7.6.07

Slave to the rhythm (ma più to the pop)

L’incontro con la padrona di casa, una passeggiata alla spiaggia e un pranzo insoddisfacente fanno saltare la scelta tra Kimya Dawson e i 6PM. L’ultimo giorno comincia così con Shannon Wright. Shannon Wright sarà una così cara ragazza, ma le sette di mattina con cui ho terminato la giornata precedente rendono il mio cuore di pietra e tutto quello che combina mi provoca fastidio. Oltretutto sculetta quasi quanto la tipa dei Bonde do Role su alcune nenie tristanzuole appiattite da una chitarra elettrica effettata sempre uguale a se stessa. La bella voce a volte mi rimanda ai Mazzy Star, ma il pensiero ricorrente è che PJ Harvey abbia fatto del male a tante ragazze. Usciamo così verso il sole, il caldo, il palco col mare a lato e gli Apples In Stereo. Un concerto bello, melodico e fresco come mi attendevo. Sul palco sembrano bambinoni di mezza età e io amo tantissimo chi scrive canzoni radio-friendly come le loro anche se in radio probabilmente non le passeranno mai.


Sul palco principale i modaiolissimi Long Blondes. Cioè, io mica mi ero mai accorto che il loro batterista era Simone Cristicchi?! Comunque passo il tempo a scattare foto su foto, tutte uguali tra di loro. Tanta immagine, un pizzico di arguzia a stemperare l’aria da divertissement in costume. Se non fossero così impomatati sarebbero assimilabili a un bel cartone di fish’n’chips o alla sua negazione. Eppure manca loro quel qualcosa che li faccia andare oltre l’aura da fenomeno passeggero.


Chiudiamo la pregevole escursione pop con gli Architetti a Helsinki. Meno di quanti mi aspettavo sul palco, eseguono gran parte del nuovo disco svelando piacevoli risvolti electroidi. Si canta, si balla, nanana, papapa, etcetc. Ritmo frenetico, stop, ritmo frenetico. Pubblico con il sorriso stampato sulla faccia, coinvolgimento alle stelle, scambi vorticosi di strumenti. Una tizia a fine concerto urla “Please come to Canada”. A confronto mi sono vergognato e non ho urlato loro “Please come to Bari”.


Cena con Patti cover girl Smith e poi diretti verso i The Good The Bad And Zulù dei 99 Posse. Il supergruppo ha le violiniste e un tendone dietro che proietta un’immagine di decadenza vittoriana sui palazzi con le parabole in cima. Il più fico di tutti è il batterista Tony Allen che tocca la batteria in istanti che non ti aspetti e con quelli ci crea un ritmo che non avevi mai sentito prima. E poi è l’antitesi del batterista spaccone, una gran lezione di stile e di capacità musicale insomma. Damon Albarn è contento del giocattolo, di quando Simonon gli punta addosso il basso e così via. Simonon è Simonon, e più non dimandare. I loro bassi volumi risentono del fuoco di fila degli altri palchi (Isis e Lisabö, in pratica un esorcismo doom hardcore verso cui Albarn impone i due indici a forma di croce. Non è escluso anche un ruolo del più lontano dj set tamarro degli Shitdisco). Tutto molto bello, anche se il concerto nella sua interezza risente della prescindibilità del disco da super-gruppo. Poi non ho capito perché alla fine sia salito sul palco un grassone con la kefiah che ha rappato sul pezzo conclusivo (ma c’è anche su disco?).


Sul palco principale cominciano i Sonic Youth play Daydream Nation e il mio giudizio è bilanciato tra il fatto che fosse la mia prima volta con loro e quello che DN non sia esattamente il mio loro preferito. Molta curiosità, il rammarico di vederli così tanto tempo dopo, eppure un’impressione ottima che li allontana dal pericoloso campo della mostrosacraggine imperante al festival. Nei dintorni si aggirano poi molti degli artisti in libera uscita, da pezzi degli Architecture in Helsinki fino ad Erol Alkan. Non resto fino alla fine però perché mi muovo verso il palco Vice dove partirà il mio segmento techno di festival.

