11.5.07
The Cat Power Is On
Io ieri non ho fatto in tempo a vedere Piper dei Vanzina (con Carol Alt. No, dico, Carol Alt). Ma se nella fiction di Canale5 Martina Stella era Patty Pravo, chi faceva Cat Power nel consueto venti, no trenta no quaranta anni dopo? Alessandra Pierelli?
Fisico Latino
Migracion (Fujiya & Miyagi Remix) - Lopazz
Body Language (Señor Coconut Remix) - Booka Shade vs M.A.N.D.Y
Body Language (Señor Coconut Remix) - Booka Shade vs M.A.N.D.Y
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4.5.07
Quella mia maglietta fina
Sul loro myspace i Rapture additano i Justice come ladri di video, per le magliette di D.A.N.C.E. Gne gne gne reciproci seguono nei commenti. Di seguito una breve videografia di un’idea paracula. Ma d'altra parte, di pezzi paraculi si tratta.
D.A.N.C.E. - Justice (Versione ufficiale e intermedia)
W.A.Y.U.H. - The Rapture
Do Your Thing - Basement Jaxx
Glory Days - Just Jack
You’ve Got My Love - Bastain (variante magliette + tettone)
D.A.N.C.E. - Justice (Versione ufficiale e intermedia)
W.A.Y.U.H. - The Rapture
Do Your Thing - Basement Jaxx
Glory Days - Just Jack
You’ve Got My Love - Bastain (variante magliette + tettone)
Il pane e le metafe
L’altro giorno leggevo questo che, non ricordo dove e non ricordo in quale lingua, parlando di una canzone o di un concerto (non ricordo!), se ne esce fuori con uno stupendo “Sembrava di stare in fila per comprare il pane”. Il primo impeto è stato quello dell’ovvio riciclaggio. Poi però ho pensato che io di solito non mangio il pane, e quindi per me la metafora assumerebbe risvolti eccessivi e forse troppo elitari rispetto alla massa. In realtà però non è vero nemmeno questo, perché a me piace mangiare pane (o meglio, panini con sopra semi di sesamo, ‘torcigliati’ o il ‘pane di Monreale’ la domenica) ma solo nel pre-pasto, possibilmente mentre leggo / ascolto musica / guardo la tv. Da quando abito per conto mio però ciò accade sempre meno spesso, essenzialmente perché al di fuori della Sicilia se sei in fila per il pane è solo perché sei capitato con altre persone alla stessa ora in un negozio in attesa di un po’ di acqua+farina+lievito sfornati dieci ore prima, e non perché il fornaio ti ha detto che “Il pane c’è, ma tra dieci minuti esce quello caldo”. Insomma, è un gran panino…
Panis Et Circences - Os Mutantes
Friends And Lovers (Bread Cover) - Erlend Øye
Bread - On! Air! Library! (video)
Panis Et Circences - Os Mutantes
Friends And Lovers (Bread Cover) - Erlend Øye
Bread - On! Air! Library! (video)
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3.5.07
Grazie dei Fiori
Amici di Maria De Filippi, Ballando/Pattinando Con Le Stelle e compagnia cantante-ballante e recitante non mi appassionano. Non riesco a separare il fatto che un possibile bravo ballerino o cantante dimostri la sua arte ancorché futura su un pezzo di Giggi D’Alessio o, peggio, su un pezzo di Giggi D’Alessio eseguito da un’orchestrina in ritmo di bachata o cha-cha-cha da dopolavoro dell’Ipercoop. Forse in realtà mi urtica il concetto stesso di interprete nella modalità veicolata da simili contenitori. Sono bravi, ma sono anche pronti per ballare sullo sfondo del maestro Luca Laurenti che canta Baglioni la domenica pomeriggio. (questo è un incipit finto riciclato, ché lo sappiamo tutti che ormai alla domenica pomeriggio da quelle parti ora è tutto un loop dei Beach Boys).
