20.2.08

Avevamo un conto in sospeso (e forse ce lo abbiamo ancora)

Avevamo un conto in sospeso. Quel venerdì sera di metà Agosto a Stoccolma i Black Devil Disco Club suonavano dal vivo e invece altrove tu tenevi interminabilmente a mezza altezza la tua unica birra omaggio, mentre ascoltavi zitto i tuoi amici stranieri. Per ore. Io scoprivo che in Svezia, a differenza che in Italia, puoi vedere in trasparenza attraverso un bicchiere di vino rosso. Per ingannare il tempo in attesa del tuo dj set passavo da una Jimmy sulla pista principale alla Rozzalla (‘Faith in the power of LOVE’) nella sala revival-non-siamo-svedesi-per-caso. Condivo il tutto con un hamburguesa (il bello delle discoteche svedesi estive) e con una Nastro Azzurro (‘Sì, ma avete una birra appena un po’ più forte?! Yeah, Nastroh Azzouroh’). La tua birra era ancora a mezz’altezza. Tu hai messo sei pezzi in croce. SEI ES DRUM. Sei pezzi che tu avevi utilizzato nei tuoi dischi, ma sei dannatissimi pezzi. Sei andato a mettere i dischi con una custodia da dieci, cazzo. Poi hai pure avuto il coraggio di andartene via su un taxi nero. You killed the party again, Goddam. Goddam.



Avevamo un conto in sospeso. Dovevamo eiaculare il nostro amore per Arthur Russell, a Ferragosto. Anteprima del documentario, anteprima dell’EP. Tu, Victoria Bergsman, Verity Sussman e Joel Gibb. Io non avevo capito i manifesti e non volevo chiedere. La tua bassista mi dava lo zucchero filato. I due cantavano i pezzi di Arthur da soli, due o tre pezzi degli Hidden Cameras, due pezzi delle Electralane. Due volte You Can Make Me Feel Better. Poi mi hanno spiegato del rimborso. Il volo decollava prima. Il giorno dopo, quando chiedevo anticipatamente il rimborso per un questione di principio, tu attraversavi la Kulturhuset con un bustone blu dell’Ikea e non sembravi malato. Cosa ci tenevi dentro, l’attrezzatura per lo zucchero filato?



Avevamo un conto in sospeso (e forse ce lo abbiamo ancora). Soprattutto ora che non siamo in vacanza, tu ripeti la solita storia che tra un po’ (dopo la fine del concerto) ci canterai il resto, ed è l’una e fuori fanno due gradi sotto zero. Avevamo un conto in sospeso, ma io domani lavoro e non ho voglia di raccontarti tutto e torno a casa. La casa dell’Azienda. Goddam. Goddam.



P.S.: mille grazie ai LeGo mY eGo: Niobe di Caribou è da sogno per introdurre un concerto. Purtroppo quelli sono andati per le lunghe. Forse anche Strange Things Will Happen avrebbe avuto il suo senso. Sui Magnetic Fields ho capito che bisognava attendere. Subito dopo mi hanno esclamato nelle orecchie “I Postal Service!!!”, ma cazzo, dovevate urlarmi prima “Caribou!”. Invece si è iniziato con i Books più Prefuse ’73 (a meno che non mi sia confuso). Caribou, Caribou, Caribou. Goddam, Goddam.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie a te, per noi è un sogno che qualcuno stia attento alle nostre selezioni.
Niobe in effetti andava dilatata a 20 minuti. Goddam, Goddam.