La gente è ancora più inquietante del giorno prima. A parte che avevo visto qualcuno che si lavava i denti con la polvere bianca solo nei film, ma incrocio delle tizie con le corna rosse a brillantini che celebrano un addio al nubilato, dei sessantenni e i consueti punkabbestia tanto amanti della techno (seee…). Comincia Luomo. Su disco Luomo non mi dispiaceva. Dal vivo mi rendo conto di quanto sia gonfiato: gira solo manopole di riverbero, non accenna a legare i pezzi, mantiene il set sul binario costante della palla fastidiosa. Fortuna che duri quaranta minuti. Di seguito Nathan Fake comincia con Stops (eheh). Nathan Fake purtroppo non suona i pezzi del disco, ma della techno plink plonk che nei migliori casi rimanda a Holden e nei peggiori al fratello scemo di Aphex Twin. Se ciò non bastasse a deludermi, quando inizio a ballare ammazza il ritmo intersecando Grandfathered (che avrei anche atteso, ma cavolo, perché lì? Cos’è un dj set o un coitus interruptus?) o Falmer. Anche lui finisce presto e in fondo provo un po’ di pena per questi poveri dj costretti a un minutaggio infame e all’impossibilità di creare una qualche atmosfera e/o di legarsi alla precedente. Si migliora un po’ con Dominik Eulberg. L’inizio è moscio e mi viene persino quasi voglia di andare a(gl)i Wilco, ma complice la distrazione dell’impossibile impresa di comprare il mio primo cocktail – bastava uscire dalla zona elettronica, a volte è bene avere a fianco qualcuno che ragiona più di te – rimango e fortunatamente vengono fuori i pezzi migliori da Heimische Gefilde e qualcuno dei singoli sparsi. Mi convinco che forse un festival indie non è esattamente il posto dove troverò un dj set di quattro ore di Villalobos e corriamo verso il momento fritto conclusivo.


Non avete idea della faccia che ho fatto quando ho scoperto che al camioncino dei churros vendevano anche la cioccolata calda. No, dico, la morte del churro è affogarlo dentro densissima cioccolata calda. La redbull gli fa ‘na pippa. E io per tre giorni mi sono privato di ciò?! Comunque il churro intinto nella cioccolata calda ha potenziato l’ascolto dell’ultimo concerto del festival, ovvero quello dei Battles. I Battles li avevo visti a Milano due anni fa e diciamo che mi hanno confermato l’idea che mi ero fatto allora: in concerto, come la cioccolata coi churros, amplificano l’opinione che vi eravate fatti su di loro su disco. Nel mio caso che siano la unz unz, o il punk funk per i politicamente corretti, degli Oompa Loompa. Atlas ha spaccato tutto. Atlas è stata suonata da Erol Alkan ma solo nella festa di chiusura della domenica, quando non c’ero.


Molti abbandonano ma la nostra conclusione è il dj set di Erol Alkan. Giubbotto di pelle uguale a quello sfoggiato a Londra e polo a righe, concede pochissimo al pubblico festivaliero. Electro dritta quasi techno, il cui picco di popolarità è rappresentato dal Simian Mobile Disco mix di Let’s Make Love And Listen Death From Above. La gente apprezza e intanto sorge il sole, punteggiato dal solito loop dei Devo a volumi insensati. Non manca il suo solito edit di Sweet Dreams e intanto arrivano a ballare i ragazzi dei camioncini del cibo, con i grembiuli tutti sporchi di senape e ketchup. Raggiungiamo il palco e assistiamo a un simpatico siparietto tra una ragazza inglese sboccatissima e un ligio addetto alla sicurezza con la faccia di Double U dietro le transenne. La chiusura è la stessa di Londra a Gennaio: solito remix di Herbert inframezzato da solito Yello che si trasforma nel suo solito remix dei Scissor Sisters su cui adagia i solit Opus 3 di Fine Day. Finché il plin plin sfuma e parte Today degli Smashing Pumpkins e la ricanto ad alta voce. L’eterno tramonto è diventato un’alba eterna e in fondo è bello e consolatorio quando il passato, anche quello che vogliamo dimenticare, non pesa sulle nostre spalle ma lo possiamo riporre comodamente in una custodia di dischi. Lontano dai nostri occhi e pronto per essere ripescato quando si vuole, senza esserne schiavi. Liberazione e schiavitù, in fondo, non esistono se non insieme.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

innanzitutto baci, abbracci e lodi per il bellissimo resoconto.

