23.6.06

We Were In The Future

L’inevitabile titolone dell’NME sul fenomeno della indie electro explosion mi diverte per come la dizione Neu-Rave, nata per indicare un piccolo gruppetto di loschi figuri che mischia demenza da rave ad ascendenze craute, sia stata semplificata e anglicizzata per mettere tutto nel calderone. Comunque, è curioso che nell’uso quasi da revival della parola “rave” vengano meno certi aspetti caratterizzanti come la (ri)appropriazione degli spazi, il nomadismo, l’alienazione chimica. Per sentire o ballare Klaxons o Justice o MSTRKRFT non ci si deve inoltrare nella campagna, sia essa veneta o terminante in –shire, o rinchiudere in un’area industriale dismessa, ma i posti di riferimento sono dei piccoli club un po’ di culto e un po’ fighetti. Il massimo del nomadismo è sfruttare la Ryan Air per un salto a Londra o a Parigi* e guardando le foto delle serate in questione la gente sembra più impegnata a spararsi pose da commentare su una delle loro tante propaggini in rete che a viaggiare in mondi paralleli dalle tinte gabber. Sembra insomma che da un lato l’immaginario rave di derivazione hippie-ingenua sia stato soppiantato dal più recente indie-ambiguo e dall’altro ci si trovi davanti alla generazione che da bambina i rave (non) li viveva in casa, attraverso dischi, video e servizi di Italia Uno.


Cosa resta allora di quel mondo in questo non-revival? In parte l’attitudine musicale che pirata e nello stesso tempo celebra mondi paralleli e simili (l’antiproibizionismo spaziale di Max Romeo And The Upsetters, il siamo tutti indie amici e ci vogliamo bene dei Simian o i rapporti di vicinanza con la scena hip-hop che più locale non si può), qualche residuo estetico sonoro come l’infantilismo, la futuribilità d'accatto, le sirene o le onde quadre, qualche nome del passato che fa in tempo a cavalcare il riflusso (gente che chiama i dischi Pretty Girls Make Raves o che spezzetta in due il suo nome per confondere le acque). E poi un gusto visivo tra il poveraccio e il nonsense. Collage a basso costo, inquietanti per la sequenza incongruente delle immagini proposte. Così se qualche giorno fa tornavano alla mente i giovanissimi Prodigy che ballavano freschi di high-school nei back-porch delle case dei loro genitori, colorati da effetti orripilanti e inframezzati da minacciosi struzzi, oggi, per quanto possano fare i giovani Klaxons, il massimo è offerto dal video in flash del grande vecchio Adam Sky: scimmie gnomi rasoi elettrici philipshave porcellane delle tre grazie porci con le ali cazzuola e martello sfingi marinai anarcocapitalisti ballerine con asciisorrisi miciming banane arcobaleni e la minaccia finale di un tasto encore, che anche questa volta abbiamo schiacciato.

*O sfruttare le promozioni di Trenitalia per recarsi da Bari ad Arezzo per ballare tra l’una e le cinque in un centro direzionale con Justice, Shit Disco, The Juan Maclean, Tim Sweeney e il progetto elettronico di Samuel dei Subsonica.

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