9.4.06

Com’è dura, la mistura


Ve ne sarete accorti, ritengo che ultimamente le proposte più interessanti arrivino dalle zone di confine tra l’indie e la disco, tra la techno e la psichedelia, tra il pop intelligente e il sintetizzatore demente (e viceversa per quanto riguarda gli aggettivi). Per alcuni versi sembra di essere tornati in certi anni Novanta, con la differenza che intorno si respira una piacevole aria di sconsideratezza giovane, dovuta anche all’età media di tanti dei nostri ultimi beniamini. Gente scanzonata che si prende poco sul serio e tira colpi bassi quando appunto meno te l’aspetti. Gente che ha capito che bisogna vaccinare l’indie con sane dosi di autoironia, che bisogna tornare a stupirsi. Insomma, non so voi, ma tra la palla mostruosa di Colin Meloy che canta le canzoni di Shirley Collins e i Lo-Fi-FNK che in What’s Mind? (dal nuovo Boylife) cantano a un timido cronico “Why don’t you tell what’s on your mind, nothing’s gonna sceing if you keep on whispering. Why don’t you tell what’s on your mind, there’s no reason to be all that boring”, io so da che parte stare. Ma tanto aveva capito tutto James Murphy prima di noialtri per questo 2006: le canzoni più pop che mai infiltrate di sintetico battito, la cosmicità da ballare in fuga verso l’ignoto e l’art-rock totalmente fuori di testa. (En passant. ieri ho sentito il nuovo Liars ed è davvero un discone)

Detto ciò, il ripescaggio del giorno riguarda un giovane duo svedese che più o meno un anno fa pubblicava pezzi che avrebbero sguazzato in questo calderone. Dalla Service, la stessa etichetta di Jens Lekman, viene un duo di Gotheborg chiamato The Tough Alliance. Maglietta Gucci e cappelli da baseball, pop nel fiore della pubertà affogato di gadget inutili che non disdegna le divagazioni di genere e uno dei due balla sullo sfondo come nei primi video degli 883. Il loro The New School (eheh) l’anno scorso si apriva con un’intro scintillantemente buffa come Tough II. Il loro pezzo più famoso, Holiday (anche in video), sembra un viaggio di ritorno da una gita in pullman con le cassette degli Housemartins e dei Beach Boys e il naso arrossato dal sole. Nel singolo Koka-kola Veins canzonano il disimpegno e nella splendida cover degli Embassy Now That’s What I Call Indulgence camminano sul filo di tenerezza e bollore. Altrove tentano persino divagazioni rap (Come On) o reggae (Babylon). Acerbi, forse superflui, deliziosi.

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