Il vantaggio della techno è che puoi cucirle sopra quello che preferisci. Architettura, meccanica, teoria ed estetica dell’informatica. Sesso, distanza, struggimento. Oppure no, la tratti come un genere astratto, come strumento di modifica della percezione, come una irrealtà che si autoalimenta, spesso fine a se stessa. Purché non sia soltanto unz unz da pista. Finché non arriva
Dominik Eulberg, che è tedesco di Westerwald, laureato in biologia e guardia forestale nel tempo libero. Dominik Eulberg finora non aveva mai nascosto l’iconografia natur(al)ista del suo approccio alla techno, fin dai titoli che rimandavano a flora e fauna. Nella sua ultima raccolta
Heimische Gefilde il tutto viene esplicitato un pezzo sì e un pezzo no da intermezzi parlati su registrazioni di campo (mai termine fu più adatto) intitolati
l’usignolo,
il picchio,
la formica rossa fino a che nell’ultimo pezzo
Stelldichein des Westerwalder vogelchores tutta la fattoria viene svelata come l’ispirazione per una musica che quando non abbiniamo alle fabbriche di auto di Detroit, riconduciamo al rigido razionalismo teutonico. Il pezzo è poco più che un’ammissione di colpa vestita da esercizio di stile e le cose interessanti nel disco sono quelle dove il picchio, la cicala e la formica restano implicite. Ma in fondo, chi non ha passato una notte insonne in campagna, ossessionato da cicale e grilli? In fondo, quale musica più bucolica della techno per sonorizzare i pic nic della prossima primavera? Sperando che Yoghi non sia attirato e al posto di rubarci la merenda non ci porti via lo stereo.
Björn Borkenkäfer - Dominik Eulberg
Der Buchdrucker - Dominik Eulberg