15.11.04

Home sick


Sabato sera da solo in una casa per cinque, una casa davanti al mare. Le case davanti al mare non sono progettate per l’inverno, la mia camera non ha nemmeno una serranda con cui opporsi al vento. Gli infissi in legno hanno mille e tre spifferi, ma almeno non si arruginiscono. Nel terrazzino non rimane più niente, la sedia a sdraio, lo stendipanni, persino l’immondizia si bagnerebbe di pioggia.

Una casa al mare d’inverno può renderti pazzo durante un temporale. L’energia elettrica manca per istanti così brevi che non basta essere una semplice lampada per accorgersene, devi essere un neon. E io stasera lo sono. Il precedente inquilino era un consulente finanziario e prima di essere arrestato (o rinchiuso in manicomio, non so bene) ha dipinto d’azzurro una parete in cucina. Per fortuna qui al piano di sotto non ci sono specchi.

Il cabernet novello oltre a essere una contraddizione è un carillon. Per la prima volta ascolto in cuffia con disattenzione il disco di Morrissey e, mentre un pomodorino aspro spezza il ritmo, mi accorgo che mi piace come la vecchia solita storia sbuchi a sprazzi su vestiti musicali banali, una sorta di The world is full of crashing bores fatta scelta stilistica. And I must be one. Quello che brucia tutti i ponti attorno a sé.

La cena finisce e rumori ossessivi gocciolano sui davanzali. Il mio capo è felice e venerdì avevo già finito quello che dovevo fare. Mentre tutti sono da un’altra parte, la canzone su qualcuno che ha bisogno di un luogo da desiderare finisce e la situazione è così patetica che sembra che alla mia destra una telecamera stia zoomandosene indietro come in un pessimo finale.

Homesickblues
(Cause I no longer know where home is)

Nessun commento: