21.12.05

Left To Your Own Devices


Make Out Fall Out Make Up

Night Walk


Dall’anteprima del Late Night Tales dei Belle & Sebastian, viene confermato il recente amore per certo soul accanto alle consuete retroacusticherie. La selezione conterrà anche una loro inedita e debole cover, Casaco Marron.

20.12.05

Cripple Crow pt. 6


“Se soltanto per oggi fossi libero di parlare” (Il Corvo Joe)
“A che cosa pensano questi umani fragili?” (La Canzone del Parco)
“Voglio essere Gainsbourg […] voglio il ciuffo di De André” (Il Musichiere 999)

Sono in fase di rivalutazione critica de La Mala Vita dei Baustelle, dove per rivalutazione critica si intende essenzialmente che sono arrivato alla conclusione che in ogni canzone che mi piace c’è un elemento che me la rovina (l’orribile chiusa de Un Romantico A Milano) e che in ogni brutta canzone c’è un appiglio interessante (la musica di A Vita Bassa). Tra le tante, però, mi va di soffermarmi su uno dei migliori episodi. Il Corvo Joe. Non sembra, ma è una delle mie canzoni di questo Natale: l’inizio potrebbe vedere tranquillamente Bianconi in versione busker in una via del centro mentre gli zampognari lo accompagnano, e anche oggi è domenica, tutta d’oro la gente luccica. Ché sempre il sentimento da noi preferito rispetto alle feste comandate è stato quello del corvo, quello della partecipazione distaccata, dell’esser lì e non del fuggire, presente e distante allo stesso tempo.

La canzone inizia con uno scarto bellissimo tra il racconto in prima persona e l’immagine del narratore animale che mastica una lucertola. Procede poi per antitesi tra rotondità e spigoli, tra le anatre e i corvi simboli per caso di felicità e paura, tra bambini sorridenti e bestiacce scure. Sembra il secondo episodio de La Canzone Del Parco, la colomba ora è corvo, con gli alberi che consolano e i ragazzi che si baciano mentre mezzogiorno sta per scoccare. Sembra un secondo episodio ed è in ciò che la canzone riassume la poetica dei Baustelle, quella che ormai povera di un immaginario proprio cerca sollievo effimero nell’immaginario altrui, meglio se impolverato e non vissuto. Gainsbourg è stato, De André è stato, Poe è stato e allora come dicevano alla fine del Sussidiario non resta che essere secondo episodio, non resta che voler essere Gainsbourg, che voler essere De André, non resta che usare simboli sdruciti in una forma postmoderna dell’ormai impossibile cantautorato.

Eppure Il Corvo Joe, nonostante le immagini e le onomatopee abusate, si avvicina a quello che è inavvicinabile, anche se per il solo spazio di cinque minuti e mezzo. E poi, non riesco a togliermelo dalla testa, quella sua circolarità e quell’inserto di campanelli e quell’organo ne fanno una perfetta canzone di Natale, che sta lì, fuori posto.

19.12.05

Mine’s on the 45


Cosa c’è di più indie di una pista da ballo vuota? (sono provocatorio, tra parentesi). Qui lo scorso weekend la (contro)radio del luogo ha organizzato il suo consueto (contro)festival, ovvero tre giorni in cui ininterrottamente un centinaio di gruppi della regione si spartiscono il palco di un (contro)teatro all’insegna del volemose bene, del c’è posto per tutti e del fatto che comunque non si suona per caso alle 21 del sabato sera o alle 5.30 del sabato mattina. Cosa encomiabile, per carità, ma in città hanno pensato bene di organizzare anche una serata di dj set della Rough Trade in contemporanea. Ora, non che qui si ritenga una serata di dj set della Rough Trade particolarmente eccitante in astratto, anche perché ultimamente Endeacott e soci hanno suonato anche alla sagra della scamorza cotognata e già ai tempi del concerto dei Delgados a Bologna snobbammo Ben Ayers dj. Pur tuttavia, la minima ipotesi di ballare qualcosa di meno scontato ci ha fatto preferire tale evento alle canzoni pseudo-ska su Matarrese, alla pizzica e agli epigoni degli Stereolab in scala 1:43.

