Questo è il video di Run Wrake per Music For Babies di Howie B. E questo non è il solito post “E i FSOL ed Howie B non ci sono più”, anche perché pare che il 2009 sia l’anno del ritorno per i Future Sound Of London, col loro nome e con un alter ego cosmic disco (Amorphous Androgynous) che l’altro ieri è uscito con una doppia compilation che mette insieme Osibisa, Miles Davis, Devendrone Banhart, Can, Hawkwind, chipiùnehapiùnemetta e ben due pezzi fattapposta. Qui si parla di Run Wrake. Negli anni Novanta Run Wrake era l’artefice di quei video musicali animati che disturbavano unendo gli oggetti del quotidiano e un tratto netto e pop a collage sdruciti di pezzi di corpi, organi e vermicelli assortiti. Il tutto veniva condito con un gusto paranoico per la ripetizione, l’avanti e indietro e l’immagine ingoiata dall’immagine. Ha girato tutti i video di Howie B e due per i FSOL, ma aveva iniziato con i Gang Of Four. La vicinanza con Howie B si è tradotta in una collaborazione non esaltante ai visual dei concerti degli U2 (dal Popmart al Vertigo) e nei primi anni di questo decennio ha fatto da badante a residuati dei Novanta come Stereo MCs, Manu Chao, Charlatans e Asian Dub Foundation. Non essendo mai stato un grosso frequentatore dell’NME però mi era sfuggito che per dodici anni, dal 1988 al 2000, Run Wrake ha illustrato ogni mese una recensione col suo stile pop marcio e immaginifico. Sul suo sito presenta purtroppo soltanto una selezione di quei lavori ma i valentini senza cuore, i dischi che si fanno in quattro, i ganci hip hop e le canzoni nordiste del fanclub adolescenziale qui sotto fanno venire voglia di recuperare tutta la collezione.
26.11.08
25.11.08
Preferisco sempre il peggio
Forse per ripagarci del fatto che ancora rimpiangiamo la scomparsa dalle loro pagine di Stefano e che gran parte dei nuovi collaboratori parla di musica che in media mi annoia, a Vitaminic decidono di segnalare Efdemin nella playlist della colonna di destra e lanciano Pronti al Peggio, che è come una specie di televisione del sito per dirla come direbbe un Costanzo o un Pippebaudo. Se escludiamo il finto pestaggio di Pastore, l’inizio è di quelli che ci piace.
Nell’ultimo contributo parte Fossifigo, una rubrica dove si spiega senza troppe romanticherie e con giusto realismo, come i musicisti si mantengano in attesa di riconoscimento economico. Al di là del fatto che suonare negli Ex-Otago non dia da vivere, un applauso a Simone che ha mandato a fanculo il sistema della produzione artistica che pretende di farti lavorare (nel suo caso da grafico) senza pagare e ha preferito dei soldi veri a fine mese da autista di pullman.
Grande invidia poi per l’inaugurazione live con i Casino Royale in salotto. A me il video di La soprà qualcuno ti ama non faceva che dire (No) Protection meets Milano For Zombies in reverse.
Nell’ultimo contributo parte Fossifigo, una rubrica dove si spiega senza troppe romanticherie e con giusto realismo, come i musicisti si mantengano in attesa di riconoscimento economico. Al di là del fatto che suonare negli Ex-Otago non dia da vivere, un applauso a Simone che ha mandato a fanculo il sistema della produzione artistica che pretende di farti lavorare (nel suo caso da grafico) senza pagare e ha preferito dei soldi veri a fine mese da autista di pullman.
Grande invidia poi per l’inaugurazione live con i Casino Royale in salotto. A me il video di La soprà qualcuno ti ama non faceva che dire (No) Protection meets Milano For Zombies in reverse.
24.11.08
Dai potere alla manopola
20.11.08
La centrale delle luci (rosse) elettriche
Clubbing, probably. Checking out the techno places [J.C.]
