Ovunque tu sia qualcuno a fine set urlerà "Ultimo! Ultimo!"
batteria ricaricabile
22.6.13
Ultimo! Ultimo!
Ovunque tu sia qualcuno a fine set urlerà "Ultimo! Ultimo!"
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30.1.13
Pezzi di vetro
Il nuovo dei Knife. Il nuovo album dei Knife lo aspettavamo da anni, quasi da decenni (noi che non abbiamo ballato a oltranza Oni Ayhun, il progetto tech-house di Olof fratellino Drejier). Il nuovo singolo dei Knife è industriale, è malato per noi che in una fabbrica non ci siamo mai entrati nemmeno in gita (figur't averne la discografia), è disturbante anche perché dura un sacco, quasi dieci minuti. Ho già comprato il biglietto del tour dal vivo, sono pronto a urlare in prima fila "We had a communist in the family", anche se temo perché il disco nuovo dura quasi due ore e se poi fanno un concerto di un'ora più bis e conosco i nomi solo dei bis e non aggiornano setlist.fm veloce? Mentre scrivo ascolto Terror Danjah: Rhythm & Grime Butterz mix e mi piace perché è booty come la mia cantante preferita che ha cantato l'inno nazionale per il mio presidente preferito. E l'hai visto il video: no dico, regista di video porno femministi. Sai che comunicato stampa ci faccio. Peccato che è un po' vorreimanonposso rispetto alla musica, cioé la musica mi diventa arty invece che "pisciare in strada (FATTO), farmi male coi pezzi di vetro (FATTO), scopare in modo malato (FATTI)". Spero che scuotano "quanto basta" il mio quieto vivere.
10.12.12
Minus The Reindeer
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5.12.12
Bausteel (from Lycos till Dawn)
Gli amici Polpette mi segnalano che Chrome ha deciso di bloccare (chissà da quanto) l'accesso a questo blogghetto per la presenza di contenuti potenzialmente dannosi (no, non la musica ormai raramente condivisa, ma le immagini da Lycos del glorioso template). Per questo motivo tinteggio di bianco le pareti e ricomincio dall'alba.
26.11.12
Festival, io sento questa musica
Sabato dalle 9 alle 19, quattro film e un corto al Torino Film Festival XXX.
NO, Pablo Larrain [2012]
Chissà se Ricardo Villalobos alle dieci di mattina di una mite domenica berlinese ha mai fatto scivolare el jingle, Chile, Alegria ya viene. Nel 1988 in Cile la Cola locale ha una pubblicità fatta di band con batterie da settanta elementi e tastiere da dieci piani e mimi che appaiono a caso. Il pubblicitario della cola Free (ahora si, GG Bernal) viene coinvolto in un'impresa senza speranza: rovesciare Pinochet e oltre sedici anni di regime con quindici minuti al giorno in tv a disposizione per la campagna referendaria contro l'Augusto. La franja del no vuole puntare sulla memoria e sulle violenze perpetrate, ma il pubblicitario convince tutti a una campagna paninara incentrata sul LOL (cfr. Pisapia e ultimo referendum), sulle chitarre con l'harmonizer e sui mimi. Poi sappiamo tutti che Pinochet non faceva più comodo e i dittatori non si rovesciano solo con un voto, ma il racconto dolceamaro e tutto instagrammato da una fotografia abbagliata e drugapulca di una vittoria impossibile riscalda il cuore, nonostante il finale abbia una timida malinconia. Le grandi vittorie non risolvono i piccoli problemi personali, i propri grandi meriti alla fine faranno la fortuna di altri e non resta che sognare di essere Marty Mc Fly tra le strade di Santiago.
Inizialmente dovevamo passare a Eva Mendes e Kylie Minogue in Holy Motors, ma siccome nel weekend precedente avevamo già dato con le limousine (Cosmopolis, Miami Vice e Gainsbourg: Une Vie Heroique) optiamo per
Maniac, Franck Khalfoun [2012]
Qualche anno fa, ad un festival a Bari, ricordo un giovane Elijah Wood hooligan del West Ham insieme al fico inglese di Undeclared. Infimi livelli di credibilità. Sarà per questo che Khalfoun per il suo remake del classico slasher-gore anni ottanta trasforma l'italoributtante amico di Rocky in un allucinato figlio di madre allegra e sceglie una visione POV che ne ottimizza la resa. Maniac tenta dunque diverse metastrade di metahorror, divertendo anche (i bicchieri di vino rosso e le vasche da bagno femminili statunitensi), ma insperatamente riesce a trasportare i fan del meta verso le caviglie svasate e i fan dello smembro verso le romanticherie soleggiate sonorizzate sintpoppe come se fossimo in Drive. Menzione obbligatoria alla Suicide Girl che mette su il suo pezzo preferito: la musica su cui ballava Buffalo Bill ne Il Silenzio degli Innocenti. Il taglio di capelli è lo stesso.
Chained, Jennifer Lynch [2012]
Altro giro, altro serial killer. Jennifer Lynch esplora i suoi irrisolti légami familiari nell'ennesima teoria di mazzate/stupri/feminigidi (btw, tutti i film della giornata prevedevano almeno un colpo di bottiglia rotta al ventre). Siccome c'ho gli autori bravi, riassumo tutto in "una puntata lunga di Criminal Minds". Salva la baracca la somiglianza del coniglio con Julian Sands e una colonna sonora post-prateriota come il posto sperso dal quale parte il taxi (il pezzo qui sotto è degli autori della colonna sonora, ma non è nella colonna sonora).
Siccome non ho mai fumato, invece di Gipi che smette di fumare vediamo
Bobby Yeah, Robert Morgan [2011]
Venti minuti di Wallace & Gromit (quasi) in mano a Chris Cunningham e ad Aphex. Riusciresti a non premere un pulsante che ti spunta davanti? Gioia vera per ogni slap.
e
Wrong, Quentin Dupieux [2012]
Mr Oizo strappa risate e tenerezze con un apologo gioiosamente assurdo sull'amore per i cani e sull'insensatezza delle vostre scelte. Flat Eric è giochino del cane in una guest star memorabile. Astenersi seriosi e accigliati.