Mal ce ne incolse, verrebbe da dire a mente fredda, se non fosse che ci si è mattamente divertiti con tutto ciò che avrebbe dovuto buttare giù la serata. Serata inizialmente programmata per venerdì scorso e spostata a sabato sera per i motivi di cui sopra. E sabato sera ci siamo presentati a un orario non da star alle porte del posto in questione e informandoci dell’eventuale orario di apertura ci è stato consigliato di ripassare dopo un’ora. Si è provato invano allora un salto al (contro)teatro, abbandonato per difficoltà di parcheggio in favore di un sano temporeggiamento al coperto di un pub scozzese come le orecchiette con le cime di rapa. Passata l’ora abbiamo fatto l’ingresso nel posto dove i ruvidi erano già dietro ai piatti, davanti a una sparuta decina di persone.

Tutto quello spazio intorno può solo ingenerare nel ballerino due reazioni: imbarazzo nella danza o sana stupidaggine. Vi lascio immaginare cosa qui noi e altri astanti abbiamo preferito. I ruvidi, per parte loro, tenevano splendidamente conto della situazione permettendosi di tutto: distratti a s-messaggiare e a scaccolarsi si alternavano senza soluzione di continuità in un unico set il cui filo conduttore erano 45 giri d’epoca sospesi tra il rockabilly e il northern soul, legati con tecnica ignorante quasi che avessero un unico piatto. E in mezzo a questi, senza un apparente perché, i pezzi di oggi: come quando nel momento mod hanno preso un 45 con etichetta bianca e hanno infilato gli Artic Monkeys o come quando gli Arcade Fire sono spuntati da un’oscurità riconducibile a un’età indefinita tra gli Ottanta e i Novanta. Tra la solita banalità di un Gene Vincent e un Eddie Cochran hanno piazzato la non scontata banalità di A Minha Meninha, rendendo il sottoscritto felice come un bambino e afono come un tifoso dopo la finale dei Mondiali vinta contro il Brasile al Maracanà. Verso la fine quando ormai solo in due stavano al centro della pista e un gruppetto di ebbri ballava sui tavolini e il personale del locale mandava un messaggero sul palco perché voleva forse anche giustamente far ritorno a casa per dormire, verso la fine i ruvidi pensavano bene di inscenare un rave con techno acida, mosse comiche e pose sulle manopole degli effetti che avrebbe avuto il suo culmine in una solitamente banale Fuck Forever, accolta come un orgasmo dal sottoscritto che per questo successivamente meritavasi l’appellativo di grillo salterino. Quando i superstiti ormai si avviavano verso i loro vezzosi doppio-petto, il tipo dei Cornershop lasciava esaurire la puntina sul banale che più banale non si può Bacharach e noi concedevamo al personale il permesso di chiudere le porte.

13.12.05

Much Against Everyone’s Advice


A Torino per una settimana di lavoro che non lascia scamp(ol)i per molto altro. Stasera dovrebbe esserci una serata Radio Soulwax ma dubito che avrò la possibilità/voglia di andare. Apriranno Manhead/Headman (chi?) e Kate Wax (già immagino possibili giochi di parole) e questo significa che il concerto dei Soulwax non inizierà prestissimo. A me Any Minute Now ha detto ben poco, di solito apprezzo una o due canzoni per ogni loro disco, motivo per cui non mi sento tanto stimolato nonostante pare che saranno in modalità Nite Version. Fin qui il meno peggio, perché dopo i concerti e più o meno alle due inizierà il per me imperdibile set dei 2Many DJ’s che proseguirà più o meno fino alle quattro: in altre circostanze non sarebbe stato un problema, ma questa settimana è lavorativamente critica per me e allora passo dolorosamente la mano, ché non potrei resistere allo scorno di abbandonare la serata per andare a dormire. Rimane la curiosità su come una città come Torino risponderà a un evento simile previsto in mezzo alla settimana.

In appendice visto che si parla di selecta col pelo sullo stomaco, a pochi giorni di distanza da DJ Scalcia, Tom di Rumori e Speranze ha proposto il suo NaZziunalPupulare mix, molto più sintetico e dish’cut’eca style, e ha già esaurito i limiti di banda di YouSendit. Non dimentichiamo poi che fdl ha aggiornato la playlista della radio con molti degli attuali nostri favoriti ed è online il terzo imperdibile numero di Conversation Intercom.

