Motherfuckers Gonna Drop The Pressure:
FIB 2005 - Domingo
Maximo Park
Visto: fuori dal tendone Hell-O-Moto seduti su fogli del giornale free del festival
Giudizio: o
I concerti di questa giornata sono molto legati ai luoghi dove sono avvenuti e alle modalità con cui si sono visti. Si direbbe quindi che la scelta di guardare i Maximo Park seduti su un foglio di giornale appena davanti al tendone mentre si gusta un Calippo alla fragola, vero e unico repechage del festival, sia indice di snobismo nei loro confronti. E forse è anche così, che sì è lì più per presenziare che per partecipare alla festa. Dentro, la bolgia era più o meno quella dei Kaiser Chiefs, forse con l’età media appena più alta. Qui insomma non si va in brodo di giuggiole per il gruppetto, ma lo si è ascoltato con interesse, bastevole per la conferma che dal vivo non sono dei cani e sanno ripetere più o meno le cose del disco, facendo ballare il loro pubblico. Ah, mi piace la chitarra di Postcard Of A Painting che sembra (vabbe’) e le tastierine zanzarine di Limassol e delle altre.
Se proprio ti interessano guarda il video di Graffiti.
Migala
Visto: attirati da sirene, risucchiati come lumache
Giudizio: ++
Una delle sorprese che porterò con me da questo festival. Immagina di essere uno che dei Migala conosce uno-due pezzi e “belli ma mi sanno di depressismo e non c’ho voglia” e allora si siede sul prato davanti al FIBClub, con tutti gli altri in controluce per il sole e alle spalle il concerto che inizia in sordina, quasi da dimenticarsene. Poi la luce intorno diventa arancione e senza accorgercene ondeggiamo su splendide chitarre a metà tra Mogwai e Calexico, su ballate che portano il rigore degli Arab Strap nei paesaggi dei Lambchop e si è risucchiati dentro e, senza capire nemmeno bene come, sono prima sulla soglia, poi al centro e infine sulla transenna. Salgono sul palco un uomo tigre e una donna tigre, suona un gong e si combattono. L’inglese si confonde con lo spagnolo e col silenzio degli strumentali. Sugli schermi scorrono sfumature, scritte, amor fou. Se ho ben capito il concerto a Benicassim è stato il loro ultimo insieme o comunque stanno per sciogliersi dopo nove anni e questo è stato uno degli ultimi. Emozionante, come poco altro nel festival.
Se proprio ti interessano guarda il video di El Tigre Que Hay En Ti.
Uno della sicurezza a domanda risponde “Daniel Johnston tienes los nervios”.
Nick Cave And The Bad Seeds
Visto: nell’Escenario Verde già pieno di fan degli Oasis, ma incredibilmente raccolto
Giudizio: +
Nick Cave sa cos’è un festival. Nella sua grande esperienza sa che il pubblico del palco grande rischia di scapparti dalle mani per un nonnulla, che bisogna dargli energia, manovrarlo e solo dopo accarezzarlo. Get Ready For Love e il suo incipit scuotono dal silenzio come uno schiaffo. Il set da un lato è tirato ed elettrico (Supernaturally o Nature Boy da Abattoir) dall’altro mantiene la lenta morbosità del passato di Red Right Hand, dell’ipnotica The Mercy Seat e del finale con una Stagger Lee rigorosa e malata. In mezzo c’è un po’ di tutto, una Deanna che risente un po’ del minaccioso coro gospel che fortunamente altrove è trattenuto e non fa danni, una inaspettata There She Goes, My Beuatiful World su cui temevo il rock da stadio e invece è sembrata meno telefonata che su disco, una dolente canzone come da titolo e uno dei pochi momenti raccolti ed emozionanti di un festival soddisfacente ma che ha prediletto la fisicità e il divertimento ai sentiment(alism)i e ai brividi, ovvero The Ship Song. Insomma, un concerto che accontenta tutti, che pubblicizza l’ultimo disco, che fa venire voglia di ascoltarlo in versione estesa. Professionista.
Se proprio ti interessano guarda il video di The Ship Song.
