11.11.09

ClubToNiente (Il ClubToClub: parte seconda)

Il venerdì abbandono l'idea fondante il festival ("spostarsi lungo la città da un club all'altro"). È il giorno dedicato al from disco to disco eppure io compro un abbonamento con un unico club più serata finale. Pur conoscendo la suddivisione tra i vari club (una serata intellettualtronica con Jon Hopkins, Theo Teardo e Optofonica all'Espace, una hipsterdisco all'Hiroshima con Optimo, l'orso degli Hot Chip, Valletta e i Bloody Beetroots, una berghainicadicermania al The Beach con Shed live, Dettmann, Steffi e Seth Troxler e una senza apparente filo conduttore al Supermarket con Martyn live, Laurent Garnier live e Angel Molina) ad una settimana dal festival non sono stati ancora comunicati gli orari e allora, certo che Laurent Garnier sia un punto fisso e suonerà al centro della notte e certo che i live di spicco saranno tutti in prima serata, opto per il Supermarket. Passano i giorni e la serata dell'inizio del festival alle 19.30 arriva la comunicazione degli orari (un giorno prima per i lettori dei commenti di Torinoforum, ma poco cambia). Nella comunicazione ovviamente vien fuori che ho fatto bene: con Laurent Garnier che comincia all'1:30 diventa impossibile sentire Shed (1:30), Jon Hopkins (1:30) ed Optimo (2:00) che erano proprio i papabili degli altri locali. La collocazione iniziale di Martyn a mezzanotte avrebbe almeno reso possibile abbandonare Angel Molina in favore dei tedeschi, anche in relazione al fatto che il set di Dettmann veniva esteso fino a fine serata data l'assenza di Seth Troxler. Qui però il colpo di genio: nella mailing list al Supermarket viene annunciato un surprise guest dalle 5 (chissaràmmai? non è che Lorenzino ci fa lo scherzo? Turymegazeppa?). Morale della favola, anche volendo saremmo mai potuti andare altrove?

Il pomeriggio non comincia bene. Solo la sera prima veniva comunicato un orario in cui Martyn era ancora presente e invece si diffonde la voce che non suonerà per problemi di ernia al dubplate. A Bologna il Link lo sostituisce con Shackleton, a Torino corre la voce che il surprise guest dalle 5 sarà Shackleton. Morale della favola, anche volendo saremmo mai potuti andare altrove? Il time slot di Martyn viene dunque affidato per estensione a Federico Gandin, che apprezzo con la sua techno e house profonda. Il pubblico è eclettico: gruppi di cinquantenni un po' spaesati, ex clubber quarantenni che ancora non staccano la spina, immancabili ragazzini, intellettualoidi, universitarie denuclearizzate, indifescion e chipiunehapiunemetta. Shackleton non suonerà dalle cinque.

Laurent Garnier sale sul palco con sezione fiati (due elementi ma un sacco di ottoni), compare in tandem al banco di comando e tastierista disposto lateralmente "a vedersi" da perfetta techno-jam. No Music, No Life dal nuovo album, da me colpevolmente trascurato col senno di poi, apre in costruzione aggiungendo un tassello alla volta sul claim e comprimendo sempre di più l'energia. Back To My Roots, pezzo extra-album su Innervisions, e la successiva e ancora inedita It's Just Music (prevista in uscita proprio su Innervisions) allontanano il concerto dal flusso discontinuo dell'album (tra intermezzi, pezzi hiphop e grosse variazione di genere) verso un miscuglio coeso ed esplosivo di house acida sporcata di jazz maledetto. Roba nuova ma che suona come se fosse al di là dei tempi. Free Verse senza rapper allenta la tensione ma è solo un attimo prima di venire investiti dal drum'n'bass forsennato di Bourre Pif con i fiati che prendono la scena e ricordano quanto utopica fosse la nostra fede nella commistione tra jazz e jungle.



Col fronte palco che ormai è una bolgia, Laurent Garnier chiama Gnanmankoudji e finalmente so come pronunciarla. Epica, coi fiati prima strozzati e lugubri e poi aperti nel ritornello mentre i timpani rullano tribali e quindi in improvvisazione per tutta la seconda parte. Live suonato, sincronizzato a orecchi e sguardi eppure perfetto nell'esecuzione e nella resa energetica (d'altronde vanno in giro con lo spettacolo ormai da due anni). Non c'è il tempo di prendere un attimo di respiro e arriva il primo classico, una Crispy Bacon che ancora mi ricordo il maledetto bagno lynchiano del video con il giradischi che spunta dal cesso-jukebox, l'altoparlante residuo da suicida nella vasca da bagno e la bionda nerd inquietante con la bava alla bocca il coltellazzo e soprattutto gli oscilloscopi, vero occhiodellamadre per i quali non riuscivo a dare Elettronica Uno. Un bagno di bitume bollente. Pay TV è l'ultimo pezzo da Tales Of A Kleptomaniac e sono certo di essere a uno dei concerti della vita (anche se il concerto della vita di Laurent Garnier me lo immagino di quattro ore e con tutti i vecchi amori con la F), mentre le brume tristi ammantano la batteria - registrata ma live - e lo shutdown del digitale terrestre è vicino. The Man With The Red Face è tutto quello che ho provato a dire finora elevato a infinito alla quarta, se non alla quinta. Al solito come troppo spesso sta succedendo qui a Torino ai concerti, non si riesce a scucire il remix per la desideratissima Big Babou. Il roadie fa no con un faretto.


(la scaletta è mia!)


Mentre gli altri se ne scappano dai tedeschi (pare che tra i tre club più dance, il The Beach sia quello che ha raccolto minore afflusso, ma pare anche che Dettmann non si sia lasciato intimorire), io tiravo a campare con un noioso ma molto funzionale Angel Molina in vista della verifica dello special secret guest. L'unica concessione a un flusso abbastanza privo di variazioni sono stati due pezzi che dopo circa un'ora tentavano la strada del fuzz, presto abbandonati in favore di lidi più sicuri. Alle cinque e venti, certo che nessun guest si sarebbe presentato ho preso la via di casa, deciso a dare un senso a un set probabilmente pensato come de-eccitante rispetto all'enorme live che lo precedeva.

1 commento:

Belguglielmo ha detto...

Il gran Lorenzo! l'uomo con la faccia rossa! Se continuo a leggerti un giorno morirò dall'invidia. Comunque sabato qui c'è Alex Gopher alla stazione centrale (!), speriamo non deluda.