12.12.05

Sfacelo Azzurro


from: Real Love



Vi faccio un altro regalo di natale in anticipo, una nuova quadratura del cerchio: gli Stars che cantano Your Ex-Lover Is Dead dentro Eternal Sunshine Of The Spotless Mind nel loro nuovo e bellissimo video.

Grande party alla corte di Francia


Io in genere apprezzo queste cose camp-ate in aria, ma la visione del trailer di Marie Antoinette, nuovo film di Sofia Coppola sulla regina delle brioche, mi lascia con la sensazione di esser finito su una parodia di Elisa di Rimbombrosa incrociata con un teen telefilm del pomeriggio di Italia 1 in acido (oh, non è escluso che ciò sia male). Per la fredda cronaca la regina è Kirsten Dunst (nel video anche un po’ ‘gnuda), il re è il nerd Max da Rushmore, la madre della regina è Marianne Faithfull e tra le contesse c’è Asia Argento. Il trailer è un montaggio concitato su Age Of Consent(!) dei New Order.

11.12.05

Il pericolo è il loro mestiere


Ho ascoltato Mr. Beast il nuovo Mogwai in uscita a Marzo 2006, o meglio un promo ancora incompleto con una canzone che si sente male e soprattutto privo del finale che pare essere pezzo chiave come in Young Team. E gran parte del disco si richiama a quei giorni senza però abbandonare le ultime recenti aggiunte (voce in vocoder e uso di melodia minimale-circolare per piano/tastiera), alternando il basso profilo col vorrei-ma-ormai-quasi-più-non-posso dell’epicità rumorosa. In I Chose Horses, che sembra uscito fuori dalle sessioni di Happy Songs For Happy People, la voce tronica scorre in parallelo con un recitato in giapponese di Tetsuya Fukagawa degli Envy mentre correda Craig Armstrong al piano/tastiere. E poi titoli su cibi acidi, serpentoni scozzesi, morte del folk 95 e pericolosità del viaggio: grande utopia dei nostri tempi solo recentemente scalfita quella che il viaggio sia ormai addomesticato e non porti più conseguenze, pericoli con sé. Nei nostri viaggi non è più ignota la destinazione, non è più ignota la modalità, eppure io continuo a pensare quello, che ogni viaggio sia pericoloso, anche indirettamente, nel suo cambiare i rapporti chilometrici tra cose e persone. Al di là delle inquietudini che lo percorrono (e con i punti ancora interrogativi sulla parte mancante), Mr. Beast altro non è che un disco dei Mogwai, con tutti i suoi lati buoni e cattivi, col suo mestiere che a volte può risultare noiosamente meta-ripetitivo e con i soliti sprazzi che vengono fuori in una mattina piovosa e grigia come questa.

Rebut



Questa è una orribile pubblicità della Universal. Ora, a parte che non ho capito lo sfondo con le Cipster, qualcuno di voi ammanicati mi passa il numero di Björk o l’avverte di questo schifo?

7.12.05

DJ Scalcia



Foglietto n°1, Foglietto n°2


Cari,
se come me frequentate l’ormai rigoglioso mondo dei dischi mixati da DJ, cantanti e attricette, non vi sarà sfuggita l’importanza che stanno conquistando come mezzo per raccontare il nostro presente, recuperare il passato dimenticato e soprattutto legare l’esperienza del ballo a quello dell’ascolto e viceversa. Nella nostra mente è il Dj Kicks che ha risvegliato le coscienze, nei nostri cuori è la sua esecuzione sulla spiaggia di Benicassim, nelle nostre mani sono un laptop, una manciata di dischi ed mp3 e circa otto ore rubate al sonno notturno. È insomma con immenso orgoglio che vi presento il primo volume di DJ Scalcia, la risposta italiana all’omonima serie internazionale. Gemme dimenticate, versioni alternative, successi del futuro e un esclusivo remix ad opera del sottoscritto si susseguiranno per quarantacinque minuti senza grande interesse per il missaggio in battuta, secondo gli insegnamenti dell’amato occhialone. Rock, electro, plin, plon e, non dimentichiamolo, canzoni.

