La-Bassa-GVNTù
Per tutte le prossime righe non farò altro che sottolineare quanto loro siano giovani e io sia di un’altra generazione, quindi chiedo scusa in anticipo. Non che ciò mi metta al riparo dall’accusa di giovanilismo nel cantare una mia proiezione generazionale verso Boylife dei ragazzetti svedesi Lo-Fi-FNK, ma ritengo che, nei giorni dell’onda quadra al potere, la loro sintesi di indie-pop, onda quadra e incoscienza riproponga per certi versi quel sentimento di contiguità e organicità pop al sentire dance ed elettronico che avevo già vissuto verso la fine degli anni Novanta: per dirla con una proporzione, con le opportune differenze dovute alla distanza geografica e al massimalismo e al faidate odierno che tanto amiamo, i Lo-Fi-FNK potrebbero rappresentare rispetto a gente come Justice o sebAstian la connivenza parallela dei Phoenix nei confronti del french touch. Io comunque quest’anno compio trent’anni e loro ventitrè.
Tutta questa pippa mentale lascia il tempo che trova, lo ammetto. L’unico motivo per cui valga la pena di sudare e cantare Boylife è una questione di educazione ludica: mentre i genitori radical post sessantontini spegnevano la televisione ai loro pargoli e regalavano loro perniciosi giocattoli di legno dipinti a mano da puericultori indios della bassa Mazzonia, noi poveri ragazzini della classe operaia ricevevamo tastierine mono-zanzara Made In China con batteria piana argentea simile a quella degli orologi, con unica scala e sul quale suonavamo con singolo dito al massimo il tema della pubblicità Barilla di Franco Godi (provateci, è la cosa più immondamente facile da imparare, eppure fa tanto casa) immaginando davanti a noi la platea sterminata dell’arena di Lignano Sabbiadoro. I primi bambini da grandi sono diventati Cocorosie e Devendra Banhart, si sono accoppiati e vivono felici nelle loro capanne prive di elettricità e gli altri siamo noi, come cantava Umberto Tozzi – ma sei scemo, non sai nemmeno cosa regalavano dieci anni fa ai Lo-Fi-(in)FNT(i), fai anche qui la figura di quello che si vuole disco-infiltrare a una festa delle scuole medie, FORZA PANINO / CALACI IL POLPO, chissà chi saranno gli Elio E Le Storie Tese dei giovanidoggi.
L’Intro dice Boilaif! In fondo poi i Lo-Fi-FNK possono sembrare giovani, ma già si permettono l’esclusione di singolacci dai loro dischi (cfr Change Channel) e il riciclo di temi portanti su più fronti (cfr. we love the City, that’s where we belong dove singhiozzano di saltelli à la Chobin la linea melodica del loro remix di After Dark di Le Tigre) – certo perché secondo te loro sanno chi è Chobin, mah. Mi ricredo subito però sentendo il loro concetto di canzone d’amore in cassa dritta, Adore, pargola come tutto il disco di suoni che iniziano nel momento stesso in cui finiscono come istantanei amori di un giorno di durata. Avranno anche loro una Jane Fionda (ehi, ehi, notata la citazione eh?) che userà Steppin’ Out e il suo meraviglioso giro vita (o-oh-oh vita) per registrare le sue lezioni di aerobica in vhs? Boilaif! Bilanciano la noiosa revisione dell’R’n’B di System con la nostra preferita What’s on your mind?, di cui parlammo già in precedenza col suo ritmico percorso di liberazione, ripresa dalla battimanesca Louder (ma prima non si chiamava Unighted. Wake Up, Heartache e l’altra Louder attendono soltanto una nuova Sofia Coppola che tra dieci anni scelga tra di loro per la colonna sonora del nuovo Lost In Translation. Il tutto concluso con una tautologica End, perché prima o poi arrivano sempre le cinque di mattina e ogni fine non è che un nuovo
Ascolta
Adore
Wake Up
The End
PS: scopro ora che la versione definitiva di Boylife ha un’ordine leggermente differente e pare che i due pezzi chiamati Louder non siano presenti, in favore della tarantella A.D.T.
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