NO, Pablo Larrain [2012]
Chissà se Ricardo Villalobos alle dieci di mattina di una mite domenica berlinese ha mai fatto scivolare el jingle, Chile, Alegria ya viene. Nel 1988 in Cile la Cola locale ha una pubblicità fatta di band con batterie da settanta elementi e tastiere da dieci piani e mimi che appaiono a caso. Il pubblicitario della cola Free (ahora si, GG Bernal) viene coinvolto in un'impresa senza speranza: rovesciare Pinochet e oltre sedici anni di regime con quindici minuti al giorno in tv a disposizione per la campagna referendaria contro l'Augusto. La franja del no vuole puntare sulla memoria e sulle violenze perpetrate, ma il pubblicitario convince tutti a una campagna paninara incentrata sul LOL (cfr. Pisapia e ultimo referendum), sulle chitarre con l'harmonizer e sui mimi. Poi sappiamo tutti che Pinochet non faceva più comodo e i dittatori non si rovesciano solo con un voto, ma il racconto dolceamaro e tutto instagrammato da una fotografia abbagliata e drugapulca di una vittoria impossibile riscalda il cuore, nonostante il finale abbia una timida malinconia. Le grandi vittorie non risolvono i piccoli problemi personali, i propri grandi meriti alla fine faranno la fortuna di altri e non resta che sognare di essere Marty Mc Fly tra le strade di Santiago.
Inizialmente dovevamo passare a Eva Mendes e Kylie Minogue in Holy Motors, ma siccome nel weekend precedente avevamo già dato con le limousine (Cosmopolis, Miami Vice e Gainsbourg: Une Vie Heroique) optiamo per
Maniac, Franck Khalfoun [2012]
Qualche anno fa, ad un festival a Bari, ricordo un giovane Elijah Wood hooligan del West Ham insieme al fico inglese di Undeclared. Infimi livelli di credibilità. Sarà per questo che Khalfoun per il suo remake del classico slasher-gore anni ottanta trasforma l'italoributtante amico di Rocky in un allucinato figlio di madre allegra e sceglie una visione POV che ne ottimizza la resa. Maniac tenta dunque diverse metastrade di metahorror, divertendo anche (i bicchieri di vino rosso e le vasche da bagno femminili statunitensi), ma insperatamente riesce a trasportare i fan del meta verso le caviglie svasate e i fan dello smembro verso le romanticherie soleggiate sonorizzate sintpoppe come se fossimo in Drive. Menzione obbligatoria alla Suicide Girl che mette su il suo pezzo preferito: la musica su cui ballava Buffalo Bill ne Il Silenzio degli Innocenti. Il taglio di capelli è lo stesso.
Chained, Jennifer Lynch [2012]
Altro giro, altro serial killer. Jennifer Lynch esplora i suoi irrisolti légami familiari nell'ennesima teoria di mazzate/stupri/feminigidi (btw, tutti i film della giornata prevedevano almeno un colpo di bottiglia rotta al ventre). Siccome c'ho gli autori bravi, riassumo tutto in "una puntata lunga di Criminal Minds". Salva la baracca la somiglianza del coniglio con Julian Sands e una colonna sonora post-prateriota come il posto sperso dal quale parte il taxi (il pezzo qui sotto è degli autori della colonna sonora, ma non è nella colonna sonora).
Siccome non ho mai fumato, invece di Gipi che smette di fumare vediamo
Bobby Yeah, Robert Morgan [2011]
Venti minuti di Wallace & Gromit (quasi) in mano a Chris Cunningham e ad Aphex. Riusciresti a non premere un pulsante che ti spunta davanti? Gioia vera per ogni slap.
e
Wrong, Quentin Dupieux [2012]
Mr Oizo strappa risate e tenerezze con un apologo gioiosamente assurdo sull'amore per i cani e sull'insensatezza delle vostre scelte. Flat Eric è giochino del cane in una guest star memorabile. Astenersi seriosi e accigliati.
6.11.12
Election night
Fa strano risentire come era andata quattro anni fa.
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16.10.12
Senza rete
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14.10.12
Non escludo il ritorno
Vabbe', la decadenza dell'ultimo Califano sotto i quaranta fa un po' ridere, ma è un sì.
Il Tempo + Importante (Non Escludo Il Ritorno Andropausa Mashup) - Amari vs Boddika by maxcar
12.10.12
29.9.12
La vita è così diversa senza te
C'è un collega coetaneo che affascina sempre coi suoi ricordi di clubbing mainstream teenager anni novanta torinese. File under portarsi appresso un casco da moto anche se si arriva sul posto dalla periferia in autobus ('ho parcheggiato distante'). Vorrei ma non posso non è diventato potrei ma non voglio. Forse non sa nemmeno chi sia Ricardo Villalobos, ma ti conta a memoria le volte che il giovane Gabry Ponte ha aperto i set di GigiDag.
Villalobos pubblica per Perlon Dependent and happy, tre vinili o versione mixata su cd. Il lancio stampa sgombra il campo: la dipendenza non è da sostanze ma è la piacevole dipendenza dalla sistemazione, dalla famiglia, dalla sedentarietà. I lanci stampa sono teneri delle volte e la reazione può essere inflessibile: come?! mai più un Villalobos follettoinpredaatutto come alla Mostra del Cinema di Venezia? Dependent and happy però non è il progetto di un intrappolato in casa, in collaborazioni più accettabili (Loderbauer) e in una nostalgia del clubbing. Al contrario Ricardo concilia le esperienze di vita con equilibrio e come tale la dipendenza è la mancanza dei vicini e degli affetti quando si è lontani e i pezzi sono tracce fulcro dei djset degli ultimi anni, nuove variazioni e spettacoli come Das Leben Ist So Anders Ohne Dich dove la cassa che non c'è è il focolare e la freddezza post punk germanica è quella dei club dove tutti fanno i cuori con le mani e si scatenano le risse nelle retrovie. La vita è così diversa senza te.
