8.4.09

Basta con questi HPD10, non siamo mica in 4FR1K4

Quando sabato scorso il canadese trapiantato a Berlino Guillame And The Coutu Dumonts appoggiava su due montanti una specie di fornello elettrico delle dimensioni da pentola da pasta, non immaginavo che avrebbe iniziato il suo live set suonandolo come un bongo (e tirando fuori le profondità e le rotondità di un vero strumento percussivo, mica quei tipici preset piatti da tastiera). Senza scadere nella poetica del bonghettaro jazz che viaggia in Senegal alla ricerca del confronto musicale delle note biografiche, questo gesto fisico insieme all’ascolto di suoi vecchi live al MUTEK di gustosa house frammentata, del suo disco schizofrenico tra il Medio Oriente e le tentazioni doo-wop e delle sue ultime produzioni deep giocattolo funzionavano da buona apertura di credito. Altro che Manheim. Oh guarda!, suona anche il sax coi pad.

Dopo dieci minuti avevo già i bonghi girati. Il volume esagerato del djembe-hero era superato solo dal finto sax che diventava sempre più terribiledonista. Voglio l’afrohouse e mi danno l’africanism di seconda mano. I sax peggiori poi erano in pezzi che non conosco e che mi fanno mettere una croce preventiva sul nuovo album in uscita quest’anno. L’umore negativo si traduceva nella ricerca puntigliosa dei difetti e allora giù che tra i pezzi non c’erano quasi transizioni, che il controller delle percussioni veniva usato banalmente anche quando gestiva la cassa o le percussioni sottili, che le manopole erano lì solo per fare figura. Però ballavano tutti. Festosi come in un disco-incubo in cui il dj è ammazzato dal bonghettaro e dal sassofonista live. Di peggio poteva esserci solo che facesse anche da vocalist embedded.



(per l'immagine si ringrazia Bari Night, niente mp3 a Guglielmo per punizione)

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