3.11.09

Meglio di no (se non si è capito: il Momevent Festival - Parte Seconda)

Cose che invece che a un festival ti fanno sentire a una serata organizzata da un gruppo di PR. Palazzetto Isozaki (dal nome dell’architetto). Ora primo live previsto: ore 21.30. Ora ingresso ai possessori di prevendita: 22.48. Ora primo live: 23.00. Un quarantenne, vestitissimo e sciarpatissimo di cachemirissimo, notandomi come unico interessato al concerto mentre corre via mi chiede “Ci conosciamo?”. Sentendomi dentro Boris (ho pagato un abbonamento anche per stasera e per stasera me ne pentirò), dico “penso proprio di no”. Gli A Mountain Of One fanno quella musica che è un misto della musica di merda della seconda parte degli anni Ottanta con tante cose belle come le atmosfere baleariche, le tentazioni disco e le divagazioni kraute. Purtroppo dal vivo assecondano la merda soft rock. Completamente live (primo chitarrista che sembra uscito dai Franz Ferdinand, bassista stagista, cantante secondo chitarrista acustico merdone anni Ottanta, vocalist finto-negra e uomo più grande degli altri che manovra un cdj, un pad e dei controller), raccolgono un pubblico composto da me, qualche altro come me, i distratti pochi già presenti e un gruppetto di sedicenni pallettati osannnanti. Non so se mi irritino più le schitarrate acustiche con un volume troppo alto, il cantato melodrama, gli assoli del franzferdinando o le atmosfere pseudo-western di 2/3 dei pezzi (ah, quello che erano i Labradford di Mi Media Naranja). Solo il pezzo con la ritmica disco ha un senso. Il pubblico si dirada e loro terminano con fatica e io mi chiedo come si faccia a suonare davanti al vuoto.



Mezza e mezza. Mi sento al concerto dei Tokyo Hotel, ma anzi no, è qualcosa di più. Tutte le sedicenni si radunano davanti al palco per il live dei Motel Connection. Foto e urletti e i tre che siccome sono quarantenni e si vergognano di fare una cosa che una volta era pseudo-avant, ora la buttano in caciara e sono sopra il tavolo semi-circolare e ballano chi mostrando la panzé, chi facendo le facce, chi ricordandosi di essere troppo per tutte queste cose. Comunque su Two è scattata la lacrimuccia.



Derrick May ha paura e mena. Niente sfumature o anima, alla fine è il primo e la sala verde ha più gente e dovreste sentirli, quelli che ci sono: quando arriva Lusiano? Troppe botte, Derrick May ripete per una decina di volte un togli cassa anomalo e sbilenco ma sempre uguale e io non riesco ad apprezzare, forse è troppo potente il sound system e non ne ho voglia e solo due volte arriva un sassofono a screziare, uno dei quali mi sembra dei dOP. Le prime file sollevano uno striscione: Los Ninos De Fuera. Due o tre pezzi di back to back e Luciano arriva con i vocalizzi Eliza-pygmalionici appunto di Los Niños De Fuera. È delirio, ma tolto questo e altri due pezzi del nuovo disco sembra di essere un anno e mezzo fa al Fabric. La prima volta pensi che sia una rottura di schemi ma due anni dopo è lo spettacolo della rottura degli schemi. Avrebbe ancora motivo, penso, se avesse il senso di un live che deve raggiungere tutti nel suo messaggio di personalizzazione della minimal etcetera etcetera. Nella realtà, con i fedeli che fanno il cuoricino con le mani e lui svizzero-finto-sudamericano che risponde, ti rendi conto che tutto è collaudatissimo e uguale al 2008 con le trombette le fraschette e i tric trac, se non fosse che ora sai i nomi dei pezzi che poi sono diventati La Mezcla o Caminando (che-avrebbe-dovuto-essere-caminhando) e adesso c’è l’orrida cover chipmunks di Lumidee al posto di Rez. Qualche altro pezzo di back to back con Derrick May e poi appunto il finale. Di seguito l’originale, perché per recuperare la potenza politica del canto sotto il regime brasiliano che costò l'esilio allo zio di Villalobos serve un video della cantante Nicole che è stata utilizzata da Reboot e che nell’85 in Argentina mentre il Brasile tornava a un minimo di democrazia con l’occhio dell’alcool canta di mi Buenos Aires querido. Non c’è niente di peggio che svalutare i canti di libertà.



Nota di colore: mentre andavo verso l’auto alla fine della serata dall’altra parte di Corso Sebastopoli c’era soltanto un altro tizio e io guardavo verso di lui mezzo sorridente. Il bassista dei Motel Connection ha una pagina di wikipedia troppo fica.



Two - Motel Connection

2 commenti:

Raibaz ha detto...

Che il movement festival fosse il demonio l'ho scoperto due anni fa, quando in una lineup con Underground resistance, Derrick May, Stacey Pullen e i caccatoa gli headliner con la console dalle 2 alle 4 e il pubblico in visibilio erano gli ultimi. con gli altri lasciati a suonare per quattro stronzi e prender fischi dai pischelli all'inizio e alla fine.

Solo dopo ho letto delle risse allucinanti al guardaroba e del resto del merdaio che è successo, ma mi è bastato questo per metterci una pietra sopra.

Speriamo in Craig Tristano e Maurizio :)

maxcar ha detto...

il secondo giorno mi solo un filo riconciliato. se non altro niente risse, nessun problema al guardaroba, ma ancora un'organizzazione da serata più che da festival

(comunque i pischelli che facevano la vocetta "au au au" su hold home di Santos facevano paura. derrick may faceva ben sperare con l'inizio con mirror dance ma poi è stato pugilistico)