico che tante ovvietà carezzevoli hanno scaricato sul nuovo divano rosso di casa dei miei. Non darei addosso nemmeno a come ha travestito da paperetta per il bagno la voce di Beck in Stars. Comincio insomma a credere che se una giovane band italiana prendesse il repertorio di Nilla Pizzi e Claudio Villa e lo rivestisse a cipolla – pensate se un critico al posto di definirlo shoe-gaze lo avesse chiamato onion-dress –, io ne trarrei comunque una qualche forma di piacere fisico. E poi ho appena finito di vedere Electroma, il film dei Daft Punk. Quei due si saranno fatti le matte risate, come sempre. Franco e Ciccio. Quando è spuntata l’enorme vagina per cui i robot volevano diventare umani sono quasi schiattato.

Headup - Apparat feat Raz Ohara
Stars - Ulrich Schnauss feat. Beck
International Feel - Todd Rundgren