Penso invece a come sarei ipnotizzato a fine Giugno a Berlino. La discoteca Berghain e il Berlin Staatsballet hanno messo su una collaborazione chiamata Shut Up And Dance: Updated (en passant, se solo fosse un po’ più cattivo nelle recensioni, Resident Advisor sarebbe il Pitchfork di noi giovani tecnocrati). La compagnia di danza non ha fornito nessuna indicazione a cinque nomi dell’elettronica come Luciano, Sleeparchive, NSI, Luke Slater e Âme sui cinque pezzi da comporre per un balletto che cinque ballerini della compagnia coreograferanno e danzeranno all’interno della discoteca berlinese appunto a fine Giugno. Il cd contenente i cinque pezzi uscirà a fine mese e si può ascoltare interamente in anteprima qui.
Il pezzo di Âme, Fiori, è qualcosa di spettacolare, ecco. Scordatevi Carl Craig che remixa Delia & Gavin, qui siamo più dalle parti di Delia e Gavino alle prese col côre di Icon di Derrick May, in bene. Pur essendo priva di battiti per i primi sette di minuti evoca figure e passi di ballo malinconici. Pur avendo una cassa per i successivi sei minuti, il carico emotivo cresce costantemente con il ritmo. La bellezza non è solo però nell’evoluzione sentimentale della struttura, ma soprattutto nella ricchezza dell’ornato ambientale e dei particolari, così presenti e così astratti da suggerire infiniti agganci coreografici. Un pezzo scintillante, impossibile da ballare e meraviglioso da danzare. Ma tanto per ballare abbiamo già quel luna park malato di Noiser di Audion.
Penso invece a come sarei ipnotizzato a fine Giugno a Berlino. La discoteca Berghain e il Berlin Staatsballet hanno messo su una collaborazione chiamata Shut Up And Dance: Updated (en passant, se solo fosse un po’ più cattivo nelle recensioni, Resident Advisor sarebbe il Pitchfork di noi giovani tecnocrati). La compagnia di danza non ha fornito nessuna indicazione a cinque nomi dell’elettronica come Luciano, Sleeparchive, NSI, Luke Slater e Âme sui cinque pezzi da comporre per un balletto che cinque ballerini della compagnia coreograferanno e danzeranno all’interno della discoteca berlinese appunto a fine Giugno. Il cd contenente i cinque pezzi uscirà a fine mese e si può ascoltare interamente in anteprima qui.
Il pezzo di Âme, Fiori, è qualcosa di spettacolare, ecco. Scordatevi Carl Craig che remixa Delia & Gavin, qui siamo più dalle parti di Delia e Gavino alle prese col côre di Icon di Derrick May, in bene. Pur essendo priva di battiti per i primi sette di minuti evoca figure e passi di ballo malinconici. Pur avendo una cassa per i successivi sei minuti, il carico emotivo cresce costantemente con il ritmo. La bellezza non è solo però nell’evoluzione sentimentale della struttura, ma soprattutto nella ricchezza dell’ornato ambientale e dei particolari, così presenti e così astratti da suggerire infiniti agganci coreografici. Un pezzo scintillante, impossibile da ballare e meraviglioso da danzare. Ma tanto per ballare abbiamo già quel luna park malato di Noiser di Audion.
Nella foto, Agata Reale e il suo piede
Fiori - Âme
(only for three days. Buy Shut Up And Dance or the single when they come out)
Fiori - Âme
(only for three days. Buy Shut Up And Dance or the single when they come out)
2.5.07
Solo un altro giorno
Ho paura che nulla più accada [Casino Royale - Suonala Ancora]
Il mio primomaggio™ quest’anno è il concerto dei Casino Royale allo scoccare della mezzanotte del primo maggio a Bari. Lo ospita un capannone industriale dalle parti dello Stadio San Nicola di Bari, zona nota più per lo scambismo che per il calcio o per gli eventi musicali. Il nome del posto è uno strano ossimoro figlio delle alterne vicende dei locali della provincia: negli anni Novanta lo Snoopy di Bitritto tra gli altri aveva ospitato un gruppo di allora sconosciuti scozzesi, tali Mogwai; successivamente lo Snoopy cambiò nome in Demodé, che alla fine adottò il fantastico e antitetico New Demodé quando si trasferì nel suddetto capannone. Noi, che pur fingendoci molto New siamo invero assai Demodé, siamo andati a cercarlo a Bitritto. Quando abbiamo chiesto indicazioni ad alcuni adolescenti del luogo, la corretta indicazione di un ritorno verso Bari ha suscitato in alcuni di noi anziani quel sentimento diffidente verso qualsiasi cosa provenga dai giovanidoggi™. Ma avevano ragione loro.
