16.10.05

These are the days racing towards us


Sono stato all’inaugurazione della discoteca meno peggio di Bari, due mini-concerti e il solito djsetting, questa volta definibile con l’aggettivo tremebondo. Ma non è di questo che voglio parlare. Non dell’ex-tutto e ora volevo-essere-gli-arab-strap-fuori-tempo-massimo. Non di quello degli amici della fabbrica, che prendono un componente in più per aumentare il coefficiente rock e provano anche la strada del cantato in italiano. Non della suddetta selezione musicale, priva di ritegno nel riservarci a inizio serata mezza discografia di Cure e Smiths (poi dovremmo parlare di come possa essere fastidioso in certi frangenti un rapporto irrisolto col Moz) inframezzata di classici dei Coldplay, Toploader e Morcheeba(!), incurante del fatto che con la discoteca semivuota puoi permetterti quello che vuoi. Non del fatto che il signor Carlo Chicco (okkei faccio il nome e il cognome così se si cerca sente la mia voce) nella parte danzereccia della serata scelga per l’apertura della nuova stagione esclusivamente pezzi appartenenti all’anno scorso quando va bene (con l’eccezione di Dare dei Gorillaz), e le immancabili Tainted Love e Song 2 quando va male.

Non si parlerà di questo quanto di uno strano personaggio che a inizio serata brancolava per la discoteca, vestito da magro cowboy texano, con una interminabile barba che si estendeva lungo tutte le direzioni, di quelle che cominciano a crescere dopo un lutto, dopo una delusione o anche dopo un blocco esistenziale. Su suggerimento del benemerito Davide il pavido Carletto lo introduceva come il regalo della serata, l'ex leader di uno storico gruppo poco conosciuto ma che aveva lasciato il segno nei pochi che avevano avuto la fortuna di incrociarlo sul loro cammino. E all’improvviso ho avuto l’illuminazione e mi è stato chiaro che, come attraverso percorsi imperscrutabili due anni fa mi imbattei nei Lift To Experience, venerdì incontravo per l’ennesima volta il loro leader, un allampanato figlio di predicatore sempre più in preda ai suoi demoni che affoga le sue visioni apocalittiche in muri di una singola chitarra sempre più amplificata ed effettata. Un essere in crisi creativa che cerca di superare da solo un blocco artistico e personale, rovesciando la sua fuga dal mondo sul pubblico che gli sta davanti.

Oggi Josh Pearson si esibirà per un concerto più lungo delle cinque canzoni viste l’altra sera, ma io non ci sarò, perché la regola non scritta tra noi due è che ogni volta che vorrà sarà lui a cercare me. Mentre a fine serata teneva gli occhi chiusi sul, solito, remix di Enjoy The Silence, io mi chiedevo il senso del prezzo del concerto di Paolo Benvegnù della prossima settimana, sette euro prima delle dieci, dieci dopo. E ieri non ho avuto, nemmeno per un attimo, la tentazione di andare a sentire Howie B.

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