C'è uno stagista under25 ammanicato che affascina sempre coi suoi ricordi di clubbing mainstream anni zero torinese. File under non vado al Timeuorp a Milano perché poi mi fanno male i piedi e lunedì devo andare in Phintlandia per la tesi. Potrei ma non voglio non è diventato vorrei ma non posso. Forse sa anche chi sia Ricardo Villalobos, ma non ha ancora sentito Dependent and happy.
Villalobos pubblica per Perlon Dependent and happy, tre vinili o versione mixata su cd. Il lancio stampa sgombra il campo: la dipendenza non è da sostanze ma è la piacevole dipendenza dalla sistemazione, dalla famiglia, dalla sedentarietà. I lanci stampa sono teneri delle volte e la reazione può essere inflessibile: come?! mai più un Villalobos follettoinpredaatutto come alla Mostra del Cinema di Venezia? Dependent and happy però non è il progetto di un intrappolato in casa, in collaborazioni più accettabili (Loderbauer) e in una nostalgia del clubbing. Al contrario Ricardo concilia le esperienze di vita con equilibrio e come tale la dipendenza è la mancanza dei vicini e degli affetti quando si è lontani e i pezzi sono tracce fulcro dei djset degli ultimi anni, nuove variazioni e spettacoli come Das Leben Ist So Anders Ohne Dich dove la cassa che non c'è è il focolare e la freddezza post punk germanica è quella dei club dove tutti fanno i cuori con le mani e si scatenano le risse nelle retrovie. La vita è così diversa senza te.
C'è uno stagista under25 ammanicato che affascina sempre coi suoi ricordi di clubbing mainstream anni zero torinese. File under non vado al Timeuorp a Milano perché poi mi fanno male i piedi e lunedì devo andare in Phintlandia per la tesi. Potrei ma non voglio non è diventato vorrei ma non posso. Forse sa anche chi sia Ricardo Villalobos, ma non ha ancora sentito Dependent and happy.
18.9.12
It's been long, so so long to be here
Ci si sente adolescenti o forse si pensa di avere un m-blog a fremere per un rip preso da un mix sperduto di una delle cose più immaginate da queste parti e finalmente realizzate chissà perché, forse con la sola ragione che anche le parti in causa la desideravano. Koze prende It's Only di Herbert e Siciliano e chiude uno dei tanti cerchi che devono essere chiusi (l'intermezzo synth-rana è una chiara citazione di questa foto) e non si sa bene dove e come e se uscirà, forse su Pampa. Das leben ist so anders ohne dich, dice il poeta (e ne parleremo). Tic, tac.
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26.8.12
I bei tempi luoghi
Se fai un disco di musica elettronica e arrischi certe melodie, fai un disco nostalgico. Ferraglia e ripetizioni ed è Futuro, due note in fila e ricordi con melanconia la cena coi professori prima dell'esame delle medie e prima delle nottimagicheinseguendoungol. L'equivoco incontro cui stanno andando certi recensori di Steam Days di Nathan Fake è che sia un disco su un tempo andato, quando è un disco su luoghi, in parte andati e in parte tra i piedi e in parte in cui forse non si è ancora stati. Seriamente, anche se siete cervelli in fuga, non state tre-quattro anni lontani da Neketona, voi e la vostra valigia di cartone. Così Steam Days più che un disco sui giorni passati, è un disco sul ritorno dell'altro ieri e quando il tempo è così poco, conta più lo spazio. Il lato destro e il lato sinistro di Paean. Però lo concedo, Necton oggi è meno sonnacchiosa.
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25.8.12
Not Safe At Work: dopo i brillantini e i peli di ascella è il turno di Roberta Flack
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avevamo finito i post sulle statistiche e cercavamo qualcosa di simile,
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7.8.12
Expired in the supemarket
Se non fosse che non amo le birre con la bottiglia verde, vi chiederei se siano confezioni prossime alla scadenza quelle del noto birrificio di Brema dedicate / disegnate da / a M.I.A., Anton Corbjin, Boys Noize e Bloc Party. Ma sopratutto, chi cazzo sono i Seeed?
2.8.12
Caramello al burro salato di lacrime
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5.7.12
Un po' mariachi, un po' muezzin
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3.6.12
Colpo grosso
Niente Primavera Sound quest'anno (detto da uno che non ci pensa minimamente di tornare). Niente sproloqui da matusa (apprezzante? disprezzante?) su Miss Maglietta Bagnata Primavera Grimes che qui si butta addosso l'acqua e nel video sotto sonorizza un pessimo spot di American Apparel. La cosa importante è che poco fa mi sono ballato in diretta in soggiorno il live dei Saint Etienne. La cosa grave è che lo streaming di ieri è visionabile (Cure? Naaa Death In Vegas), mentre quello dell'altro ieri con i Mazzy Star no.
22.5.12
Eraserhead
Si capisce che la voglia di scrivere è poca? Viene quasi di postare gli inediti del 2006 per mantenere in vita questi lidi (feat Tiziano, Erol, Daft, Beastie, Fade).
