4.10.05

Dell’autoreferenza e della mancanza di spessore che all’improvviso diventa spessore: FF-FF, cioè “Che mi hai portato a fare sopra a Coney Island se non mi vuoi più bene?”


In giorni impegnati come questi è strano che esplorando le pieghe più nascoste dei miei attuali dischi preferiti (Animal Collective e Wolf Parade, per la cronaca), io sia attratto inspiegabilmente e in maniera più che magnetica dal disco nuovo dei Franz Ferdinand. Ciò non è dovuto al fatto che mentre guido ho ormai sviluppato complicate coreografie per accompagnare “this boy is so spectacular” e tutti gli altri killer-ritornelli un po’ tamarri e un po’ già sentiti che alla lunga vengono fuori, come forse non mi sarei aspettato. Non dipende dalla loro conferma di gruppo che schifa il contenuto in favore della dinamica. Non ho la soluzione, e in giorni impegnati come questi è difficile trovare il tempo per risolvere quesiti di tale portata.

Poi però mi chiedo il perché di Eleanor Put Your Boots On, che sta lì programmatica come tutte le loro creature monodimensionali ma in maniera opposta, per spezzare il ritmo, per il suo non essere una canzone dei Franz Ferdinand. Tutti a dire dei Beatles, e avete ragione, e a pensare che Eleanor fosse quasi un tributo alla donna solitaria di Revolver. Poi mi imbatto, quasi contemporaneamente, nella notizia che Alex Kapranos ha frequentato per qualche tempo Eleanor Friedberger dei Fiery Furnaces e allora corro a leggere il testo e trovo che

You can run to the Coney Island rollercoaster
Ride to the highest point
And leap across the filthy water
Leap until the Gulf Stream’s brought you down


e per un attimo ho l’impressione che l’omino dallo sguardo di vetro e sempre uguale abbia un momento di umanità nel mimetizzarsi alla sua (passeggera) fiamma, alle corse senza capo né coda di Blueberry Boat. Non è una crepa nella monodimensionalità, però ci trovo una tenerezza di cui non lo credevo capace. Un’intuizione e una canzone che, chissà perché, lego agli altri episodi strani del disco, a Fade Together e al suo muro di Berlino con i Box Tops sopra e, soprattutto, a Walk Away dove lo spendido uno-due

And I am cold, yes I’m cold
But not as cold as you are


è incastonato nella versione franzferdinanda della politematicità fieryfurnacesca, tra il Kremlino, Hitler, Stalin, Churchill e Mao Tse Tung. Come se l’omino dallo sguardo di vetro e sempre uguale possa essere stato capace non solo di scrivere una bella canzone (a tal proposito ascolta la demo per sola chitarra), ma di uscire dal suo mondo a una sola dimensione, anche se per il solo spazio del battito di un tacco a spillo.

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