26.10.09

Wighnomore

"Hi folks,
After 17 years we are now announcing the retirement of the Wighnomy Brothers DJ project. We will continue to play until 31/12/2009. From then on Sören (Monkey Maffia) and Gabor (Robag Wruhme) will still be there for you - but separately. We would like to thank all of you who kept faith with us in front, besides and behind the turntables. Thank you for the never to be forgotten memories on all dancefloors across the world! Good bye and take care!"


From: Disco To: Disco (Wighnomy Brothers Mittmikks Mix) - Whirlpool Productions

(sporco, sbagliato e ubriaco. triste e finale a suo modo, anche se mica smettono)

25.10.09

Non per la danza, balla per me

Frequenze basse. Piatti. Spazzole. Una cassa morbida. Poi parte un giro melodico dolente. Seduce me è il primo pezzo di The Dance Paradox, primo album di Redshape. Gli elementi prendono a cumularsi e a influire sui precedenti, seducendoli sottilmente. In Seduce Me la cassa come quella dei pezzi che si sentono in discoteca comincia quando mancano trenta secondi alla fine. Come in Garage GT, che ce l’ha anche all’inizio ma che viene presto inglobata dal ticchettio di una macchina per scrivere tribale e da inesorabile diventa circospetta. Si sente un clacson per un'unica volta e poi un organo strozzato, sirene, la cassa ancora che ritorna inesorabile e poi si risfrangia mentre sbuffano gli scappamenti. È solo la vita di un garage multipiano, ma di quelli in cui chissà quali incontri avvengono.

Bound (part 1 & 2) è Carpenter trapiantato a Detroit, con la cassa che a un certo punto fa il paso doble. Jennifer Tilly è stata inserita al ventitreesimo posto nella classifica delle 25 donne più sexy del mondo del 1995 ed è stata sposata con il produttore dei Simpson per sette anni. Poi la cassa raddoppia e i piatti incalzano. Quando sembra ovvio il finale (non è vero niente), il campo si allontana e inquadra il set con gli attori che se ne vanno senza recitare la battuta rivelatoria. Man Out Of Time scudiscia e palpita con una nuova sequenza programmata sulle valvole cardiache. Globe è il primo technone dritto e classico col basso che sfrigola acido, una roba quasi filologica.

Rorschach’s Game ripassa l’ammorbidente su visioni da beat generation, nell’ennesimo paradosso temporale. Dead Space Mix (Edit) conferma il gioco tra cassa zoppicante e cimbali in libertà che fanno di tutto e di più mentre gli oscillatori si aprono e chiudono e macchinari bippano rumori di fondo binari. Dark And Sticky è la fine con misteriose rotelle e ronzii affianco a un altro sapiente duetto di cassa ovattata e piatterelli appicicosi. Redshape oltre a disconnettere la produzione musicale dalla propria persona nascondendosi con una maschera rossa e a ribaltare il concetto per cui la musica elettronica necessita di premesse futuristiche con un disco che racconta il passato con la consapevolezza del presente, Redshape allude al paradosso della danza. Non ti spiega qual è, ma io la penso così: tanta gente fa musica per ballare che alla fine dei conti è interessante, ma vuoi mettere scrivere musica così interessante che vuoi anche ballarla?


Seduce Me - Redshape

Minéstrone

Esco di casa coi capelli che puzzano di cotoletta e la tristezza macigna delle scelte sbagliate della sesta puntata di Romanzo Criminale. I dj set indie non scelgono mai la via della sensatezza e i Clap Your Hands Say Yeah seguiti dagli Housemartins non possono essere il viatico per i Buzz Aldrin, così come non riesco a spiegarmi cosa abbiano a spartire i successivi ospitinglesitroppogiusti. I tre in uscita su Secret Furry Hole eradono il mio impianto auditivo e lo percuotono con timpanate secche e piatti crauti e maracas finalmente senza senso dell’umorismo. I feti galleggianti che assumono eroina dalla placenta delle madri sono la faccia insoddisfatta e liberatoria davanti all’ingiustificata esaltazione cocainica imperante (anche se dovendo consigliare stupefacenti da replicare in note ai musicisti sono sempre un fan delle robe allucino-espandenti). Le prime file si tappano le orecchie e ciò è bene. Tutti suonano con una mano perché con l’altra si batte il tamburo, anche il ragazzetto che fa le foto sul palco. Poi vabbé, nei miei sogni me li aspettavo più attenti e interessati all’uso dei sintetizzatori, ma sono appunto sogni e io quando sogno devo indossare il bite perché digrigno i denti perché sogno oscillatori e denti di sega. Poi riparte la sequela inconsulta e su Blue Monday entrano in scena i tubanti tipo dei These New Puritans più tipa delle Ipso Facto. Se cominci con il remix di Flying Lotus di $tunt$ del signor Oizo mi ben dispongo e non mi disturbo se ascolto una roba nuova di Bjork (che non frequento da Betulla). Poi però arrivano una serie di londinmérdine aggravate dal fatto che i due sembrano ripetere quella scena classica in cui lui insegna a lei a giocare a tennis o a golf, con Xone al posto della mazza racchetta e senza l’ovvio cotè sessuale, una roba che sprizzava frigidità da tutti i pori. Al culmine della desolazione (e con pista ormai svuotata alle due e mezzo quando ancora non si è tornati un’ora indietro) l’insensatezza raggiunge il picco centodieci percento della serata con gli ultimi due pezzi: The End Is The Beginning Is The End degli Smashing Pumpkins dalla colonna sonora di Batman Returns seguita da una roba dubstep (perché non It’s a long way to Tipperary, dico io). Un tipo anziano stacca il manifesto dei Crocodiles che suonano la prossima settimana (forse devo sentirli e andare) e allora prima di uscire mi avvento sul foglio stampato con la stampante inkjet coi nomi di questa sera e me lo metto in tasca suscitando timore nella tipa seduta al tavolino davanti. È un attimo e finalmente sono a casa col mio bite azzurro.