La partenza senza mai il ritorno,
La partenza senza mai il ritorno,
3.4.12
All I need is a little time
(per esempio per scrivere di ciò che ascolto, di ciò che aspetto, del concerto di The Field (+ Esperanza), di tutto quello che intralcia)
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una carriera stroncata,
voglio andare a vivere in campagna,
vorrei ma ancora non posso
22.2.12
Con le rughe a penzoloni (The Post Service)
Volevo fare della satira su chi ci casca. Cascarci in fondo è la base dell'amore, lo sanno bene gli inglesi. I cinici che non ci cascano sono antipatici, si sa. Il fatto è che sono cinico, ma non riesco ad essere antipatico. E allora davanti a quello che oggettivamente sono le facce di Erica Mou ho pensato, per tutti coloro che hanno amato le faccette e la canzone della vasca piena di lobi penzolanti di Sanremo della cantautrice salentina biscegliese, che non potevo essere cinico, cattivo e antipatico. E allora ho preparato un mashup indietronico scaricabile di quelli che vi sarebbero piaciuti nel 2003. Siamo pronti per il Festivalbar. Ah, non c'è più?
(This Is) The Dream Of Robag And Mou [Nella Vasca Della Dopa maxcar mashup] - Erica Wruhme by maxcar
(This Is) The Dream Of Robag And Mou [Nella Vasca Della Dopa maxcar mashup] - Erica Wruhme by maxcar
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19.2.12
Dalla cameretta al soggiorno (cantata sulla base di From disco to disco)
Venerdì sera ero distrutto. Avevo in programma di andare a sentire BNJM, ma le energie erano al minimo e finora non sono mai riuscito per un motivo o per un altro ad andare a qualcosa che si svolgesse all'Astoria. La botta di adrenalina mi aveva fatto cambiare idea, quando è uscito fuori che sarebbe stato possibile assistere in streaming al live di Luke Abbott da un club di Marsiglia. Era come tornare con commozione ai live via ISDN dei Future Sound Of London. Le cuffie al posto dell'impianto, il commento coi vicini attraverso i media più disparati e la piccola gioia di sensazioni che ci sono, ma sono raffreddate dall'interfaccia e dalla comodità. Ho potuto finalmente ascoltare il nuovo live col nuovo setup, più orientato al club, dato anche che le date del prossimo marzo toccheranno Roma, Firenze e Foligno. Ho persino cliccato più volte su print screen e a un certo punto, quando doveva partire il bis, l'audio è scomparso come se il solito proprietario di locale cattivo lo impedisse. La modernità o la vecchiaia?
29.1.12
Tu, quindici anni
(vabbe' questo è anche il millesimo post)
Martedì scorso all'Hiroshima Mon Amour Xplosiva ha festeggiato i suoi primi quindici anni con il piatto forte di Nicolas Jaar, ometto* copertina del 2011 in ambito dance elettronico (gli acculturati direbbero pure emblema dello Zeitgeist rallentante/rigurgitante). Sulle pareti dell'Hiroshima scorrevano centinaia di nomi che negli anni in tutti i giorni della settimana in ogni tipo di luogo a Torino (e non solo) Xplosiva ha reso disponibili con un'idea di clubbing attenta, personale e amichevole che ha anche fatto scuola, almeno qui a Torino. Ancor più di quei nomi tutto questo si respirava nel set iniziale di Giorgio Valletta che ha sintetizzato tutte le anime degli ultimi anni nei generi dell'ultimo anno da un inizio misteryoso, alla bass music inglese, al ritmo che cresce della house fino al rallentamento sedato vera via di fuga dall'oggi e passaggio di testimone a Jaar. Dalla sala vuota all'apertura porte al locale pieno con tutti che ballano in poche consumate mosse, it is all over our faces.
Non so se dopo mille post (e vabbe' qualche migliaio di altri post della vita precedente) ancora sia rimasto a leggere qualcuno che non sia interessato ai suoni che animano queste pagine. Riassumendo, Nicolas Jaar è un americano di padre cileno nato nel 1990 che ha stregato gli appassionati di dance l'anno scorso facendo tutto ciò che il pubblico medio della dance, persino nelle sue frange più acculturate, aborrirebbe. Prolifico invece che sfuggente, amante dei mischioni invece che rigoroso, lento e senza cassa e talvolta capace anche di grossi sbagli. Il suono di ora in mano a un ventenne belloccio(e dunque spendibile su un palco) e intraprendente (il primo singolo per l'etichetta dei Wolf+Lamb a diciott'anni e la propria etichetta a venti).
Mi aspettavo il buon Nico insieme alla band con cui è in tour (batteria, chitarra, sax). Purtroppo invece è da solo sul palco, ma non escludo ciò sia un bene. Il live non è un concerto, non è un laptop set e non è un djset. Jaar inizia suonando una tastiera in cui i tasti comandano contemporaneamente note e folate di vento. Il pezzo successivo è fatto di effetti di riverbero ed eco in feedback sulla sua voce. Poi partono quei beat palline da ping pong che rimbalzano lenti da un lato all'altro (grazie impianto dell'Hiroshima)e tutti quegli effetti che ormai conosci per nome. La prima voce amica che arriva nell'ondeggiamento è quella della figlia di Bruce Willis e Demi Moore (cfr video qua sotto).
A quel punto pur mantenendo la stessa velocità Jaar imprime corpo al set trasformandolo in un djset. Qui entrano in gioco i suoi edit e i suoi remix con un atmosfera che allude alla house newyorchese della dissoluzione e però suona goffa, ancorché tutti ballino e le ragazze gli facciano gli occhi dolci. Non un mostro di tecnica in questo caso, forse nemmeno prima, ma è chiaro che siamo oltre la dance, che si usino quei materiali per fare altro. Non è goffaggine, non è teorizzazione, è una visione, discutibile ma che riempie una pista la manovra e sovverte le sue idee, solleticando più l'introspezione che il divertimento. Da lì si va verso la fine con Too Many Kids Finding Rain In The Dust (la sua Red Right Hand) ed El Bandido, una finale e l'altra bis o viceversa oppure no. Peccato per il sax, avrebbe fatto troppo discoteca malfamata anni 90 rendendo il tutto veramente perfetto.