Non disponendo di uno spazio on-line, ho deciso di rendere disponibile il Volume 1 di DJ Scalcia via Rapidshare in una versione di lusso e in una versione per chi ha problemi di banda. Non ho fatto opera di spam, ma se l’operazione vi sembra interessante saranno bene accette le vostre segnalazioni o, perché no, la vostra proscecuzione della serie con i volumi successivi a quello inaugurale. Allegherò solo in futuro a questo post la scaletta, in modo da lasciare un minimo di sorpresa agli ascoltatori. Insomma, ballate e ascoltate! (e ditemi, soprattutto)

DJ Scalcia – Volume 1 (versione di lusso 192kbps circa 64 MB)
DJ Scalcia – Volume 1 (versione light 64kbps circa 20 MB)

la traclista:

Intro: I Gotta Thang (Uh Huh) - Cass & Mangan
Volevo una cosa grezza per iniziare, un’introduzione tautologica che dicesse “Ehi, ciao, iniziamo” e lo facesse in maniera spudoratamente anni Novanta, come una Roisin Murphy musicata dai Basement Jaxx prima delle pippe sonore con Matthew Herbert. E una roba del genere incredibilmente esisteva in giro e l’avevano prodotta questi Cass & Mangan.

Feel My Mandarin - Bookashade vs Annie
Dovevo il primo pezzo ad Annie per svariati motivi, uno su tutti il fatto che l’anno scorso dopo il concerto dei Kings Of Convenience a Bari lei metteva i dischi e io le ho fatto il bidone per andare a una festa di laurea dove, con delio, sarei stato il digei per la prima e disastrosa ultima volta. Questa versione è un mash-up recentemente circolato in rete che potrebbe benissimo passare per remix, grazie al fatto che la canzone di Annie si adatterebbe a un qualsiasi ritmo da ballo e al fatto che l’altro pezzo è poco noto. In verità gli unici motivi per cui si trova qui sono l’inserto di sintetizzatore che zoppica a tempo diverso dalla batteria e il titolo.

QWERTY - Fake P
I Fake P sono gli unici italiani presenti su DJ Scalcia, ma è solo un caso. La canzone potrebbe essere una sorta di Episodio Due per i personaggi di (This is) The Dream Of Evan And Chan, ha un delizioso inserto acustico prima della fine ed è proprio vero che il cioccolato funziona.

Three Weeks - Tiga
Maiuscolo. Visto che non avevo a disposizione un microfono, avevo bisogno di un pezzo che suonasse secondo il precetto del singing dj e la ballata dance dal nuovo disco di Tiga faceva proprio al caso: cantato come lo canterei io, con un testo perdente su una delusione amorosa sopra una base fica che ispira forza d’animo. Una perfetta accozzaglia di opposti.

Human After All (Sebastian Remix) - Daft Punk
Forse non vi piaceranno gli attuali Daft Punk, ma Sebastian tira fuori da Human After All un amarcord su tutta la storia del duo francese: dal funk rimediato al mercato del disco usato di Homework al non-sentimento robotico dell’ultimo, terminando con un finale che da un lato si richiama al “core digitale” per tastiere e vocoder di Discovery e dall’altro affianca schitarrate su cui poter cantare My Sharona, come ultima moda impone.

International DateCuts (maxcar telefona a Phones mix) - Ladywolf
Mash-up da me preparato per l’occasione, mischia il Phones Slasher Mix di Thousand Cuts dei Wolf And Cub con International Dateline dei Ladytron. L’idea era che in una telefonata tra me e Paul Epworth ci raccontavamo di questa litigata tra Mira dei Ladytron e il tizio dei Wolf And Cub. La struttura riprende i duetti di Al Bano & Romina finché le voci si sovrappongono dissonanti, uno che fa riferimento all’inizio e l’altra alla fine. Paul ha insistito per un basso à la New Order.

Better Safe Than Safari - Thunderbirds Are Now!
I TAN! potrebbero essere il gruppo regazzino dell’anno prossimo, sfacciatamente cinetici e con un gusto per le melodie tale che potrebbero scrivere sigle di cartoni animati. Intanto recupero questo loro vecchio martellone, soprattutto per le tastiere a basso costo.

Living By Numbers - New Musik
Se questo fosse un mixtape classico, questa sarebbe la sua Video Killed The Radio Stars. Cantata da un misconosciuto gruppo degli anni Ottanta, semplicistica, melodica e trasognata nel raccontare la fine dell'epoca analogica e l’inizio di quella in cui avremmo vissuto grazie ai numeri, Living By Numbers ricorda l’ennesima fine di una delle tante nostre innocenze e l’ossessione per il digitale che scorre intorno.

