Come quando la si mette sul personale. Meno parli di te stesso, più gli altri si interessano. Più sei in fuga da te stesso, meno difficoltà trovi a raccontarti. Ma quello che racconti è spesso un noioso tema d’attualità egotica. Come questo paragrafo fino a questo punto. Gli altri non ci interessano, è il concetto di fondo. L’unico modo di mettersi al centro dell’attenzione è allora diventare emanazione altrui. Dei tuoi santi, per esempio. Una certa musica indie col fuzz morbido di sottofondo. Un sintetizzatore diamantato che scartavetra una lavagna. Poi ti stufi e corri da un’altra parte. Che tu li abbia scelti o no, loro intanto ti hanno salvato e raccontato. E se avrai voglia e ritornerai, saranno ancora lì con un sorriso sornione a mostrarti come sei cambiato.
Serve infine il trucco della somma delle parti come in HighSpray Musical 2. Io mi sono scaricato la colonna sonora la mattina dopo la visione per rinfocolare in ufficio la voglia di sradicare le poltrone del cinema e ballare sul posto coi capelli tirati indietro con la saliva, ma le canzoni sembravano prive di dinamica e di trasporto. La cosa bella è che erano così anche al cinema solo che erano riprese con telecamera fissa e zoomante stile tv anni Cinquanta ed eseguite su coreografie neanche troppo inventive. Gli attori erano candeggiati rispetto agli originali per il pubblico familiare accorso in sala, eppure il trucco della somma delle parti funzionava e se solo avessi avuto i muscoli avrei roteato a mulinello il seggiolino sul finale. Somma è bello, ma non sempre riesce. Per dire, Villalobos continua nella sua operazione di etnologo recuperando Santiago penando estas di Violeta Parra: i giovincelli tedeschi eiaculano e si scambiano sottobanco il cd-r della sua registrazione live (ammetto, la possiedo anch’io). Quello che fa è encomiabilmente politico sotto certi aspetti, ma funziona solo grazie al trucco e a come la presenta dal vivo. Poi arriva un Sanim, fa la stessa cosa senza che la somma delle parti funzioni con simile grandezza, col risultato che a me sembra una parodia e ai tamarri del mondo il successo dell’estate tanto che diventa pure sottofondo della pubblicità di un automobile con Linus e Nicola Savino. In mezzo si situa Onur Özer che va per suonare la malinconia turca di un seraglio antico e Bang & Olufsen allo stesso tempo e ottiene invece soltanto una scena alla Ozpetek, paragone che avrebbe senso se solo mi fossi convinto a vedere una volta un film di Ozpetek. Risultato? Se riesci a girare un film che fa piangere i maschi a partire dall’orrore del ‘tu che dirigi un film basato su un testo che hai scritto su te stesso”, da Shia Lebouf e da una manciata di banali canzoni contestualizzanti, non è soltanto perché a un certo punto spunta Eric Roberts e noi tiriamo fuori la trombetta da hooligans e la consumiamo tutta sul suo sorriso sornione mentre cerchiamo di spiegare la nostra piccolezza. È perché, fortunatamente ancora un’altra volta, qualcuno racconta storie altrimenti trascurabili rendendocele importanti e nostre.
Seraglio - Onur Özer
Baker Street - Gerry Rafferty
Baker Street - Gerry Rafferty
4 commenti:
voglio anche io le droghe che prendi te
pero': Meno parli di te stesso, più gli altri si interessano. Più sei in fuga da te stesso, meno difficoltà trovi a raccontarti.
e' molto vero
a.
it' all gone Enrico Ghezzi
...accidenti...
@a.: se vuoi debuggare del banale e malefico c++ ti preparo un account sul nostro cvs
@la scarpa: c'ho tante magliette bianche di casa come EG
@domeatape!: doppio accidenti, triplo!
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