Siccome non ci facciamo mancare niente, il concerto dei Casino Royale è all’interno di una fantomatica seconda tappa del Jack Daniel’s Tour, manifestazione gratuita che contempla in cartellone anche due gruppi salentini che cercano di mascherare le loro origini suonando uno pseudo-grunge e i Malfunk, meglio noti come il gruppo del rasta che faceva i film con Virzì. Per entrare nell’atmosfera della serata decidiamo di parcheggiare a venti chilometri di distanza con il solo proposito di lasciare tre eccessivi euro al posteggiatore e di percorrere sterrati e collinette manco che dovessimo arrivare a una cava abbandonata per un festival reggae. All’ingresso le borse delle ragazze vengono controllate, caso mai qualcuna si porti appresso della dainamaita. Entrando dentro è più chiaro il perché: il pubblico è equamente suddiviso in ex-punkabbestia ripuliti, punkabbestia storici e figli di punkabbestia che cercano di non farsi incrociare dai genitori e la sicurezza controlla che il punkabbestia ripulito non nasconda nella borsetta H&M della sbuffante fidanzata una bottiglia di vino da tavola del supermercato come ai vecchi tempi.
La sapiente tempistica e i provvidenziali intoppi ci graziano dalle esibizioni dei salentini e della Marco Cocci Band. E i Royale partono con Sempre Più Vicino. Il millennio che si avvi-cina. E poi Ogni Singolo Giorno. Ci sono tutti gli ingredienti per una sbrodolata autoreferenziale lecitissima in queste righe, per chiedersi se in fondo non sia andato a vedere “il concerto dei miei Afterhours/Marlene/Subsonica”. E giù di memorie da ventenne, io che li amavo e che non li sentivo da così tanto che avevo dimenticato pure i testi dei ritornelli dei singoli. Ma no, i CR a un certo punto hanno deciso di non mostrarci la loro decomposizione di artisti sempre sotto lo stesso nome e ora che ritornano non riposano su un possibile ritorno alla radice di incrocio ska o sulle utopiche iniezioni finali di elettronica. Si affidano al loro scheletro, al funk, e per quanto possono e per quanto il fiato concede rincorrono il presente nei nuovi pezzi come nella premiata punk-funk-eria di una (coda) strumentale e tiratissima e campanaccissima Milano Double Standard. Sembrano contenti dell’energia, che piano piano ha la meglio sulle ruggini che si stanno lavando di dosso. Forse è stato tutto uno sforzo inutile, forse non ho abbastanza voglia di essere New Demodé anche per il resto del primomaggio™ (la Gerini aveva degli short fucsia o-rendi, per dire), forse oggi è più divertente che prima essere persi nel proprio supermarket. Eppure all’uscita, coi se e coi ma del caso, mi ronzava in testa un aggettivo che mi giustificava tutto. Necessario, anche se passato.
Ogni Singolo Giorno (quartetto live @ Passaggi Umani) – Casino Royale
Il mio primomaggio™ quest’anno è il concerto dei Casino Royale allo scoccare della mezzanotte del primo maggio a Bari. Lo ospita un capannone industriale dalle parti dello Stadio San Nicola di Bari, zona nota più per lo scambismo che per il calcio o per gli eventi musicali. Il nome del posto è uno strano ossimoro figlio delle alterne vicende dei locali della provincia: negli anni Novanta lo Snoopy di Bitritto tra gli altri aveva ospitato un gruppo di allora sconosciuti scozzesi, tali Mogwai; successivamente lo Snoopy cambiò nome in Demodé, che alla fine adottò il fantastico e antitetico New Demodé quando si trasferì nel suddetto capannone. Noi, che pur fingendoci molto New siamo invero assai Demodé, siamo andati a cercarlo a Bitritto. Quando abbiamo chiesto indicazioni ad alcuni adolescenti del luogo, la corretta indicazione di un ritorno verso Bari ha suscitato in alcuni di noi anziani quel sentimento diffidente verso qualsiasi cosa provenga dai giovanidoggi™. Ma avevano ragione loro.