Lembranças - As Mercenarias
Amo la musica brasiliana, ma la amo ancora di più quando prende materia sonora altra da sé e le instilla dentro la sua anima ritmica o la sua calda conflittualità interiore tra il vissuto e il desiderato. Come gli Os Mutantes negli anni Sessanta fecero col pop inglese, negli anni Ottanta tutta una serie di gruppi prendeva in mano il post-punk per rileggerlo in un contesto diverso. Le As Mercenarias erano un gruppo di sole ragazze, pallide e brune, che cantavano canzoni oscure sotto il sole cocente. A sentirle oggi, sembrano le zie delle Organ.

Kurt’s Rejoinder - Brian Eno
L’inevitabile momento vecchiazza. Epperò, dal disco dell’Eno cooptato per la morte del figlio di Moretti vien fuori questa cantilena gustosamente sospesa tra il tribalismo delle percussioni, gli effetti sul basso rotolante e le tastiere acidelle. Il momento trenino (so che è una bestemmia, ma mi ispira risate, e questo).

Kel’s Vintage Thought - Magnetophone
Questo pensiero d’annata dei Magnetophone mi richiama tutta una serie di cose anni Novanta alla Bentley Rhythm Ace, di quelle in cui mettevi su semplice semplice un giro di basso, un beat via via più denso e qualche corredo vagamente analogico. Nostalgia nostalgia canaglia.

Batman – Stage I - The Advantage
Il pezzo più geek di DJ Scalcia. The Advantage hanno in copertina un vecchissimo Nintendo e sul loro ultimo disco rieseguono i classici del suddetto videogame in salsa (garage)rock. Il basso minimale e acido dell’epoca diventa funk, la melodia alta e ciclica sfocia nelle atmosfere surf da film pulp. L’esplosione ritmica del prefinale.

And I Was A Boy From School - Hot Chip
Dal prossimo disco del lato più melodico di casa DFA, una dolce ballata in house minore che conduce gentile verso la chiusura (la frase finale è rubata alla cover di TEWM di Filine Seele).

Scaricalo ora!

DJ Scalcia – Volume 1 (versione di lusso 192kbps circa 64 MB)
DJ Scalcia – Volume 1 (versione light 64kbps circa 20 MB)

4.12.05

The Go! Ones


Se mai un demiurgo avesse creato l’idea platonica dei Go! Team, ovvero un divertente miscuglio di cori esalta(n)ti da ragazze pon pon misto a rap, electro, rock a bassa fedeltà, la sua incarnazione nel mondo sensibile sarebbe stata Ninja. Ninja è la rapper dei Go! Team e non ne è la frontwoman nel senso classico del termine: non è una personalità che si impone e sovrasta, quanto la rappresentazione fisica di quello che i Go! Team si propongono di essere. Incita, rappa e salta instancabile al punto che ti immagini che al di fuori del palco non sia diversa, al punto che quando tutti quanti i Go! Team vanno fuori a prendere la pizza, lei fa la sua ordinazione agitandosi e rimando e gli altri le rispondono “Ninja, cacchio, pure qui?!”. Al punto che quando il concerto finisce lei si asciuga appena e corre incurante fuori dal locale verso una temperatura inferiore ai dieci gradi insieme al suo ragazzo, vestita appunto con una canottierina sintetica dal colore acceso, con una gonnellina dei New York Yankees abbinata a un panta-ciclista strategico e con i calzettoni da giocatore di calcio. Con un sorriso forse ebete, ma divertito.

E voi che avete visto il concerto dal vivo potreste tirar fuori obiezioni su obiezioni, una su tutte che la scaletta (sempre la stessa in tutta Europa?) è costruita in modo da dare delle pause a Ninja, da permetterle di andare in camerino e riprendersi. Epperò qui si darebbe nonsocosa per poter avere anche solo quell’energia per potere gestire quei quattrominuti-pausa-quattrominuti senza fiatone, con date che si succedono fitte. La domanda che però sorge spontantea è: non rischiano i Go! Team di essere vittima dell’età come tutte le ragazze pon pon della storia, non rischiano di non poter ripetere un concerto come questo tra dieci anni? Non servirà un’altra Ninja quando l’attuale non sarà più in grado di lanciarsi in spaccata a rischio di sbattere sulla chitarra del nerd con la polo a righe?

