Troppe zuppe
I resti spartani della ricerca e sviluppo applicata al dominio del mondo accolgono la mattina sottoforma di portiere sovrappeso vestite con tailleur di mimetica azzurra. Ogni giorno all’ingresso c’è qualcuno che ci aspetta, ma le donnone controllano i nostri nomi sul solito foglio. È la prassi, in teoria, e la ripetiamo quattro volte al giorno. Il nostro referente principale è uno dei direttori ed è una via di mezzo tra una versione invecchiata di Morelli, lo psicologo di Costanzo, e una spia del cheghebé. Geghegeghegeghegé. Il nostro referente principale indossa sempre il dolcevita sotto la giacca come Putin, parla bene inglese ed è il più furbo di tutti i russi che popolano il luogo. Il referente ha qualche problema col mio nome e mi ha chiesto se va bene per me essere chiamato alla russa, Maxim.
Ogni giorno andiamo a pranzo io, il collega macrobiotico e il referente. Abbiamo un tavolo che ci viene sempre riservato in una delle salette del caffè della Biblioteca di Lettere. Anche all’università noi di Ingegneria Elettronica stavamo accanto a Lettere e Filosofia/DAMS: ormai sospetto una strategia occulta. Il caffè funziona come un self-service ma nel nostro caso con un sovrapprezzo legato alla prenotazione veniamo serviti al tavolo. Farei volentieri a meno di questo, ma è la prassi. In teoria.
Da quando sono qui ho deciso che mangio russo. O meglio, l’avevo deciso, ma a pranzo sono obbligato e a cena non seguo il proposito (favolose pennette biologiche con sugo semplice cucinate dal collega macrobiotico: un remake ecocompanatico del vanziniano Vacanze In America). I russi mangiano le zuppe e le accompagnano con pane nero. Bevono succo di mela o di pomodoro. Usano la pasta e il riso scondito come contorno e in questo caffè chiamano i piatti di carne di maiale in maniera folcloristica: il pork à la suisse è quello al formaggio, quello à la sicilienne è quello con melanzane, quello à la spanish è quello al pomodoro e cremina di cetrioli. Io sono l’unico che chiede il caffè alla fine e un po’ mi piace pur nella sua scialaquatura. Alla fine il referente si alza e paga il conto per tutti, in modo da non intralciare la kacca con complicate divisioni che avverranno poco dopo nell’ingresso della Biblioteca.
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