La passione per la musica ti porta un po’ dappertutto e dopo gli spazi riappropriati con le KK, i luoghi del post-industriale, le discoteche fighette, i pub della provincia, gli auditorium delle fondazioni, non potevi che finire lì. Tra le puttane. Possiamo chiamarle signorine con tatto leggero, possiamo usare la freddezza da teorico di marketing del termine eros center, possiamo esercitare i nostri aggettivi su quei neon e sui boombox che ancora non si sono fatti sostituire dagli ipod, ma la verità sta nelle facce di chi sta dall’altra parte del vetro,da qualunque altra parte del vetro si stia. Il Café D’Anvers è lì in mezzo, circondato da vibratori reggicalze fucsia pelle e tutto il resto. Le grosse catene che sostengono i sedili sono memoria del porto vecchio, le alte mura ricordano chissà quali merci depositate in tempi andati. All’estetica del casino si allude solo in un salottino fatto di vecchi divani di velluto, ma per il resto il pavimento con le luci colorate e lampeggianti, la macchina per il fumo e la gigantesca pallaspecchio richiamano alla mente più che altro gli ultimi giorni della discomusic, o anche le discoteche di provincia per liceali in gita degli anni Novanta. Con tanto di ventenni (pochi) che sembrano liceali in gita in una discoteca di provincia.
Andrew Weatherall sbadiglia già prima di prendere posto. Per circa un’ora e mezza martella con una tribal tech minimale scarna, e me lo aspettavo, ma senza bassi e sintetizzatori. Solo pestoni piatti e duri su enormi blocchi di marmo e un utilizzo rarissimo di riverberi. Mentre la pista si svuota incurante, più per l’orario che per il fastidio o la noia che invece provo io, penso che questo sguardo fisso e catatonico, ormai privo pure della disperazione, sia molto inglese. Un passo oltre le noie RadioSlaviane. Un gruppo di signorine entra con lo sguardo di chi ha appena finito il turno, ma scappa via presto. Forse ormai il posto giusto per sentirlo sono quei pub dei sobborghi con le serate in libertà o il podcast del Golf Club dei Brocchi in cui be-bop, rockabilly, indie, shoegaze dub si mischiano come 45 giri sentiti sul giradischi portatile dei tuoi a casa del nonno. Prostituzione senza giustificazione. Annoiato non resisto fino alla fine e decido per la via del ritorno. Sei triste, and you too will learn to live the lie.
La passione per la musica ti porta un po’ dappertutto e dopo gli spazi riappropriati con le KK, i luoghi del post-industriale, le discoteche fighette, i pub della provincia, gli auditorium delle fondazioni, non potevi che finire lì. Tra le puttane. Possiamo chiamarle signorine con tatto leggero, possiamo usare la freddezza da teorico di marketing del termine eros center, possiamo esercitare i nostri aggettivi su quei neon e sui boombox che ancora non si sono fatti sostituire dagli ipod, ma la verità sta nelle facce di chi sta dall’altra parte del vetro,da qualunque altra parte del vetro si stia. Il Café D’Anvers è lì in mezzo, circondato da vibratori reggicalze fucsia pelle e tutto il resto. Le grosse catene che sostengono i sedili sono memoria del porto vecchio, le alte mura ricordano chissà quali merci depositate in tempi andati. All’estetica del casino si allude solo in un salottino fatto di vecchi divani di velluto, ma per il resto il pavimento con le luci colorate e lampeggianti, la macchina per il fumo e la gigantesca pallaspecchio richiamano alla mente più che altro gli ultimi giorni della discomusic, o anche le discoteche di provincia per liceali in gita degli anni Novanta. Con tanto di ventenni (pochi) che sembrano liceali in gita in una discoteca di provincia.
Andrew Weatherall sbadiglia già prima di prendere posto. Per circa un’ora e mezza martella con una tribal tech minimale scarna, e me lo aspettavo, ma senza bassi e sintetizzatori. Solo pestoni piatti e duri su enormi blocchi di marmo e un utilizzo rarissimo di riverberi. Mentre la pista si svuota incurante, più per l’orario che per il fastidio o la noia che invece provo io, penso che questo sguardo fisso e catatonico, ormai privo pure della disperazione, sia molto inglese. Un passo oltre le noie RadioSlaviane. Un gruppo di signorine entra con lo sguardo di chi ha appena finito il turno, ma scappa via presto. Forse ormai il posto giusto per sentirlo sono quei pub dei sobborghi con le serate in libertà o il podcast del Golf Club dei Brocchi in cui be-bop, rockabilly, indie, shoegaze dub si mischiano come 45 giri sentiti sul giradischi portatile dei tuoi a casa del nonno. Prostituzione senza giustificazione. Annoiato non resisto fino alla fine e decido per la via del ritorno. Sei triste, and you too will learn to live the lie.