(
With Just One Glance You (ft Scott Larue) e Space Is Only Noise che però qui non ha fatto)
* non puoi definire altrimenti uno che aveva sei mesi mentre Schillaci animava le notti magiche
Martedì scorso all'Hiroshima Mon Amour Xplosiva ha festeggiato i suoi primi quindici anni con il piatto forte di Nicolas Jaar, ometto* copertina del 2011 in ambito dance elettronico (gli acculturati direbbero pure emblema dello Zeitgeist rallentante/rigurgitante). Sulle pareti dell'Hiroshima scorrevano centinaia di nomi che negli anni in tutti i giorni della settimana in ogni tipo di luogo a Torino (e non solo) Xplosiva ha reso disponibili con un'idea di clubbing attenta, personale e amichevole che ha anche fatto scuola, almeno qui a Torino. Ancor più di quei nomi tutto questo si respirava nel set iniziale di Giorgio Valletta che ha sintetizzato tutte le anime degli ultimi anni nei generi dell'ultimo anno da un inizio misteryoso, alla bass music inglese, al ritmo che cresce della house fino al rallentamento sedato vera via di fuga dall'oggi e passaggio di testimone a Jaar. Dalla sala vuota all'apertura porte al locale pieno con tutti che ballano in poche consumate mosse, it is all over our faces.
Non so se dopo mille post (e vabbe' qualche migliaio di altri post della vita precedente) ancora sia rimasto a leggere qualcuno che non sia interessato ai suoni che animano queste pagine. Riassumendo, Nicolas Jaar è un americano di padre cileno nato nel 1990 che ha stregato gli appassionati di dance l'anno scorso facendo tutto ciò che il pubblico medio della dance, persino nelle sue frange più acculturate, aborrirebbe. Prolifico invece che sfuggente, amante dei mischioni invece che rigoroso, lento e senza cassa e talvolta capace anche di grossi sbagli. Il suono di ora in mano a un ventenne belloccio(e dunque spendibile su un palco) e intraprendente (il primo singolo per l'etichetta dei Wolf+Lamb a diciott'anni e la propria etichetta a venti).
Mi aspettavo il buon Nico insieme alla band con cui è in tour (batteria, chitarra, sax). Purtroppo invece è da solo sul palco, ma non escludo ciò sia un bene. Il live non è un concerto, non è un laptop set e non è un djset. Jaar inizia suonando una tastiera in cui i tasti comandano contemporaneamente note e folate di vento. Il pezzo successivo è fatto di effetti di riverbero ed eco in feedback sulla sua voce. Poi partono quei beat palline da ping pong che rimbalzano lenti da un lato all'altro (grazie impianto dell'Hiroshima)e tutti quegli effetti che ormai conosci per nome. La prima voce amica che arriva nell'ondeggiamento è quella della figlia di Bruce Willis e Demi Moore (cfr video qua sotto).
A quel punto pur mantenendo la stessa velocità Jaar imprime corpo al set trasformandolo in un djset. Qui entrano in gioco i suoi edit e i suoi remix con un atmosfera che allude alla house newyorchese della dissoluzione e però suona goffa, ancorché tutti ballino e le ragazze gli facciano gli occhi dolci. Non un mostro di tecnica in questo caso, forse nemmeno prima, ma è chiaro che siamo oltre la dance, che si usino quei materiali per fare altro. Non è goffaggine, non è teorizzazione, è una visione, discutibile ma che riempie una pista la manovra e sovverte le sue idee, solleticando più l'introspezione che il divertimento. Da lì si va verso la fine con Too Many Kids Finding Rain In The Dust (la sua Red Right Hand) ed El Bandido, una finale e l'altra bis o viceversa oppure no. Peccato per il sax, avrebbe fatto troppo discoteca malfamata anni 90 rendendo il tutto veramente perfetto.
(
With Just One Glance You (ft Scott Larue) e Space Is Only Noise che però qui non ha fatto)
* non puoi definire altrimenti uno che aveva sei mesi mentre Schillaci animava le notti magiche
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23.1.12
Scoloured In Memory
"Your Coca Cola Sign Rattling"
Lo scorso fine settimana tra il singolo dell'anno di Resident Advisor Blawan, la sensazione giovine italiana dell'anno I Cani e le martellate storiche e dell'annodisempre di Regis ho scelto il set ritirato di prima cintura di Fairmont (se non avessi sentito Regis e Function al C2C forse avrei scelto diversamente). Le memorie che mi sento di condividere sono poche e a loro modo soddifatte. Il dj in apertura davanti a una pista letteralmente vuota suona gli MFA(la cinquantina di persone presente a mezzanotte stava dall'altra parte del Barrio al bar, la ragazza del dj era a fianco al palco e la tarantolata(torino-forum-op-cit)ancora non era arrivata). Thelicious apre e chiude con i Koltelli. Fairmont ha un microfono effettatissimo ed è stato massaggiante.
Lo scorso fine settimana tra il singolo dell'anno di Resident Advisor Blawan, la sensazione giovine italiana dell'anno I Cani e le martellate storiche e dell'annodisempre di Regis ho scelto il set ritirato di prima cintura di Fairmont (se non avessi sentito Regis e Function al C2C forse avrei scelto diversamente). Le memorie che mi sento di condividere sono poche e a loro modo soddifatte. Il dj in apertura davanti a una pista letteralmente vuota suona gli MFA(la cinquantina di persone presente a mezzanotte stava dall'altra parte del Barrio al bar, la ragazza del dj era a fianco al palco e la tarantolata(torino-forum-op-cit)ancora non era arrivata). Thelicious apre e chiude con i Koltelli. Fairmont ha un microfono effettatissimo ed è stato massaggiante.
