Asobi Seksu vuol dire sesso giocoso. Cominciamo con uno slogan tautologico. L’ascolto di
Citrus provoca al sottoscritto fremiti di nippo-gaze-ploitation che lo rendono felice quanto Tarantino davanti ad un horror alla Miike in-the-ghetto. Con la differenza che il j-pop e lo shoegaze hanno una contiguità non ascrivibile al solo fatto che circa il 60% della produzione della musica shoegaze sia catalogabile come edizione speciale limitata per il Giappone. Sia il pop delle aidoru che la musica dei guardascarpe hanno in comune un’eterea distanza, virginea e di arcopal nel primo caso, fuggitiva e post-elettrica nel secondo. Sono generi che vivono di alienazione, di rimozione della corporeità, l’uno nelle voci esili e nell’immaginario adolescenziale, l’altro nelle chitarre effettate e sovrapposte fino a diventare carezzevoli anche quando graffiano e sovrastano le voci distanti. Gli Asobi Seksu, newyorkesi con cantante di origine giapponese, accoppiano giocosamente in
Citrus i due stilemi, puntando ora sulle somiglianze, ora sugli scarti espressivi. Ne vengono fuori così ballate dal classico ritmo incatenato con voci mielose a mandorla in evidenza che solo nel ritornello si fanno riverberate prima che parta una coda a metà tra il finale retro-sixty e il deliquio del pedale (
Strawberries) e cavalcate elettriche con intermezzi confidenziali che si infrangono contro faraglioni di distorsioni (
New Years). Poster di Karen O appesi su carte da parati che ciclano sui muri copertine senzamore e gemelle (
Thursday,
Lions And Tigers), un pizzico di indie-nosauri (
Pink Cloud Tracing Paper e
Goodbye), sirene elizabettiane che si tuffano lente nel
mare rosso sbattendo la testa contro una barriera corallina di chitarre, gomma da masticare finita sotto le scarpe (
Nefi+Girly,
Mizu Asobi). Se i Raveonettes avevano spaesato lo shoegaze tra i giubbotti di pelle del garage rock o tra le gonne a palloncino delle voci di Phil Spector e della provincia americana degli anni Cinquanta, gli Asobi Seksu lo situano in un immaginario artificale che ha riempito una tabula rasa con detriti pop occidentali e smack e sgrang onomatopeici. Disco ludico, di generi per il gusto del genere, super-fluo ed evasivo. Proprio come il paradiso, con tanto sesso giocoso.
Mizu Asobi - Asobi SeksuThursday - Asobi SeksuE visto che siamo in tema sessuale, continuiamo. Per esempio con il Trentemøller Remix di
Sodom dei Pet Shop Boys. Ora Trentino si sarà anche imborghesito e avrà messo le pernacchiette a lui tanto care in secondo piano rispetto a variazioni tonali e ruffianerie anni Ottanta, ma qui lo si apprezza perché ricorre al mio trucco preferito che crea l’atmosfera come il famoso brandy: intermezzo con chitarrona in evidenza e minaccia di orgasmo per viulini, violoncelle, vocette e appunto pernacchiette, di quelli che si mulinano le braccia in aria in pose fluide e plastiche. Poi quando sta per scoppiare, prende un sacchetto di plastica e lo stringe attorno alla testa di Neil Tennant per un’eiaculazione di tecno soffocata, che soddisfa più lui che noi. Intanto, scoprendolo dai remix, mi sa che prima o poi sarà necessario recuperare
Fundamental.
Sodom (Trentemøller Remix) - Pet Shop BoysIn tema di torrida sessualità,
Disco 2 Break di The MFA è uno sguardo squilibrato e insieme tenero, una sorta di preliminare ruvido, tossico e malinconico che si esaurisce in sé, nella completezza di non essere seguito dall’atto. Peccato per la voce che blatera di disco e break.
Disco 2 Break - The MFATornando indietro nel tempo di Carl Craig c’è un pezzo che parte da un campionamento dei Goblin per Dario Argento e diventa un embrione dei più fumosi Boards Of Canada.
Suspiria è del 1997 ed è il simbolo della generazione come ciclo, della sessualità come ripetizione che genera esseri, sensazioni o forse solo illusioni.
Suspiria - Carl CraigMa ricordiamoci che il sesso serve per far nascere i bambini
punk-funk neu-rave. Another pill in the wallet.
Somebody’s Property - Mash
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