Oh, io volevo fare anche lo scherzone della finta recensione degli Oasis, di quando ho cantato in coro coi ventimila inglesi Champagne Supernova, Wonderwall e Don’t Look Back In Anger ma non ce la faccio. Mi viene troppo da ridere mentre mi vengono in mente gli aggettivi. E invece appunto qui si è preferito…
Mylo
Visto: sotto la palla a specchi dell’Hell-O-Moto
Giudizio: +
Mentre la fiumana umana residua si spostava verso gli Oasis, noi ci univamo al variopinto pubblico del solito Helloposto, che in questo caso veniva salutato per l’ultimo concerto visto lì nella sua interezza. Un pubblico costituito da uno zoccolo duro scozzese con tanto di bandiere sulle spalle, da partygirl e partyboys tirati che nemmanco in discoteca, da un gruppetto dallo stile demenziale a torso nudo che per tutto il tempo ondeggiava una tastierina casio con microfono e dei ninnoli illuminati e da astanti vari, di passaggio o semplicemente in fuga dai fratellini Gallagher. Si inizia con l’anti-Losing My Edge, con l’anti-Teachers, Destroy Rock’n’Roll accompagnata sul maxischermo dalle copertine dei 45 giri degli artisti menzionati fino all’apparizione del titolo che solleva le luci sulla vera e propria band che accompagna il dj scozzese. La canzone si mixa con la successiva Rikki come se fossimo in discoteca, così come Muscle Cars con Zenophile. Tra queste tesissime versioni di Otto’s Journey e Paris Four Hundred e spazio per pezzi nuovi come Soft Rock, ironico con la sua scritta tautologica sul maxischermo che si trasforma in uno spot per sapone da bagno che dopo un po’ deraglia verso l’autoerotismo: genialmente stupido. Quasi verso il termine il già sentito di In My Arms scatena la folla ma è niente a confronto col finale di Drop The Pressure con gente che urla e salta in maniera scoordinata e i sintetizzatori che si inacidiscono su toni altissimi. Brillante musica con nessun’altra pretesa che non sia il ballo. Mylo più volte ringrazia i fan degli Oasis (sì, va bene, eravamo tutti un po’ ossessionati da ‘sta cosa. Come tormentone paragonabile a quello sull’assenza di Morrissey l’anno scorso).
Se proprio ti interessa guarda il video di Drop The Pressure.
LCD Soundsystem
Visto: ma dove sono andati tutti i fan degli Oasis?
Giudizio: +
Già, perché io non mi rendevo conto ma pare che l’Escenario Verde si sia svuotato tra i Gallagher e il Murphy. Cacchi loro. Epperò sarà che la prima volta è la prima volta, ma il concerto di Milano mi è sembrato migliore come impegno, per quanto la resa sia stata comunque buona. Tra le cose più interessanti l’iniziale Beat Connection con un intro che sembrava uscito fuori da una DFA compilation, Daft Punk Is Playing In My House ancora più cinetica e da noi ballata come un pezzo sixty dalla battuta sconsiderata e una crassissima Yeah sparata con l’impianto del palco principale. Murphy presenta continuamente il tipo dei !!! ma interviene meno che in passato sulla strumentazione elettronica. Ci si chiede se abbia già messo i dischi alla DFA Night, il vero mistero del FIB a cui nessuno ha risposto. Chiusura del festival su Losing My Edge e sulla sua coda psicoacida. Poi si cammina con l’aria di chi non ha capito bene e vorrebbe che almeno l’ultima parola fosse ripetuta (e comunque Yeah yeah yeah ye-ye-ye-ye yeah ye-ye-ye-ye-ye yeah).
Se proprio ti interessano guarda il video di Movement.
Chi l’ha visto?
Nessun grosso rimpianto per chi suonava prima del nostro arrivo. Peccato per i Pan Sonic tra Migala e l’attesa di Johnston, peccato soprattutto per Daniel Johnston, del quale si sarebbe vista solo mezz’ora (per poi scappare da Nick The Stripper) salvo essere convinti del contrario. In contemporanea con Nick Cave Tarwater, ma non ho grosse doglie, e curiosità per Roisina Murphy che poteva fare spettacolo e immagino sia stata accompagnata da Matthew Herbert. Matthew Herbert che non ha suonato ma ha fatto un dj-set sul danzereccio. Origliati i Kasabian, non male ma gruppetto, vista la mise di Sir Alice, persi purtroppo i Panico. Visto di sfuggita Mr Weatherall mentre abbandonavamo la postazione (il tipo suonava fino alle sette di mattina e poi andava a fare un afterhour su un locale vicino la spiaggia, mito o addizionato). Il grande mistero è stata però la DFA Night: nel salto fatto al FIBClub sembrava che fossero all’opera Black Dice ma non si capiva granché. Non mi sarebbe dispiaciuto il set di James Murphy (ma come detto sopra non si è capito quando ciò è avvenuto) e avrei desiderato assistere a The Juan Maclean (forse visti dal socio nel dopo LCD) ma chi stava lì non sapeva dire molto di quello che era stato e di quello che sarebbe venuto dopo.
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