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22.12.11
Sedimenti non dimentichi
Sabato scorso, se fossi stato mosso dalla curiosità, avrei probabilmente scelto l'ex Bolina (la dishcuteca di Ventola) ora diventato l'Haçienda (sikh, la nuova indiedisco di Bari) e il concerto di Ben Westbeech. Se non altro per vedere quanto dal vivo sarebbe rimasto del manipolo sontuoso di collaboraproduttori (Soul Clap, Enrichetto Schwarz, MJ Cole e Motor City Drum Ensemble tra gli altri). E per dire ai miei nipoti, sapete, una volta sono andato a ballare all'Haçienda.
Mosso invece dalla necessità, mi sono inoltrato nei due gradi sotto zero della strada verso Cuorgné (TO) per raggiungere El Barrio. L'ultima volta che sono stato a El Barrio fu per Jens Lekman. Poi una volta volevo andare a vederci Alberto Camerini, ma mi sono perso per strada, o forse all'ultimo minuto avevo deciso che era meglio di no. L'idea di andare a ballare lì un djset di Scuba era contemporanemente svuotata degli ovvi significati e ammantata di nuovi scarti.
Le due ore e mezza di Scuba, davanti a una pista non stipata ma attenta e calda, mi hanno soddisfatto in pieno. Un ascolto disattento potrebbe bollare con eclettismo la somma di techno (rimembrante) delle origini, house technica e ritmi da strada brit. Invece, così come nel suo DJ Kicks di quest'anno, oscillando tra educazione crucca e vitalità stradaiola inglese, ne è uscito fuori un mix capace di cariche e di break dolci, pulitissimo per tecnica e sapiente nelle variazioni. Un set da dj, più che da produttore, e dopo un po' ci voleva.
Scuba - Adrenalin EP [HF030] by Hotflush
Mosso invece dalla necessità, mi sono inoltrato nei due gradi sotto zero della strada verso Cuorgné (TO) per raggiungere El Barrio. L'ultima volta che sono stato a El Barrio fu per Jens Lekman. Poi una volta volevo andare a vederci Alberto Camerini, ma mi sono perso per strada, o forse all'ultimo minuto avevo deciso che era meglio di no. L'idea di andare a ballare lì un djset di Scuba era contemporanemente svuotata degli ovvi significati e ammantata di nuovi scarti.
Le due ore e mezza di Scuba, davanti a una pista non stipata ma attenta e calda, mi hanno soddisfatto in pieno. Un ascolto disattento potrebbe bollare con eclettismo la somma di techno (rimembrante) delle origini, house technica e ritmi da strada brit. Invece, così come nel suo DJ Kicks di quest'anno, oscillando tra educazione crucca e vitalità stradaiola inglese, ne è uscito fuori un mix capace di cariche e di break dolci, pulitissimo per tecnica e sapiente nelle variazioni. Un set da dj, più che da produttore, e dopo un po' ci voleva.
Scuba - Adrenalin EP [HF030] by Hotflush
19.12.11
Everymania, o del governo di tutto, lo scriverà tra dieci anni
8.12.11
25.11.11
Bisky Rusiness (Un rosa blu)
La scena iniziale ha una città ripresa dall'alto, titoli dai colori equivoci, un orologio conta alla rovescia, i Tangerine Dream sono sempre gli stessi. Sette giorni fa Torino è immersa nel primo nebbione dell'anno, titoli dai colori equivoci, spero di tornare a casa prima dell'una, Alexxei'n'Nig hanno una bassa battuta che è un piacere. Il solesgocciolato sul palco, la tentazione di invertire tutte le iniziali è forte, il ticchettio è quello di un batterista vero, Com Truise alle manopole.
Ahhh. Riverberi. Ahhh. Altri riverberi. Ho visto la settimana scorsa il live di Com Truise, ma parlarne la settimana dopo è quasi come parlare di un altro concerto appena tornato a casa prima di andare a dormire. Tipo che c'ho ancora angoli dell'auto, tasche e tubature del bagno in cui si annidano pezzetti di vudoppie o di daterotte e la cassetta al cromo che si sente meglio. Si è portato appresso un batterista poppante, industrioso, che lo si ricorderà più per il dilemma "Ma con la maglietta dei Joy Division intende alludere al fatto che non riesce ad aprirsi la lattina di birra?". Però guardavo Com e mi dicevo che se avesse suonato roba tipo gli Zu o dell'hiphop misotutto sarei stato più tranquillo. Invece su Cathode Girls temevo che potesse fare il rullante scalciandomi la testa con gli anfibi.
Angelo Badalamenti non è Cliff Martinez e col fatto che abito al primo piano ho rimosso da tempo le gioie e i dolori degli ascensori.
Com Truise - Com Truise - Brokendate by ghostly
Ahhh. Riverberi. Ahhh. Altri riverberi. Ho visto la settimana scorsa il live di Com Truise, ma parlarne la settimana dopo è quasi come parlare di un altro concerto appena tornato a casa prima di andare a dormire. Tipo che c'ho ancora angoli dell'auto, tasche e tubature del bagno in cui si annidano pezzetti di vudoppie o di daterotte e la cassetta al cromo che si sente meglio. Si è portato appresso un batterista poppante, industrioso, che lo si ricorderà più per il dilemma "Ma con la maglietta dei Joy Division intende alludere al fatto che non riesce ad aprirsi la lattina di birra?". Però guardavo Com e mi dicevo che se avesse suonato roba tipo gli Zu o dell'hiphop misotutto sarei stato più tranquillo. Invece su Cathode Girls temevo che potesse fare il rullante scalciandomi la testa con gli anfibi.
Angelo Badalamenti non è Cliff Martinez e col fatto che abito al primo piano ho rimosso da tempo le gioie e i dolori degli ascensori.
Com Truise - Com Truise - Brokendate by ghostly
15.11.11
XI CtoC: durezza senza eguali
"I'm not sure I'll make it Im in Los Angeles right. Now I was asked to stay and play some shows and not sure I've time to make fly from LA to Italy with time diff etc". Nel pomeriggio si diffonde la voce che quell'omm'e'mmerda di Zomby pacca il Clubtoclub, così come ci si attendeva da quando si era letto il suo nome nel programma. Roba da metterci una croce sopra se non fosse che con gli zombie non basta. Al suo posto suonerà Untold che era già previsto per lo showcase della R&S al Teatro Vittoria.