Let's Walk The Children Around The Space - Buzz Aldrin

23.10.09

Places

"Devi fare la guerra dei bottoni" [Futuro - Orietta Berti]

Ore ventuno e ventinove (ci tengono). I cancelli sono chiusi e noi entriamo per primi perché non ho idea se per i Fuck Buttons allo Spazio 211 ci sarà il pienone (no prevendità, io vivo fuori dal mondo e confondevo la gente fuori dal Covo per gli XX con la gente fuori dal Locomotiv per gli FB). Invece c’è solo un tipo e due tossici che chiedono quale sia il numero civico in cui si trovano.

Prendo una rossa Moretti e chiacchiero. Sono stato altre due volte qui e in teoria so dove sta il palchetto dei dj ma lo dimentico. Così quando ci chiediamo dove sta il palchetto del dj mentre inizia il preserata (dopo aver commentato il look tokyohotellico degli Horrors, la studiata mancanza delle All Star nel poster dei Perturbazione e il foglio stampato con la stampante del live di Buzz Aldrin più djset di These New Puritans ed Ipso Facto) alziamo gli occhi e ci accorgiamo di avercelo sopra la testa. Vaghe Stelle, a differenza del preserata di Shackleton, opta per una via trasognata tribal drogapulco (noi italiani dovremmo pure inventare nostri termini per il pop hypnagogico).



Per gli australiani trapiantati in Europa HTRK non ci schiodiamo. Con tutta la pubblicità negativa che li precede è assai se degnamo i primi due pezzi di ascolto non distratto. Cold post punk noioso con tipa sfattona che pesta sul tamburo dei Fuck Buttons. Sfugge il senso e butto per terra in segno di protesta la seconda rossa Moretti. Accorre subito dopo qualcuno a pulire il pavimento, tipo quando sminchi un nigiri sul tavolo al giapponese. Alla fine dell’ultimo pezzo ci spostiamo in prima fila davanti al palco (non pienone ma abbastanza affollato).



Il posto in cui stare è di cruciale importanza. Centro in modo da raccogliere tutta la potenza sonora (concetto brevettato con i Mogwai al Rainbow nel 2004) o prima fila per vedere i bottoni che premono e preservarsi minimamente dall’assalto. Prima fila fu. Prima fila di quelle che ti toccano i commenti dell’hipster insopportabile prima che inizino (“Meno cassa, più drono”. Cazzo, vai a raccogliere pomodori invece di esprimerti in questo modo). Tra i tanti oggetti vedo che tra le pianole ne hanno una come la mia. I Fuck Buttons evitano accuratamente di sembrare un gruppo elettronico che usa il software dal vivo e allora si moltiplicano le minipianole e i bottoni (e scherzano, premono il bottone del sample vocale di Surf Solar mentre va ancora l’intermezzoset). Poi Surf Solar parte per davvero e non riesci a non pensare che inizino da zero con una botta simile senza costruirla con una roba intermedia. Siamo qui e ora. Il live ha il sapore di un treno inesorabile screziato solo in due punti dalle urla nel microfono Fisher Price di Colours Move e Bright Tomorrow (c’aveva la cassa anch’essa, tipo del drono, neh). Il resto è Tarot Sport e la sua discoteca per chi non va in discoteca, con i giri melodici che vedi in tutto il loro essere elementare su meno di un’ottava (quattro tasti che puoi fare sulla pianolina a batteria che ti regalavano per natale a otto anni), l’accumulazione continua delle erre e i crescendo di tutto stratificato e organizzato. Le prime file ballano, non so dietro. Dal vivo il tutto è meno organizzato (bene, suona vero, fichissimo quando Flight Of The Feathered Serpent parte con i suoni tutti sfasati rispetto alla versione originale), epperò sembra finire troppo presto, quei due-tre minuti in meno di quanto ti eri abituato. Un po’ come la fine, quando ti aspetti l’ovvio bis di Sweet Love e invece il pubblico torinese non riesce a tirarli fuori (i !!! senza Giuliani li ho elaborati data la loro serataccia, questo meno).

Non c’è niente da fare, non sono più abituato alla durata dei concerti, ma questo è un problema di tempo e non di luoghi.