Crazy Place (Original Mix) - Dave Aju
Etichette:
anni che passano,
anninovanta,
beghe personali,
colori acidi,
dj set,
it's about funk,
mp3,
pictures,
this house is not a motel,
vorrei ma ancora non posso
12.11.08
Ex-Pylon
Etichette:
impresenzialismi,
legna in testa,
mp3,
techno
11.11.08
Giovani, carini e con il ritmo nel sangue
Si è da poco discusso di preach-a-pella (=voce declamatoria quasi da predicatore su musica elettronica fica) e da poco l’elezione del nuovo presidente americano ha fornito un discorso che sembra fatto apposta per essere messo in musica. Il discorso di Obama è così musicale nella ritmica e nell’evoluzione che non ha bisogno di essere manipolato, è già mixtape (è rap direbbe Luzzato Fegiz). Ha già dentro di sé l’house, l’Africa, le armoniche redneck e la festa. Devi soltanto ascoltarle bene e ballare con Ann Nixon Cooper.
It’s The Answer Mixtape – maxcar (ALT)
I Need A Life (Four Tet vs maxcar Bending The Arc Of History Version) – Born Ruffians
I Exist Because Of You (Heinrik Schwarz vs maxcar Brick By Brick Live Version) - Heinrik Schwarz and Amapondo
Kiss You On The Cheek (King Of Town vs Maxcar I Want To Kiss Ann Nixon Cooper On The Cheek Version) – Desmond And The Tutus
I Need A Life (Four Tet vs maxcar Bending The Arc Of History Version) – Born Ruffians
I Exist Because Of You (Heinrik Schwarz vs maxcar Brick By Brick Live Version) - Heinrik Schwarz and Amapondo
Kiss You On The Cheek (King Of Town vs Maxcar I Want To Kiss Ann Nixon Cooper On The Cheek Version) – Desmond And The Tutus
6.11.08
Hallelujah
Forse dovremmo prendere in considerazione l’idea che Obama possieda poteri taumaturgici. Ero ancora sconsolato del fatto di aver spostato il mio weekend lungo in Belgio, dalla settimana di Bengodi a quella di Calecchie. Ero annoiato dal programma di I Love Techno (e comunque è già sold out). Mi sono reso conto ascoltando ieri sera la compila Cosmic Balearic Beats che tutte le volte che negli ultimi tempi mi sono convinto a una serata da club, stavamo da quelle parti e rifuggevo le estremità techno e minimal. Soprattutto, da settembre a questa parte mi sono intrippato di acid house e della remixografia completa di Mister Andrew Weatherall. Mi sono persino fatto una versione personale di Pop Porno sopra la sua Feathers. Così ieri per festeggiare Obama, scelgo la visione in musica del futuro. E cosa scopro oggi? Scopro che venerdì prossimo al Café D’Anvers mi attenderà il dj set di Mister Andrew Weatherall. Hallelujah.
Hallelujah (Andrew Weatherall Club Mix) - Happy Mondays
Etichette:
ammmore,
dj set,
dub,
electronica,
mp3,
poppe,
remix,
spostati,
this house is not a motel,
venerazione
5.11.08
The name of the game is power
Rompo il silenzio scaramantico per un po' di festa. Le foto di Callie Shell del prima sono molto belle, lo han detto tutti. Spero che ne abbia fatta qualcuna anche stanotte. Ma ora, facciamo Baracka, ahah.
