26.9.05

Come To Daddy?


Nel 1995 Radio 3 mandò un pacchetto di cassette a Karlheinz Stockhausen. Le cassette contenenvano pezzi di Aphex Twin, Richie Hawtin nel suo alter-ego Plasticman, Scanner e Daniel Pemberton. L’intento era quello di far esprimere uno dei padri della musica elettronica su alcuni discendenti o comunque su alcuni dei nomi più in vista della musica sintetica del tempo. Stockhausen rispose trattando i ragazzini con sufficienza, evidenziando in particolare la loro mancanza di inventiva dal punto di vista delle variazioni. I ragazzini, sottoposti a loro volta all’ascolto di composizioni del maestro tedesco, risposero piccati. Ciò per dire che per quanto si possano cercare sovrapposizioni tra i mondi della musica contemporanea e della musica elettronica dell’ultimo decennio, i due partono da urgenze differenti e le loro sovrapposizioni all’inizio furono spesso frutto del caso. Poi, è vero, i musicisti electrondance sono cresciuti e comprando qualche vecchio disco hanno imparato a riciclare certe idee maturate nei decenni precedenti, ma la cosidetta Intelligent Dance Music aveva in mente i Kraftwerk come padri putativi e il ballo più che Edgar Varése.

Fatta chiarezza su questo punto, mi sono recato alla serata torinese della London Sinfonietta meets Warp tour con la curiosità di chi conosce tutta la discografia di Aphex Twin ma ben poco delle avanguardie musicali tirate in ballo nel suddetto matrimonio tra musica contemporanea ed elettronica recente. Credo che questa sensazione fosse la costante del pubblico della serata, assolutamente non codificabile in un genere definito ma composto da ragazzini scenesters, trentenname in assetto aperitavito e mezzetà stanziale da Auditorium. E mentre l’accrocchio variopinto faceva il suo ingresso e prendeva posto (noi in galleria, ché non siamo borghesi) la Pendulum Music per due microfoni dondolanti e amplificatore, inno allla forza di gravità e al feedback di Steve Reich, veniva tradotta in un groviglio di cavi che si avvicinava sempre più alla platea sul maxischermo in fondo al palco.

L’orchestra entra e prende posto. Viene presentato quello che seguirà, in due lingue, l’inglese e l’ormai tristemente noto italiano-da-traduttore-automatico. Poi le luci si abbassano e un occhio di bue illumina un pianoforte preparato, ovvero un pianoforte che oltre al classico suono affianca armoniche metalliche. Il pianista esegue Jynweythek & hy a Scullyas lyf adhagrow di Aphex Twin, ninna nanna introduttiva di melodie argentate. L’applauso termina e suona una sirena. È la sirena della Ionisation di Edgar Varèse. pianoforte e dodici percussioni accompagnate da un inquietante filmato di Flat-E (qui un edit su musica di Ultre) in cui ingranaggi e aghi di zanzara grigioneri luccicano scuri su fondo bianco. Subito dopo sistemano sul palco i laptop i Plaid alle prese con Scope, ausiliati dagli xilofoni della Sinfonietta e da un altro video di Flat-E con protagonista una colonna di legno che in stop-motion viene dipinta, spruzzata, scarnificata per tornare sempre alla sua versione originale. Il terremoto tecnoastratto di Autechre su video precede il Ballet Mecanique di Léger, Murphy e Man Ray, musicato da Georges Antheil, ovvero come le sensazioni dei video Warp venivano rese ai tempi del dadaismo in maniera simile con l’uso parallelo del tecnologico, del quotidiano decontestualizzato e dell’iteratività. La prima parte si chiude con la proiezione di Rubber Johhny, creatura di Aphex Twin e Chris Cunningham tanto ben fatta quanto prevedibile nel consueto miscuglio di infanzia e deformità.

Nell’intervallo Warpvideo di Gravenhurst, Squarepusher e compagnia cantante. Un bambino che riceve sensazioni materne via cavo precede First Construction In Metal di John Cage, anticipatrice del rumorismo à la Einstürzende Neubaten, coi drone derivati dalla lamiera e le pentole che ti chiedi se le vendano al negozio di strumenti musicali, di forma e spessore standard. Il concerto per sei marimbas di Steve Reich è ipnotico, fino a quando a due terzi di durata noti una strana coincidenza con Stagger degli Underworld. Il video della faccia di vecchio di Bluespoon termina all’improvviso, ma nessuno sa se volutamente o no. Le luci si abbassano, entra Squarepusher con un basso a sei corde seguito dal riflettore, una videocamera lo riprende dal basso in posizione da solista virtuoso e succede l’impensabile. Dovrebbe presentare in anteprima i suoi otto piccoli pezzi per basso, ma assistiamo a pretenziosi arpeggi da chitarra classica spagnoleggiante, scritti male ed eseguiti peggio. Mi giro verso Enzo ed entrambi abbiamo la faccia del “Che merda” inspiegabile. Jenkinson si riscatta solo quando usa la corda bassa come un bassista thrash metal o quando indossa la faccia del “non so se mi è riuscito ma questo è il massimo di cui sono capace e sono contento dell’ovazione che mi tributate”. Presa per il culo o arteriosclerosi anticipata? L’orchestra rientra e suona una versione da big band di Polygon Window di Aphex Twin, tutto sommato buona nel suo introdurre una dinamica quasi dance, se non fosse per il finale in cui tutti i musicisti prendono un tamburo, scendono tra il pubblico e si danno alla pazza gioia della tammuriata che manco alla festa del santo di Sheffield. Poi tutti si inchinano a ricevere applausi, anche Pac(c)o De Squarepusher, risalito apposta sul palcoscenico. In definitiva l’idea non è male e soprattutto è ben realizzata per mantenere alta l’attenzione. Peccato per certi momenti che da un lato fanno cadere il monocolo nel nostro drink, dall’altro suscitano la nostra ilarità, assurgendo già al ruolo di tormentoni.

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