"Devi fare la guerra dei bottoni" [
Futuro - Orietta Berti]
Ore ventuno e ventinove (ci tengono). I cancelli sono chiusi e noi entriamo per primi perché non ho idea se per i Fuck Buttons allo Spazio 211 ci sarà il pienone (no prevendità, io vivo fuori dal mondo e confondevo la gente fuori dal Covo per gli XX con la gente fuori dal Locomotiv per gli FB). Invece c’è solo un tipo e due tossici che chiedono quale sia il numero civico in cui si trovano.
Prendo una rossa Moretti e chiacchiero. Sono stato altre due volte qui e in teoria so dove sta il palchetto dei dj ma lo dimentico. Così quando ci chiediamo dove sta il palchetto del dj mentre inizia il preserata (dopo aver commentato il look tokyohotellico degli Horrors, la studiata mancanza delle All Star nel poster dei Perturbazione e il foglio stampato con la stampante del live di Buzz Aldrin più djset di These New Puritans ed Ipso Facto) alziamo gli occhi e ci accorgiamo di avercelo sopra la testa. Vaghe Stelle, a differenza del preserata di Shackleton, opta per una via trasognata tribal drogapulco (noi italiani dovremmo pure inventare nostri termini per il pop hypnagogico).
Per gli australiani trapiantati in Europa HTRK non ci schiodiamo. Con tutta la pubblicità negativa che li precede è assai se degnamo i primi due pezzi di ascolto non distratto. Cold post punk noioso con tipa sfattona che pesta sul tamburo dei Fuck Buttons. Sfugge il senso e butto per terra in segno di protesta la seconda rossa Moretti. Accorre subito dopo qualcuno a pulire il pavimento, tipo quando sminchi un nigiri sul tavolo al giapponese. Alla fine dell’ultimo pezzo ci spostiamo in prima fila davanti al palco (non pienone ma abbastanza affollato).
Il posto in cui stare è di cruciale importanza. Centro in modo da raccogliere tutta la potenza sonora (concetto brevettato con i Mogwai al Rainbow nel 2004) o prima fila per vedere i bottoni che premono e preservarsi minimamente dall’assalto. Prima fila fu. Prima fila di quelle che ti toccano i commenti dell’hipster insopportabile prima che inizino (“Meno cassa, più drono”. Cazzo, vai a raccogliere pomodori invece di esprimerti in questo modo). Tra i tanti oggetti vedo che tra le pianole ne hanno una come la mia. I Fuck Buttons evitano accuratamente di sembrare un gruppo elettronico che usa il software dal vivo e allora si moltiplicano le minipianole e i bottoni (e scherzano, premono il bottone del sample vocale di
Surf Solar mentre va ancora l’intermezzoset). Poi
Surf Solar parte per davvero e non riesci a non pensare che inizino da zero con una botta simile senza costruirla con una roba intermedia. Siamo qui e ora. Il live ha il sapore di un treno inesorabile screziato solo in due punti dalle urla nel microfono Fisher Price di
Colours Move e
Bright Tomorrow (c’aveva la cassa anch’essa, tipo del drono, neh). Il resto è
Tarot Sport e la sua discoteca per chi non va in discoteca, con i giri melodici che vedi in tutto il loro essere elementare su meno di un’ottava (quattro tasti che puoi fare sulla pianolina a batteria che ti regalavano per natale a otto anni), l’accumulazione continua delle erre e i crescendo di tutto stratificato e organizzato. Le prime file ballano, non so dietro. Dal vivo il tutto è meno organizzato (bene, suona vero, fichissimo quando
Flight Of The Feathered Serpent parte con i suoni tutti sfasati rispetto alla versione originale), epperò sembra finire troppo presto, quei due-tre minuti in meno di quanto ti eri abituato. Un po’ come la fine, quando ti aspetti l’ovvio bis di
Sweet Love e invece il pubblico torinese non riesce a tirarli fuori (i !!! senza Giuliani li ho elaborati data la loro serataccia, questo meno).
Non c’è niente da fare, non sono più abituato alla durata dei concerti, ma questo è un problema di tempo e non di luoghi.
Bright Tomorrow - Fuck Buttons