Bright Tomorrow - Fuck Buttons

18.10.09

Un weekend produttivo

Venerdì non sono andato a sentire i Drones, i Minus (Habens), quel sant'uomo di Zip tramabambam (ok Shackleton, ma che oompa-loompata spencer funk explosion che è 10th December di San Proper) o i 99 Posse. Sabato non sono andato a sentire Alan McGee (di supporto ai My Awesome Mixtape), il clubbing per audiosvantaggiati Deaf Rave, la serata inaugurale di Neon Invasion o il World Sound Power Dub Soundsystem. Domenica non sono andato a sentire Dam Funk. Ma. Ho mangiato i tramezzini all'aragosta di Mulassano e ho trovato questa figata totale che da oggi è il mio avatar su Last.fm.



Il trailer
Il sempreverde Batman contro lo squalo

11.10.09

Al buio

Come l’anno scorso Xplosiva ha organizzato EVA (ElectroVideoAmbiente) all’interno della Settimana di Uniamo Le Energie e così mi sono beccato aggratis il sontuoso live di Shackleton, in modo da poter testare sul campo la bomba Three Eps in uscita su Perlon. Fortunatamente lo spazio accademico da lezione universitaria della Fondazione Sandretto è stato abbandonato in favore del Sustainable Dance Club di Torino Esposizioni, una riproduzione del dancefloor del Club Watt di Rotterdam che sfrutta l’energia cinetica di chi balla per generare effetti di illuminazione tramite led (ricordo ancora quando i giornali italiani spararono la cosa come se il movimento dei piedi alimentasse l’impianto audio, le luci e quando il dj toglieva la cassa l’energia veniva venduta all’Enel). Per quanto mi riguarda però il vero aspetto di sostenibilità è stato che Shackleton per l’una ha terminato l’ora e mezza di live.



Fedele alla mia abitudine di entrare nei posti nel primo minuto di apertura, osservo come al solito le sempre diverse modalità di arrivo e riempimento di un luogo forse troppo ampio e con una luce bassa, blu-verde livida e strana. Il dj che cura l’apertura sciorina per una buona mezzora un misto pop funkettone spezzato, tra cui per esempio riconosco Young Heartache di Bullion. Poi via via che le persone arrivano opta per della techno a bassissima battuta, tra cui per esempio riconosco Goblin Think dei Margot. Shackleton attacca laptop e controller e comincia con una jam di percussioni senza bassi. Non avevo idea che potesse indossare degli occhialini da vista, dei colori sulla t-shirt e che potesse saltellare così tanto davanti alle manopole – sì, mi aspettavo una specie di ninja imperturbabile bianco e nero. Il primo pezzo realmente ballabile è la nuova (No More) Negative Thoughts che sfocia in Death Is Not Final. I bassi sono controllatissimi, delle bordate solitarie e dei giri assassini lontanissimi da certi wahwahwah cafoni che tanto animano certo dubstep. Se Shackleton già in passato era stato uno dei tanti battitori liberi che animano la parte più interessante del genere, oggi sembra spingere oltre la sua produzione, tra tentazioni techno che ogni tanto nel live sono affiorate e divagazioni ambientali che sempre nel live sono state più al servizio della maniacalità percussiva.



Se un unico appunto voglio proprio fare è quello che, mentre saltuariamente Shackleton ridacchia perché intreccia due linee di cassa in modo insieme dritto e sbilenco, il suo set parla solo il linguaggio della paranoia e dell’apocalisse. Gli inserti medio-orientali, asiatici, africani (ma si potrebbe continuare con maori, eschimesi e valguarnera-caropepesi) hanno perso tutti i colori e la vita che spesso come un brutto souvenir l’esotismo a basso costo riesce comunque ad afferrare e non resta che il borbottare dei quartieri ghetto visto con sconcerto, paura e rifiuto dal resto della città indigena e insicura. Anche se il borbottio non era altro che “oggi ho avuto una giornata pesante, ti amo, che facciamo stasera”. Così i momenti più belli sono quelli in cui l’apocalisse diventa letteralmente rivelazione e il velo vieno squarciato e ci si mette alle spalle la paura precedente. Come in Naked che è una specie di film nouvelle vague strizzacuore sulla Banlieu (di più cosa si può fare, la nouvelle vague coi nazisti?). O come quando la tribalità dei canti e delle percussioni si inietta nelle nostre giornate automatiche e sempre troppo cinetiche anche se siamo fermi col culo sulla scrivania e la faccia incollata su uno schermo (i pezzi su Hotflush come New Dawn e i suoi urletti o la tabla-defibrillazione di Mountain Of Ashes). Mezzanine dei Massive Attack era un punto di partenza verso il buio, qui ci stiamo dentro appieno ed è solo questione di prendere le misure di quello che non riusciamo a vedere. Poi però il live finisce e il modo sbalordito con cui Shackleton sorride e stringe mani riporta queste pippe alla genialità umile e intuitiva che amo nella musica elettronica perché riesce a dire tanto sul mondo in cui viviamo senza sembrare una coglionata da sociologi per quotidiani.


Naked - Shackleton
Mountain Of Ashes - Shackleton