mi trovi d'accordo sulla tua valutazione del festival come il quasi trentenne a cui piace un po' di tutto. è vero che è stato un festival con poche sorprese. verissimo che il cartel poteva essere uguale l'anno scorso (a parte i gruppi con i dischi in uscita nel 2007).
però io penso di aver capito cosa me lo ha fatto apprezzare tanto. la "sostanza", direi. anch'io notato la quasi totale mancanza di indie-pop, ma a dirla tutta non mi è dispiaciuto affatto. sarà che di tanto in tanto, senza rendermene conto, mi ritrovo ad apprezzare assai le chitarre americane. sarà che sono cresciuta a botte di sonic youth e chitarre e batterie pestate e che pop per me è un sapore che ho iniziato ad apprezzare da pochissimo. di fatto, quando mi ritrovo davanti a un palco con le orecchie piene di chitarre rumorose mi sento felice.
e poi sono una che ha fatto 4 anni di benicassim e francamente ritrovarmi in un festival in città (e che città!) e riuscire a respirare e dormire in un letto è fantastico.

infine: sai cosa mi è piaciuto tanto? il fatto che il festival fosse frequentato da un bel po' di gente "adulta". ho visto tante coppie di cinquantenni con la pulsera dei tre giorni. un omino over 60 seduto a guardare i modest mouse e i low. una coppia over 50 in prima fila con noi sui band of horses. entusiasti. ecco. alla mia età queste sono cose che rendono felici. al mondo esiste ancora qualche festival per me. almeno per i prossimi venti anni.

due domande:
1. in due giorni ho letto l'espressione "cassa dritta" su almeno 5 post. mi spieghi cos'è? wikipedia non aiuta molto..
2. mi spieghi come fai a fare quelle foto? sembrano foto fatte da lontano, ma dall'alto, come se volassi (vedi bonde do role, ma anche smashing pumpkins. ma anche tutte, insomma) qual è il trucco?

Anonimo ha detto...

insomma qui non ci resta che organizzare il primo FIBB (Festivàl Internazzionàl d' Bbar) per ospitare gli ArchitectureInHelsinki... in apertura suonerà il nuovo segretissimo progetto di max, sottoscritto e commentatori baresi che vorranno aderire: gli Artistas Por Confirmar

Anonimo ha detto...

Ciao Max,qui Gae non vi ho ancora ringraziato x averci evitato la coda x i churros,ma ho letto tutto eh si al mio 4° PSF ho deciso che sarà l'ultimo x ora.La città fa la differenza!
A proposito la Bari Brigade sarà presnte nei boschi di Emmaboda,io purtroppo no arrivero la settimana dopo a Sthlm!
A proposito,giovedi 6 settembre Bonde Do Role-Bari area portuale terminal crociere!
E non dico altro!
E nel nostro contest Hanno vinto gli architetti come miglior live del festival seguiti dai Battles!

maxcar ha detto...

@ncp: grazie. vera la cosa dell'eta (e non fastidiosi come gli hippy inglesi cinquantenni scassapalle vicini di campeggio del mio unico benicassim).

cassa dritta = cassa (rullante credo in termine tecnico batteristico) in quattro quarti, spesso con battuta veloce. altro modo per indicare l'unz unz (come ad esempio in dashboard dei Modest Mouse, dove però è leggermente in levare)

per le foto, boh: alzo il braccio e cerco di mettere a fuoco ciò che c'è sul palco invece che la testa del tizio davanti :) . quelle degli smashing pumpkins sfruttano lo zoom digitale però

tomino: o annetterci al summercase

gae: sono sicuro che andrai anche al prossimo, su. chissà come il pubblico di passaggio prenderà i fini ammiccamenti dei BdR. benebene

Anonimo ha detto...

BoadillaBarcelonaBari... si, potrebbe avere un senso...

domeatape! ha detto...

al primavera quest'anno non ci sono andata, mi hanno detto che qui potevo trovare una indicazione su come "davvero era andata"... più di una indicazione, vissutissimo da leggere.

Anonimo ha detto...

welcome back e gran resoconto: ti rubo la citazione su nathan fake che mi ha fatto spisciare dalle risate.

sai se erol ha suonato qualche altra leccornia?

maxcar ha detto...

@domeatape: ma è stato la scarpa? (un blog pericolosamente frequentato da baresi...)

@hmc: eh, fa ride', ma io ero deluso, ancorché sapevo a quello a cui andavo incontro. sul set di erol non so. non frequento molto il genere della prima metà del suo set, che conteneva le cose più nuove. fidget house (switch e similia)? boh