3.11.07

Techno-dolcetto o electro-scherzetto?

La festa di Halloween è giocata molto sul concetto dei ‘pretesti ribaltabili'. I bambini indossano un immaginario oscuro come scusa per fare incetta di caramelle o spargere in giro un po’ di farina, schiuma da barba o uova marce. La Chiesa Cattolica prende di mira l’egemonia culturale del Lato Oscuro Della Forza nel disperato tentativo di affermare la sua che ormai vive di riflesso. Il nero dei mantelli diventa l’arancione delle zucche e il colore dei dolcetti e degli scherzetti. Anche in musica funziona così. Ad Halloween non si può non organizzare una festa incentrata sul decennio più dark del Novecento. Il che è un pretesto, visto che una settimana sì e una no questi fanno una festa anni Ottanta, ed è ribaltabile visto che si parte con il mantello nero e si finisce, se va bene, in una Night Version di Girls Of Film o, se va male, in quel misconosciuto pezzo chiamato Tainted Love. Non so se per caso o per scelta, ma qualcun altro qui a Bari invece ha messo su una proposta sulla carta non immediata ma azzeccata: i Pan-Pot live che presentano Pan-O-Rama, primo LP sia loro che della Mobilee di Anja Schneider.

Ero però un po’ indeciso. Il disco dei Pan-Pot ha ricevuto impressioni benevole, ma mai convinte fino in fondo. Per riassumere, immaginate il tipico pezzo dei Pan-Pot come una combinazione di techno minimale (struttura e parte dei suoni), funk (soluzioni ritmiche) e immaginario oscuro (voci, toni e rumori di (spro)fondo). Ce n’è per scontentare tutti, essenzialmente perché siamo settari e l’elemento che ci interessa è sempre circondato da altro: per sculettare sui bassi cinetici o sugli hat saltellanti, bisogna attendere tre quattro minuti di costruzione ciottolosa; i minimali storcono il naso davanti alla piega grassa che questi ciottoli prendono; la tensione delle atmosfere è paragonabile nei momenti migliori a quella di un Eraserhead on the dancefloor, ma a volte il minimalismo tende ad annacquare la suspense e in altre il ballo la rende meno credibile, quasi come una maschera di Halloween. Il terrore era (visto che ovviamente parteggio per il loro funk in tensione profonda) che prevalesse il mio lato meno preferito. Oltre il fatto che nelle foto promozionali i due si sono fatti fotografare come due avanzi del programma di Maria De Filippi.



Beh, scherzavano. Tassilo Ippenberger e Thomas Benedix sono due nerd cazzoni fin dall’aspetto. Uno dei due ha un notebook con l’adesivo “Wasted German Youth” sopra e indossa una maglietta dei Motörhead, ma non alla maniera delle magliette dei Kiss e dei Metallica indossate dai modaioli all’epoca dell’elettrocash alla ricerca di un banale effetto spiazzante: lo guardi e pensi che davvero si è ascoltato il gruppo di Lemmy in cameretta per tutta la sua adolescenza (escludo aggettivi per non cadere nel luogo comune) o forse anche mentre preparava la borsa per Bari. Dal vivo si presentano in formazione Mac + Pc, ma non passano il tempo a spippolare sugli effetti come gran parte dei dj minimalisti. Asciugano, anzi, le loro tracce dagli intro minimali con mia somma soddisfazione. Fanno partire come terzo pezzo il loro attuale e abbastanza acclamato singolo Charly, quello col basso arpeggiato ascendente e il vocione che biascica di droghe chimiche: in un concerto nessuno si sognerebbe di suonare quasi in apertura uno dei suoi titoli più noti, ma nel mondo della dance succede anche che uno dei tuoi lavori più apprezzati sia un pezzo che costruisce un’atmosfera e che quindi il suo luogo naturale non sia il culmine al centro o alla fine, ma la sezione iniziale. La prima parte è così incentrata senza posa su un flusso andante dei riff e dei groove di Pan-O-Rama, col momento migliore in una Ape Shall Never Kill Ape che fa a meno del borbottio iniziale sulle dodici scimmie e viene dritta al sodo della sua techno metallica e dindondante.

Intanto i due partono per la tangente, ridono, scherzano e si divertono a indossare il cappello da strega che viene offerto dalle prime file. Il passaggio verso la seconda parte del live, incentrato sui pezzi altrui, è segnato da una mastodontica Acid Bells di Efdemin. A me piace, ma l’avevo sempre considerata un po’ la figlia minore di altre Bells: i rintocchi metallici trattenuti e filtrati e insieme sparati in potenza che poi si sciolgono in un magma scoppiettante sulla pista sono uno spettacolo di portata vulcanica. Da questo momento il set assume toni esplicitamente festaioli e saltellanti. A pretesti ormai ribaltati sovreccitano la folla con un inno pre-finale: ora, non ho la lucida certezza per essere sicuro della mia impressione del giorno dopo, ovvero che si trattasse di Darko dei Booka Shade, ma ricordo di sicuro di aver dato di matto e di aver sottolineato vocalmente la linea melodica di basso sintetizzato. Coi sorrisi stampati sulle facce, gli ultimi tre pezzi sono serviti solo a mantenerne vivo l’eco e a convincermi che anche in questo caso gli squali ipnotizzati, le dodici scimmie, le canzoni chiamate coi numeri e le fusioni nere sono solo un pretesto per poi chiedere: dolcetto o scherzetto?


Ape Shall Never Kill Ape - Pan-Pot
Acid Bells (Album Version) - Efdemin

2 commenti:

la_scarpa_che_respira ha detto...

riesci a farmi rimpiangere di non esserci stato (mi stavo ancora riprendendo da Steve Bug,ma sopratutto dal contorno..).

Per riagganciarmi all'inizio del Tuo intervento io ero dai miei cari labici e mentre andavo in toilet mi è capitato di ascoltare la radio dei vicini di sala che strepitava eurythmics e simple minds. Se fossi entrato probabilmente avrei sentito la puzza di muffa ed avrei visto le ragnatele (vere non quelle comprate da santacroce).

maxcar ha detto...

io niente Bug (evito battute da software designer). Il contorno ad halloween sa essere ancora più caratteristico

ahah, sweet dreams are made of this