A parte gli interrogativi filosofici si è ballato e tanto, incuranti di alcuni immobilizzati attorno a noi e del fatto che alcuni pezzi risentissero dell’ingessatura della programmazione. Ci è mancato lo scratch, ma si è apprezzato il continuo cambio degli strumenti tra i componenti e l’uso della doppia batteria (che ci volete fare, è una grezzata ma ne sono appassionato). Ho compreso il senso di Hold Yr Terror Close quando la minuta e potente batterista l’ha intonata in maniera contrastante con tutto quello che ha fatto durante il concerto. Tra i pezzi nuovi oltre a quelli simili al precedente repertorio, hanno suonato The Ice Storm, stratificazione di campanellini che sembra pensata per essere prodotta da Kevin Shields. Purtroppo Everyone’s a VIP to Someone è stata privata dal suo carattere di finale in favore del delirio casinista di Ladyflash e della sua coda con la presentazione dei componenti del gruppo fino all’auto-presentazione conclusiva di Ninja, condita di mosse da arti marziali e spaccate da cheerleader.

PS: la data vista è stata quella di Roma, aperta come tutte quelle italiane da Her Space Holiday (il cui cantante ha ostentato tatuaggi emo accompagnati da un’accoppiata indie alla massima potenza: mutanda molto alta sopra maglia della salute). Ho un plettro dei Go! Team ma non so di chi sia.

2.12.05

Il filmato scemo del giorno


Qualche tempo fa delio mi iniziò ad uno splendido video in cui un’improbabile band tedesca degli anni Settanta si esibiva vestita da indiane e cowboy in una cover del classico Apache. Il coro del cantante aveva in particolare colpito il nostro immaginario. E nell’intrecciarsi dei rimandi contenuti nel nuovo singolo di Madonna, entra anche il filmato mash-up di quel video con Hung Up, coreograficamente perfetto con le ballerine che vanno a tempo scoordinate, il cantante ancora più comico che pria, il batterista inquadrato durante lo stacco e il chitarrista che replica il basso della canzone. Qualcuno mi faccia smettere di ridere.

Ritorno a casa


La ragazza lascia Theon Weber, lo abbandona letteralmente in un parcheggio vicino casa di alcuni suoi amici. Dorme lì e la mattina dopo torna a casa scalzo e mentre mette il piede su un sasso appuntito parte un disco. E scopre lì il suo senso, God take care of the little things. (Non sapevo che si potessero fare le similitudini sui sentimenti amorosi chiamando in causa i Throbbing Gristle)

Il sottoscritto a settembre ordina dei cd a prezzi vantaggiosi dal negozio di abbigliamento pubblicizzato dalla nota webzine. Il pacco non arriva, mai, per colpa di un disco. Le copie del disco sono inspiegabilmente finite e perciò si deve ordinare un’altra copia che dal Regno Unito attraverserà l’oceano per essere messo nel mio pacco e poi a ritroso per tornare da me. Passano mesi, mail in cui io mi lamento e le cui risposte sono affidate ad una grafomane chiamata Madeline che mi consiglia di usare il burrocacao quando fa freddo, e il pacco arriva mentre sono a Torino, un po’ ammaccato. Dentro c’è di tutto: oltre ai cd ordinati, nel pacco c’era anche una cartolina dei Sigur Rós con scuse vergate a mano, Plans e Return The Gift anche se non li avevo ordinati, due sampler (Dim Mak e Polyvinyl), adesivi vari (Giant Drag e altri che non ricordo), un buono sconto del 10% e alcune spillette gustosamente orribili (Datsuns, The Music e una sulla liberà d’espressione). Il disco che non voleva arrivare era l’unico privo di cellophane, lasciandomi intendere che forse qualcuno lo ha preso dalla propria collezione e me lo ha inviato, in attesa che arrivasse l’altra copia fantasma. E, in quel momento, ho pensato che agli economisti sfugge il concetto di capitalismo twee.

1.12.05

Writing about music is like raving about architecture


La RIAA (Record Industry Association of America, tipo la SIAE) minaccia azioni legali contro chi verrà trovato a parlare con amici e conoscenti di nuovi album, canzoni e cantanti. Per contrastare le violazioni di copyright dovute in gran parte ai peer-to-peer, interverrà aggressivamente contro chi genererà “buzz” e attenzione che possano spingere alla pirateria.

(vengono subissati dalle risate)