Come Together (Andy Weatherall Mix) - Primal Scream
2bita sempre di chi ascolta la tua stessa roba (e ha le tue stesse perversioni)
Non scrivi quasi più e in una delle poche occasioni discuti di Sasha? Insomma poi, hai sempre cercato di mantenere un certo livello, sarebbe come se Wire discutesse di Tony Braxton (come, Tony ed Anthony non sono la stessa persona?). Comunque, Sasha ha dato alle stampe Invol2ver (Involtuver? In Volver? InvolT9r?), che per i fan di Sasha e della progressive-house è come se per i fan dei Nirvana i Nirvana con buonanima Cobain vivo avessero fatto NeverTooMind. Oddio non proprio lo stesso, io sarei stato contro anche *a quello*. Per farla breve, un mammasantissima del “Su co’ ste mani”, dopo quattro anni e con grande strepito caccia fuori il seguito di una compilation che tra i prog-talebani è una pietra miliare. Già allora tirava in mezzo UNKLE ed Ulrich Schnauss, ma oggi va oltre. Ormai il suo immaginario è il nostro immaginario. Scorri la lista dei nomi e vedi, uno dietro l’altro insieme a minori come Engineers o Home Video della Warp, Telefon Tel Aviv, Ray LaMontagne, Apparat, Girls In Hawaii nei bonus, Ladytron. Gli M83?! Thom Yorke... Sì, Thom Yorke. Immaginate un djset con una tripletta di Ladytron mixati con M83 e di seguito Thom Yorke. Già sarebbe troppo, ma vedi pure Rone, quello di Bora su InFiné. Pensi davvero di schiattare. Ovviamente non si tratta di originali, sono sue riletture ultra-plasticose su-falsopiano-ancorapiusu, ora aggravate da un utilizzo elementare e rassicurante di Ableton e da un flusso fastidiosamente enfatico e lineare come ama il genere. Pensi di schiattare, ma arriva il momento in cui Sasha sul giro di sintetizzatori di Couleurs di M83 schiaffa un Thom Yorke Eraserhead privato di tutte le sue turbe e ansie e problematiche, quasi sorridente gnégné: sulla carta avresti voluto farlo tu, ma ci stai male, è eccessivo, è violenza. Non si sevizia, così, un paperino. Per il resto tanta noia, così che confermo quella stortura mentale mai verificata secondo cui le serate prog debbano essere sulla carta le più tranquille: come fa a esserci una rissa con gente che apprezza ‘sto imbamboleo. Siccome però qui non buttiamo via niente, una cosa mi sento di segnalare: la rilettura In2Vol2Ver2 di Destroy Everything You Touch delle Ladytron, pur nei suoi inutili ableton-luoghi-comuni, ha un basso magmatico e una gestione malata dei campioni vocali che usati sapientemente non sfigurerebbero in un buon set techno, insieme mentale e a braga calata. Bonus track, l’originale di Flesh di Rone, anche se io preferivo Bora.
Sasha mixes Couleurs into The Eraser - M83 / Thom Yorke
Destroy Everything You Touch (Sasha Invol2ver Remix) - Ladytron
Flesh (Original Mix) - Rone
Destroy Everything You Touch (Sasha Invol2ver Remix) - Ladytron
Flesh (Original Mix) - Rone
Etichette:
beghe personali,
dj set,
guerra-lampo contro il prolasso dell'indie a scopo acchiappo,
l'odio,
legna in testa,
mp3,
poppe,
remix,
stravolti,
this house is not a motel
3.11.08
Lo vuoi un palloncino colorato?
Inkiostro mi ha chiesto di remixare gli I’m From Barcelona, con la stessa leggerezza di uno che chiede a Troy McLure di tenergli d’occhio l’acquario (tutte le altre similitudini che mi vengono in mente sono più fiche, ma probabilmente poco adatte a un pubblico facilmente impressionabile). Io però non avevo ancora sentito il pezzo originale e allora ho deciso di accettare a scatola chiusa. L’ascolto delle singole parti vocali e strumentali si è subito tradotto nell’entusiasmo di poter tradurre i cori di chiesa in una disperazione industriale alla Radiohead trattata con tecniche di produzione alla Burial o alla Four Tet. Il pezzo originale invece era più dalle parti di un cartone animato degli Arcade Fire, con lieto fine. Nel mio caso invece la trama è che c’è un serial killer vestito da cantante degli I’m From Barcelona che testa l’età mentale degli indie-kid col Nintendo DS e il giochino della Kidman e se uno dimostra meno della metà dell’età fisica lo fa a fette. Ovviamente il lieto fine ce l’ho anch’io: il serial killer non uccide le indie-kid e canta con loro il coro finale sul tetto dell’Hana-bi.
Iscriviti a:
Post (Atom)