4.12.05

The Go! Ones


Se mai un demiurgo avesse creato l’idea platonica dei Go! Team, ovvero un divertente miscuglio di cori esalta(n)ti da ragazze pon pon misto a rap, electro, rock a bassa fedeltà, la sua incarnazione nel mondo sensibile sarebbe stata Ninja. Ninja è la rapper dei Go! Team e non ne è la frontwoman nel senso classico del termine: non è una personalità che si impone e sovrasta, quanto la rappresentazione fisica di quello che i Go! Team si propongono di essere. Incita, rappa e salta instancabile al punto che ti immagini che al di fuori del palco non sia diversa, al punto che quando tutti quanti i Go! Team vanno fuori a prendere la pizza, lei fa la sua ordinazione agitandosi e rimando e gli altri le rispondono “Ninja, cacchio, pure qui?!”. Al punto che quando il concerto finisce lei si asciuga appena e corre incurante fuori dal locale verso una temperatura inferiore ai dieci gradi insieme al suo ragazzo, vestita appunto con una canottierina sintetica dal colore acceso, con una gonnellina dei New York Yankees abbinata a un panta-ciclista strategico e con i calzettoni da giocatore di calcio. Con un sorriso forse ebete, ma divertito.

E voi che avete visto il concerto dal vivo potreste tirar fuori obiezioni su obiezioni, una su tutte che la scaletta (sempre la stessa in tutta Europa?) è costruita in modo da dare delle pause a Ninja, da permetterle di andare in camerino e riprendersi. Epperò qui si darebbe nonsocosa per poter avere anche solo quell’energia per potere gestire quei quattrominuti-pausa-quattrominuti senza fiatone, con date che si succedono fitte. La domanda che però sorge spontantea è: non rischiano i Go! Team di essere vittima dell’età come tutte le ragazze pon pon della storia, non rischiano di non poter ripetere un concerto come questo tra dieci anni? Non servirà un’altra Ninja quando l’attuale non sarà più in grado di lanciarsi in spaccata a rischio di sbattere sulla chitarra del nerd con la polo a righe?

A parte gli interrogativi filosofici si è ballato e tanto, incuranti di alcuni immobilizzati attorno a noi e del fatto che alcuni pezzi risentissero dell’ingessatura della programmazione. Ci è mancato lo scratch, ma si è apprezzato il continuo cambio degli strumenti tra i componenti e l’uso della doppia batteria (che ci volete fare, è una grezzata ma ne sono appassionato). Ho compreso il senso di Hold Yr Terror Close quando la minuta e potente batterista l’ha intonata in maniera contrastante con tutto quello che ha fatto durante il concerto. Tra i pezzi nuovi oltre a quelli simili al precedente repertorio, hanno suonato The Ice Storm, stratificazione di campanellini che sembra pensata per essere prodotta da Kevin Shields. Purtroppo Everyone’s a VIP to Someone è stata privata dal suo carattere di finale in favore del delirio casinista di Ladyflash e della sua coda con la presentazione dei componenti del gruppo fino all’auto-presentazione conclusiva di Ninja, condita di mosse da arti marziali e spaccate da cheerleader.

PS: la data vista è stata quella di Roma, aperta come tutte quelle italiane da Her Space Holiday (il cui cantante ha ostentato tatuaggi emo accompagnati da un’accoppiata indie alla massima potenza: mutanda molto alta sopra maglia della salute). Ho un plettro dei Go! Team ma non so di chi sia.

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