Siccome non ci facciamo mancare niente, il concerto dei Casino Royale è all’interno di una fantomatica seconda tappa del Jack Daniel’s Tour, manifestazione gratuita che contempla in cartellone anche due gruppi salentini che cercano di mascherare le loro origini suonando uno pseudo-grunge e i Malfunk, meglio noti come il gruppo del rasta che faceva i film con Virzì. Per entrare nell’atmosfera della serata decidiamo di parcheggiare a venti chilometri di distanza con il solo proposito di lasciare tre eccessivi euro al posteggiatore e di percorrere sterrati e collinette manco che dovessimo arrivare a una cava abbandonata per un festival reggae. All’ingresso le borse delle ragazze vengono controllate, caso mai qualcuna si porti appresso della dainamaita. Entrando dentro è più chiaro il perché: il pubblico è equamente suddiviso in ex-punkabbestia ripuliti, punkabbestia storici e figli di punkabbestia che cercano di non farsi incrociare dai genitori e la sicurezza controlla che il punkabbestia ripulito non nasconda nella borsetta H&M della sbuffante fidanzata una bottiglia di vino da tavola del supermercato come ai vecchi tempi.
La sapiente tempistica e i provvidenziali intoppi ci graziano dalle esibizioni dei salentini e della Marco Cocci Band. E i Royale partono con Sempre Più Vicino. Il millennio che si avvi-cina. E poi Ogni Singolo Giorno. Ci sono tutti gli ingredienti per una sbrodolata autoreferenziale lecitissima in queste righe, per chiedersi se in fondo non sia andato a vedere “il concerto dei miei Afterhours/Marlene/Subsonica”. E giù di memorie da ventenne, io che li amavo e che non li sentivo da così tanto che avevo dimenticato pure i testi dei ritornelli dei singoli. Ma no, i CR a un certo punto hanno deciso di non mostrarci la loro decomposizione di artisti sempre sotto lo stesso nome e ora che ritornano non riposano su un possibile ritorno alla radice di incrocio ska o sulle utopiche iniezioni finali di elettronica. Si affidano al loro scheletro, al funk, e per quanto possono e per quanto il fiato concede rincorrono il presente nei nuovi pezzi come nella premiata punk-funk-eria di una (coda) strumentale e tiratissima e campanaccissima Milano Double Standard. Sembrano contenti dell’energia, che piano piano ha la meglio sulle ruggini che si stanno lavando di dosso. Forse è stato tutto uno sforzo inutile, forse non ho abbastanza voglia di essere New Demodé anche per il resto del primomaggio™ (la Gerini aveva degli short fucsia o-rendi, per dire), forse oggi è più divertente che prima essere persi nel proprio supermarket. Eppure all’uscita, coi se e coi ma del caso, mi ronzava in testa un aggettivo che mi giustificava tutto. Necessario, anche se passato.
Ogni Singolo Giorno (quartetto live @ Passaggi Umani) – Casino Royale
Cannibari
Coi biglietti già in tasca e una cosa brutta che succede in famiglia la notte prima, non si ha la testa né il cuore per andare a vedere una delle cose che attendevo di più da questa primavera, ovvero il live di Bonnie Prince Billy a Bari. Avrei giustamente pianto come un vitello su I See A Darkness. Così vanno due amiche e qualche giorno dopo, con la situazione che sembra migliorare millimetricamente, il pensiero ritorna al concerto e chiedo loro com’è andata. Entusiaste hanno descritto l’indimenticabile serata, il magnetismo di Will, la magia che emanava persino l’assetto scarno chitarra+batteria. Poi una delle due mi ha raccontato che Bonnie Prince per i primi tre quattro pezzi è sembrato accigliato, come in preda a un rovello difficile da nascondere. Nell’introdurre la quarta è sbottato, fiero verso il pubblico, in perfetto italiano: “Nel paese da dove vengo, noi non mangiamo i cavalli”. Devono averlo portato a mangiare la braciola…
I See A Darkness (live) – Bonnie Prince Billy
I See A Darkness (live) – Bonnie Prince Billy
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