20.2.08

E non se ne possono restare

Una delle cose che ho sempre invidiato ad altri che come me provano a raccontare il piacere di ascoltare uno che mette i dischi è l’esperienza della durata infinita. Quei set che iniziano alle tre e finiscono alle nove di mattina, che sono discorsi che non basta un mp3 a raccontarli. Stava per succedere venerdì scorso e non a Milano con il coincidente Villalobos, ma a Torino con Solomun. Su un’intelaiatura di techno non troppo pippotica e mai fredda o cattiva, il bosniaco spargeva ogni tanto sprazzi melodici come il C#1 Movement Remix di Tides di Beanfield o il bootleg della chiacchieratissima Enfants (celo, ma Sei Es Drum rischia alla nascita di configurarsi come l’etichetta dei tools di Ricardo). Soprattutto si adoperava con fare da dj e non come un produttore che spende a questo modo la sua fama. Per farla breve, dopo le consuete due ore di set Solomun si concedeva una ventina di minuti di pausa per poi riprendere in mano la pista che non si era svuotata. Già pregustavo il sole sul Po, quando dopo una risicata mezzora una mano infausta abbassava il volume e i BPM. Se non altro avevo avuto il tempo di gustare su un impianto appropriato, il gusto pizzicagnolo di Solomun, hommo capace di vestire la maglietta del mercato sulla canottiera del mercato. [Collane d’oro not included]


Feuervogel - Solomun And Stimmung

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