29.9.10

Carnezzeria

Quando faccio la spesa al supermercato, il mio momento preferito è un piccolo ritaglio. Un pizzicotto. Separato dal freddo reparto carne di plastica (pollo di plastica, maiale di plastica, bovino di plastica, vitello di plastica) c'è un rimasuglio di infanzia, di corporeità, di calore. In quell'angolo, ogni settimana, spero di trovare un pezzo nuovo. Delle volte è cuore, polmone o banalmente fegato. È un piccolo box refrigerato separato dalla carne sostenibile, quella che non ha più niente di animalesco che è nata e morta fettina in formato famiglia, sceltissima. In quel rettangolo convivono specie, piedini di maiale, code di bue e teste di coniglio. Il vicino di scomparto ha stranezze più sottili, lo struzzo (proteina del terzo millennio che non riesce a conquistare), il cavallo con prezzi assurdi (we're not in Bari) e le quaglie (a loro modo sexy, anche se irregimentate in un ordine che urla allevamento). Mi chiedo da dove provengano tutte quelle lingue, se siano in qualche modo correlate alla tranquilla carne trita o al carpaccio per i fighetti fuori tempo. Mai ho incrociato i granelli. Non faccio testo, rincorro il pane con la milza anche qui a Torino, mi sono commosso per la ricetta del piccione di Pronti Al Peggio, quand'ero piccolo i miei compravano il coniglio solo se aveva la pelliccia, anelo alle stigghiole e agli 'nghimiridd' e per me la carnezzeria non può non avere una testa di bue appesa all'ingresso.

La carne accettabile rimuove la colpa dell'assassinio, non cola nemmeno sangue ed è pronta per il freezer. Come una cover sintetica tracciabile che sostituisce le nostre urla a quelle delle vacche.

(Prossimamente il banco del pesce: rane! razze! pescatrici! granchi azzurri! fasolari da mangiare vivi!)

K.I.M. - Meat Is Murder (Smith Cover) /Miyage by K.I.M.

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