Ultimo minuto
Girando per l’istituto, curioso miscuglio tra la grandezza sovietica in decadenza e il laboratorio-cantina in cui mio zio prepara soprammobili di sughero, mi colpisce un orologio. Ci si attacca a tutto pur di evitare che i silenzi con queste persone superino la durata di dieci minuti e allora dico al referente che forse l'orologio del mio computer è avanti. Lui risponde che quell’orologio è fermo. «Perestrojka», dice. E io penso, che forza. Quando Gorbaciov si è grattato la testa, ha chiamato la Pravda e il primo canale della tivvù di stato e ha detto facendo spallucce «Perestrojka», quella volta hanno tolto le batterie a tutti gli orologi degli uffici di stato. Per ricordare come in un secondo cerchi di cancellare i difetti di decenni.
Continuando a camminare incrociamo un secondo orologio e l'orario in cui si è fermato è diverso. Con l'arrivo della Perestrojka, mi ha spiegato il referente, furono necessari dei tagli. L'ente che si occupava di controllare gli orologi nelle strutture pubbliche e militari fu tagliato. Da allora gli orologi furono lasciati a loro stessi e alla loro corsa verso l'ultimo ora-minuto-secondo. Fino a quando la carica delle batterie concedeva loro vita. Gli impiegati scommettevano sulle lancette e loro per ripicca se ne andavano di notte in modo da annullare le puntate. Alcuni tondi inceppavano i loro ingranaggi con un gesto invano epico. La loro lancetta dei secondi prima o poi smise di andare avanti e indietro tra un secondo e l'altro.
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