La R&S negli ultimi tempi invece di vivacchiare sui classiconi del catalogo sta puntando su un manipolo di giovani ibridi del bit, basso, funk, meldoia. Al livello 1 (Foyer) Lone ha alle spalle una vetrata sul centro di Torino sferzato dall'inizio di tempesta + lucidinatale (o dartistachesiano). Impeccabile nell'essere il suo suono anche visivamente, lui e il suo maglione (giovane che recupera i Novanta techno, le meldoie BoC e il gusto zerought per la frammentazione). Ribeccarlo all'uscita poco fuori il TeatroV col suo piccolo trolley mentre aspetta il taxi o che la pioggia smetta non ha prezzo. Al livello 2 (Teatro) Untold fa subito cenno a chi si stava già accomodando sulle poltrone di raggiungerlo davanti alla sua postazione: complice l'impatto dell'impianto infila uno dopo l'altro una serie dei suoi classici bongopentolobassstep. Il set è molto carico ma si ondeggia. Sarà che sono le nove e mezza, sarà che lui ha addosso una freddezza post punk, sarà che il contesto è più da ascolto che da danza. Comunque Swims di Boddika e Joy Orbison comincia a essere omnipresente.
Il tempo di un panino e si è subito al Lingotto perché Function e Regis (ovvero Sandwell District) cominciano per primi alle 22.30. Cominciano addirittura coi cancelli ancora logisticamente chiusi e così la prima mezzora davanti a meno di dieci persone è spettrale ma bella. Techno vaporosa dalla battuta lenta e rotonda che va via via asciugandosi con l'arrivo della gente. Il gioco di cenni e indicazioni sui due laptop che duettano paralleli e ora alzano la posta, ora la sviano, è simbiotico e pieno di esperienza.
A malincuore si alterna tale bendidio col palco grande dove Byetone parte dritto e pesante per sfumare di droni verso un Alva Noto più coinvolgente dal punto di vista visivo ma molto più spezzante ancorché sostenuto da martelli pneumatici: il Lingotto ipnotizzato tributa loro gli applausi per i maestri.
Faccio in tempo a tornare in boiler room dove, in vista del passaggio di consegne a Pantha Du Prince, F&R inframezzano melodie e financo campanelli. Goduria. Pantha, sempre col maglione in testa, parte con la sua collaudata cosa e allora decido di conquistare la prima fila del palco grande per i Modeselektor.
Stadium rock una volta si diceva. Pur avendoli già visti lo scorso anno, un nuovo disco e un live rinnovato a base di peli di scimmia, scimmie azteche 3D, facebooo, Zer0, scimmie cattive, nuvole blu e arbusti gialli hanno avuto la meglio su Pearson Sound. L'inizio mentale di Grillwalker si è mantenuto fino a dopo Pretentious Friends, quando è iniziato il nucleo tamarro pestone Moretti in playback black bloc stappo la sciampagna tanto capace di fomentare lo sterminato peak time del Lingotto.
Provvidenziale la voce di Thom Yorke e del remix di Mr Magpie a dare ossigeno agli interdettellettuali che ascoltano i due solo dagli altoparlanti del pc. Il finale ragadream di Let Your Love Grow col giallo incendio-in-fermo-immagine è il loro saluto e uno dei pochi momenti in cui l'amore è apparso in una serata finale rigorosa e poco incline ai sentimentalismi.
Appurato che Dettman si concentrerà per l'ennesima volta su marcette arricchite da antifurti, si torna da Untold che ripropone quanto sentito qualche ora prima raccogliendo reazioni più danzerecce. Jeff Mills inizia come due anni fa spazial-ambient per passare in breve a un treno altavelocità incessabile che come al solito spezza e arricchisce di drum machine. Lo si abbandona per l'inizio del dj-set di Caribou che si muove dalle parti della roba Daphni: benevolo ma non troppo perché all'ennesimo pezzo afrocazzo lo farcisce con Spastik e decido di tornare nel salone dove scampanano le campane. Da lì Mills è sempre più duro, quasi (parolaccia) rave nel finale, con l'acustica ormai compromessa dalla riduzione di pubblico. Il finale è improvviso su grande esaltazione e non si è capito se sia stato problema tecnico, audio staccato o il fatto che a Mills facevano male le nocche. Fuori la tempesta, manco a dirlo, era dura e tutta questa durezza la sento ancora sull'orecchio destro che ticchetta.
La R&S negli ultimi tempi invece di vivacchiare sui classiconi del catalogo sta puntando su un manipolo di giovani ibridi del bit, basso, funk, meldoia. Al livello 1 (Foyer) Lone ha alle spalle una vetrata sul centro di Torino sferzato dall'inizio di tempesta + lucidinatale (o dartistachesiano). Impeccabile nell'essere il suo suono anche visivamente, lui e il suo maglione (giovane che recupera i Novanta techno, le meldoie BoC e il gusto zerought per la frammentazione). Ribeccarlo all'uscita poco fuori il TeatroV col suo piccolo trolley mentre aspetta il taxi o che la pioggia smetta non ha prezzo. Al livello 2 (Teatro) Untold fa subito cenno a chi si stava già accomodando sulle poltrone di raggiungerlo davanti alla sua postazione: complice l'impatto dell'impianto infila uno dopo l'altro una serie dei suoi classici bongopentolobassstep. Il set è molto carico ma si ondeggia. Sarà che sono le nove e mezza, sarà che lui ha addosso una freddezza post punk, sarà che il contesto è più da ascolto che da danza. Comunque Swims di Boddika e Joy Orbison comincia a essere omnipresente.
