6.3.09

Più in basso del cielo

Scena 1: questo è quanto, ti abbiamo fregato. Inventatene una, se sei capace
Scena 2: ragazzine e ragazzini ballano la sigla di College e non erano nati quando tu lo vedevi alla tivù
Scena 3: The Mole! The Mole! The Mole! L’ultimo giorno il basso fu la speranza



Mai martedì fu più magro. Non sappiamo ancora il finale, ma siamo pronti a scrivere il terzo episodio della saga Cassa Disintegrata / Settimana Corta. Se avete una proposta in ambito intrattenimento da almeno duemila teste prenderò in considerazione anche voi. In poche parole niente Loco Dice che fa il Loco Dice di buon gusto. C’era un motivo, c’era.



Venerdì, primo di quaresima, non si dovrebbe fosforescere. Se pensate come me che fossero tristi i Bugged Out milanesi dell’anno scorso con le mezze calzette e Uffie all’Hollywood e il fluo e le kefiah fuori tempo massimo, non avete idea di cosa possa essere vedere tutto ciò oggi nella BAT provincia (non quella di Batman, quella di Barletta-Andria-Trani). Ti dici pure che c’avranno diciannove anni e avranno il diritto una volta ogni due mesi di sognarsi stylish e abdicare alla vittoria storica di Fabio Fazio e dei gilet. Poi però arriva un vocalist. UN VOCALIST. Con l’occhiale finto sfigato che urla come un ossesso come un personaggio di Fabio De Luigi. Io quando vado alle serate techno avrò pure intorno qualche ragazzino con la cresta, ma fortunatamente nessun vocalist rompe i coglioni. Nonlodireanessunononlodireanessuno, vaffanculo io lo dico a tutti. Fossi stato in Borut non so come avrei reagito. Tanto era il cattivo sangue, che alla fine ho apprezzato solo a sprazzi il suo set, soprattutto nelle parti che suonavano più di vecchio e del discone o che tentavano incisi minimalosi. I funzionali remix dei Soulwax e le svisate più londinesi (o milanesi?) come si sa ormai mi lasciano un po’ freddo e per il futuro dei Furano spero che non si indugi più di tanto da quelle parti. Hang the vocalist, comunque.



Sabato invece puro piacere. Il mio solito ingresso ad apertura porte avviene sul tepore crepitante di Freaky Mutha F_cker di Moody(mann) e The Mole è già lì che gioca a ping pong con Andrea Fiorito. Non saranno i fuochi d’artificio di cui si dice per i live set del canadese (compagno di merende della cricca Jonson/Cobblestone Jazz, uno dei miei favoriti dell’anno scorso con la sua destrutturazione/ricomposizione dell’house in salsa cosmica, un supergruppo tra Avalanches e Lindstrøm concentrato in un’unica pesona), ma quattro ore di back to back a tali livelli ripagano ampiamente della mancanza. Pur concedendosi entrambi un po’ quello che vogliono, è subito chiaro che Fiorito avrà tra le sue incombenze quella di mantenere il contatto con le necessità del pubblico, caricando ogni tanto i toni e mantenendo fluidità al tutto. Il risultato è che l’intricatezza di As High As The Sky viene svolta nei fondamenti in un misto di polvere d’angelo disco, break scintillanti e bassi bollenti. Nonostante l’aria a dir poco cazzeggiona, il buon Colin De La Plante ha mostrato una notevole pulizia tecnica, rovinata semmai dal ricorso all’equalizzatore, unico effetto impiegato in modalità togli i bassi prima delle parti senza bassi. Finisce tutto presto per il solito, col consueto gesto del proprietario quando il bar langue e senza un finale vero e proprio, ma ce ne vorrebbero di serate come queste capaci di carezzare e alleviare almeno un po’ le mazzate che arrivano, ormai, sempre più grosse.



Sunglasses (Scuola Furano@Night Remix) - 0131
Ain't The Way It's Supposed To Be - The Mole

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