Er Più (Storia De Voci E De Cortelli)
Non si può parlare di ritorno all’uso delle voci. Molta dell’indietronica giocava sul fattore umano dato dalle corde vocali. Forse non si può parlare nemmeno di creatività, visto che in gioco ritornano componenti quali la teatralità o la meccanizzazione, già ampiamente sfruttate in passato. Credo che sia il modo a tratti inquietante con cui queste componenti sono state mischiate. Non amo alla follia The Knife, ma mi interrogo su di loro per i consensi che mietono ovunque e tra insospettabili. E alla fine come in un labirinto mi ritrovo sempre allo stesso punto: l’orrore proto-tecnologico della soffitta dei nonni. Macchine da cucire elettro-meccaniche ricoperte di ragnatele, bambole guercie capaci di parlare senza batterie e piccoli mangiadischi arancioni, capaci di mangiare anche te. Un magnetismo oscuro che nasce fumetto e per caso si trova in sintonia con lo spirito sonoro degli ultimi tempi, diventando oggetto trasversale capace di far colpo tanto sul cantautorato acustico, quanto sui dj più alla moda del momento. Siccome però sapete tutto su The Knife, la “Storia De Voci E De Cortelli” partirà per la tangente per ritornare solo alla fine sull’argomento.
Jim Noir è un cantautore inglese dedito alla manifattura di piccoli bozzetti di pop psichedelico, con molte allusioni ai Beatles e Brian Wilson. My Patch sembra il racconto ai genitori via telefono delle prime vacanze al mare da solo, con il rumore di fondo del juke-box del baretto che manda i classici dei Beach Boys. La voce è in linea con il cantato debole attuale alla Hot Chip e guarda caso gli Hot Chip sono stati chiamati per un remix che clippa la voce come se la rete wi-fi della spiaggia fosse improvvisamente vittima di una tempesta solare. La video telefonata si inceppa, senti versare un’aranciata, ma i fotogrammi si alternano sempre uguali. Il giovane turista di Manchester alle Baleari preme un tasto sul jukebox a mp3: sente ancora la chitarra, ma la voce è ormai corrotta nei suoi bit più intimi.
My Patch – Jim Noir
My Patch (Hot Chip Remix) – Jim Noir
Quella chitarra mi fa ripensare a un’altra chitarra, quella infinita di Aranda degli Egoexpress, pezzo di pop sint-acustico crauto. In Aranda una voce ripete “A life, a room, a street, a house”, in maniera cadenzata come a rendere una sensazione di spazio. Il Lawrence Remix cambia l’ordine dei fattori e lo riporta all’originale come una pulsazione cardiaca. Se il pezzo di partenza tirava fuori una persona ripiegata su se stessa, il remix rende una dinamica più simile alla successione di momenti rannicchiati in un angolo a momenti in strade affollate. La voce non abdica mai allo strumento.
Aranda – Egoexpress
Aranda (Lawrence Mix) – Egoexpress
Nel disco di The Juan Maclean c’è un pezzo che si chiama Love Is In The Air dove la voce sintetica parla di amore. Caro ne tira fuori un Heart Of The Sun Remix dolcemente etereo, ma il vero punto a suo favore è la seconda metà, dove una chitarra elettrica sepolta sotto coltri di effetti e ri-sintetizzata copula con la voce sintetica sotto lenzuola di fibra di vetro. Sessuotronico.
Love Is In The Air (Heart Of The Sun Mix by Caro) – The Juan Maclean
Qui si fa servizio pubblico. Non si trascura infatti che le piumate squow (augh) Bat For Lashes possano suscitare qualche brivido nel pubblico hippie-chic. Quello che non gira è proprio l’uso banale delle voci. Puoi anche rischiare l’anonimato melodico su una canzone che nel titolo rimanda ai tempi d’oro di Marina Lothar, ma almeno evita la piattezza da cantautrice folk fine anni Novanta, cribbio.
Horse And I – Bat For Lashes
Con un gustoso gioco di parole pare che la scena della musica che più ascoltiamo recentemente si chiamerà Neu-Rave. Adesso il gioco è farci entrare dentro quante più band possibili al grido di “non c’entrano niente, ma quella sirena…” o “il loro funk è davvero matematico tra il primo e il secondo minuto di quell’extended da tredici e quaranta”. Vi ho nominato spesso gli assennati Fujiya & Miyagi, una via di mezzo tra gli Who Made Who e il kraut, che dal punto di vista vocale esternano tutto il loro senno con sussurri che per iterazione diventano frenesia. Dalla Svezia ancora arriva invece Dibaba che in Don’t Forget You Were Saved In Dada Land confonde con effetto impressionista: è difficile infatti capire se le voci sono distorte o se l’effetto è ottenuto da un sintetizzatore in parallelo. Imogen Heap invece si presta ai Temposhark per il Metronomy Mix di Not That Big per un altro gioco che va tanto per adesso: è la voce di uno, dell’altra o dei due incrociati?
Collarbone – Fujiya & Miyagi
Don’t Forget You Were Saved In Dada Land – Dibaba
Not That Big (Metronomy Mix) – Temposhark feat. Imogen Heap
Non mi sento ancora di annetterli al Neu-Rave, ma la prima anticipazione dei nuovi Giardini di Mirò è interessante per come resiste alla tentazione di fondere repertorio passato e indietronica, optando in favore di qualcosa più contemporaneo, sognante ma non evanescente. Che si possano persino ballare in futuro tra l’Erol Alkan che remixa gli Hotchippi e il pezzo successivo di Alex Smoke? (Si ringrazia enver per l’emmepitre)
Othello – Giardini Di Mirò
Abbiamo quasi finito. È il momento dell’epico pathos. Never Want To See You Again di Alex Smoke è una canzone triste come lascia intendere sottilmente il titolo. Alex Smoke ha una voce piena, fumosa (pardon), di quelle che potrebbero andare bene in un buon pezzo degli ultimi Massive Attack. Eppure sembra che qualcosa non torni, che la voce sia leggermente rallentata o abbassata di tono, senza che questa perda in naturalezza. Non viene mai in mente un bit nel suo dark blues sconsolato, solo pura inquietudine umana. Intorno il malinconico remix di Ada non concede speranza nemmeno sul finale.
Never Want To See You Again (Ada Remix) – Alex Smoke
Torniamo a The Knife. Nel Trentemøller Mix di We Share Our Mother’s Health più o meno a metà arriva la voce bassa e oscura, inquietante e animalesca. Si ripete salendo di tono fino a che la voce non diventa quella della cantante. Il trucco viene svelato e con lui se ne va parte dell’inquietudine collegata. Adesso possiamo dormire sonni tranquilli, sotto la soffitta.
We Share Our Mother’s Health (Trentemøller Mix) – The Knife
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