Il tempo di un panino e si è subito al Lingotto perché Function e Regis (ovvero Sandwell District) cominciano per primi alle 22.30. Cominciano addirittura coi cancelli ancora logisticamente chiusi e così la prima mezzora davanti a meno di dieci persone è spettrale ma bella. Techno vaporosa dalla battuta lenta e rotonda che va via via asciugandosi con l'arrivo della gente. Il gioco di cenni e indicazioni sui due laptop che duettano paralleli e ora alzano la posta, ora la sviano, è simbiotico e pieno di esperienza.
A malincuore si alterna tale bendidio col palco grande dove Byetone parte dritto e pesante per sfumare di droni verso un Alva Noto più coinvolgente dal punto di vista visivo ma molto più spezzante ancorché sostenuto da martelli pneumatici: il Lingotto ipnotizzato tributa loro gli applausi per i maestri.
Faccio in tempo a tornare in boiler room dove, in vista del passaggio di consegne a Pantha Du Prince, F&R inframezzano melodie e financo campanelli. Goduria. Pantha, sempre col maglione in testa, parte con la sua collaudata cosa e allora decido di conquistare la prima fila del palco grande per i Modeselektor.
Stadium rock una volta si diceva. Pur avendoli già visti lo scorso anno, un nuovo disco e un live rinnovato a base di peli di scimmia, scimmie azteche 3D, facebooo, Zer0, scimmie cattive, nuvole blu e arbusti gialli hanno avuto la meglio su Pearson Sound. L'inizio mentale di Grillwalker si è mantenuto fino a dopo Pretentious Friends, quando è iniziato il nucleo tamarro pestone Moretti in playback black bloc stappo la sciampagna tanto capace di fomentare lo sterminato peak time del Lingotto.
Provvidenziale la voce di Thom Yorke e del remix di Mr Magpie a dare ossigeno agli interdettellettuali che ascoltano i due solo dagli altoparlanti del pc. Il finale ragadream di Let Your Love Grow col giallo incendio-in-fermo-immagine è il loro saluto e uno dei pochi momenti in cui l'amore è apparso in una serata finale rigorosa e poco incline ai sentimentalismi.
Appurato che Dettman si concentrerà per l'ennesima volta su marcette arricchite da antifurti, si torna da Untold che ripropone quanto sentito qualche ora prima raccogliendo reazioni più danzerecce. Jeff Mills inizia come due anni fa spazial-ambient per passare in breve a un treno altavelocità incessabile che come al solito spezza e arricchisce di drum machine. Lo si abbandona per l'inizio del dj-set di Caribou che si muove dalle parti della roba Daphni: benevolo ma non troppo perché all'ennesimo pezzo afrocazzo lo farcisce con Spastik e decido di tornare nel salone dove scampanano le campane. Da lì Mills è sempre più duro, quasi (parolaccia) rave nel finale, con l'acustica ormai compromessa dalla riduzione di pubblico. Il finale è improvviso su grande esaltazione e non si è capito se sia stato problema tecnico, audio staccato o il fatto che a Mills facevano male le nocche. Fuori la tempesta, manco a dirlo, era dura e tutta questa durezza la sento ancora sull'orecchio destro che ticchetta.
9.11.11
Xi CtoC. Black is White is Black
Chords
Strings
We brings
Melody
G-Funk
Where rhythm is life
And life is rhythm
La sera prima della sommersione dei Murazzi si parte dai Murazzi dove un Theo Parrish assai sorridente (cazzo, un detroitiano sorridente) imbastisce un set negrissimo di battuta lenta, radici disco soul r'n'b e contrappunti sintetici. I suoi ugly edits più che il viaggiospazio. Tecnica pulita e rigore filologico stampano sorrisi sulle facce nonostante il set suoni (piacevolmente) passatista e il suo continuo uso delle manopole di bassi, medi e alti (almeno qui non seguiti dalla cassa ma da viulini e da cori motowni) sia - a cercare un difetto - troppo ripetitivo. Il magnetismo è pero tale che, anche ammesso che i più giovini siano lì per il successivo Ben Clock, nessuno reclama sugli splendidi break orchestrali o sulle divagazioni funk. E quando sembrava di aver imboccato un labirinto minimale involuto ha subito scartato verso la gioia acida.
Lasciando Ben Clock al suo destino si percorre (finalmente, riesco per la prima volta) la città nel pieno spirito del CtoC alla volta dell'Hiroshima dove K(uedo) e K(ode9) chiudono la serata Hyperdub. In Sala Modotti Kuedo è live in the mix che vuol dire che suona i suoi pezzi (e qualche altra cosa) uno dietro l'altro come in un dj set. Severant è uno dei dischi dell'anno e su un impianto più carico di quello che sono le mie cuffie si gode non poco dei brandelli premonitori e delle tenerezze 10010 che in realtà sono analogie. Poi a un certo punto spunta Miami Vice e la sabbia dentro gli anfibi e il bianco giallo verde acqua che ci circondano.
Non rimane che l'ultima ora delle tre di Kode9. Ritmi spezzati è dire poco. Nell'hardcore continuum che sgorgava dall'impiantone dell'Hiroshima il buon Steve Goodman aveva già abbandonato ogni residuo di linearità in favore di una persistenza retino-ritmica-alogica in cui grime, two e duestep si intersecano sviando e costringendo a consegnarsi. Strings Of Life apre la sezione housettona e di vecchia techno prima del finale culminante nell'ovvio ricordo di Burial e nel bis finale di Regulate. Poi i superstiti hanno cercato di avere un ultimo pezzo, ma il proprietario dell'Hiroshima ha castrato tutti vietando al fonico i volumi. Si è andati avanti per cinque o sei minuti con le proteste, giusto il tempo in cui si poteva suonare ancora un altro. Però Regulate come ultimo ultimo chiude. Il tartan addosso è a quadri come le camicie del 94.
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