20.9.06

Abitare presenta: La stanza del dj

Avete presente quelli che nelle recensioni, parlando di musica elettronica, tirano fuori l’immagine ormai stantia del disco nato in cameretta? Un giornale tedesco (scusate l’imprecisione, ma nel forum dove ho visto le foto non si fornisce il giusto e meritato credito) ha fotografato alcune camerette di dj di area tedesca e il risultato è un campionario di tic e variazioni dell’ovvio due piatti e tanti dischi. Di seguito commenterò per voi alcuni particolari per ognuna.

Ali Tiefschwarz

Tiefschwarz ama molto il bianco, ma spezza la scelta cromatica con una cassa della frutta azzurra. Data la posizione della “scrivania”, suppongo che preferisca l’utilizzo di giorno. La configurazione unpiattosolo senza computer fa pensare a una zona di esclusivo ascolto. L’ordine è simile a quello di camera mia.

Andre Galluzzi

Andre Galluzzi adotta una struttura mini-sala da ballo con annessi scaffali stile negozio di dischi e disposizione a irradiazione, simbolo dell’emanazione del proprio ego in festicciole private (a tal proposito “Sex is Good” sembra uscito dalla casa di Quagmire dei Griffin). Notevoli le cornici stuccate alla base del soffitto che fanno tanto casa dei nonni e che contrastano con il saldato di lamiera della scrivania. Si ignora l’utilità del palo sulla sinistra e si biasima l’illuminazione orientaleggiante con lampadario di carta.

Ata

Il boss della Playhouse non ha quasi dischi a casa, visto che li tiene tutti nella Playhouse. La passione per il calcio è affiancata da quella per l’arte, o forse dall’assenza di pareti su cui appendere quei quadri. La configurazione unpiattosolo più mac fa pensare a missaggi software e ascolto di white label da scritturare. Il tavolo è equilibrato col più classico degli espedienti, ovvero i foglietti di carta ripiegati.

Dj Koze

Koze addobba il suo vero e proprio mini studio con delle lucine di natale che fanno tanto indie. Molto meno indie è la ciabatta vecchia che non ci risparmia in primo piano.

Dj T

Dj T adotta un approccio sobrio ma quasi privo di personalità. Si segnalano come guizzi, il tavolino ribassato per la firma di nuovi contratti, una sedia da regista color crema e uno sventolino per i piedi freddi, che d’inverno sono sempre un gran problema quando si passa la notte davanti al computer.

Ellen Allien

L’ottimo bianco&nero dell’amata Ellen è variegato soltanto da una comoda salopette fucsia appesa alla maniglia, alternativa acida all’ormai fuorimoda pigiamone con gli orsacchiotti, e da una borsa fiorata modello studentessa universitaria fuorisede. Curioso il “Registratore di cassa in custodia”, notevole opera di arte-arredamento concettuale, mentre esprimo sconcerto per le buste dell’immondizia così in vista.

Dj Hell

Camera da ascolto anche per DJ Hell, dotata di poltrone simil-sala d’aspetto del dentista, con tanto di riviste su tavolo rasoterra per gli astanti. Studiato il contrasto tra gigantografie glam e attrezzi da palestrato decerebrato. Se andate a trovarlo state attenti al lampadario, che è un po’ basso.

Lawrence

Il bohemienne. Caro Lawrence, forse un giorno farai dei soldi ma tu non dimenticherai mai le pareti ammuffite, la poltrona consunta, le tende quasi bucate, il monitor vecchio ed enorme che ti ha distrutto gli occhi e soprattutto quella strana puzza di sottofondo.

Richie Hawtin

Ecco l’inevitabile mansardato. I pericolosi cavi sospesi e il florilegio di computer rimanda ad un’area di lavoro molto tecnologica dove il vinile arriva solamente di passaggio. Pessima la sedia da medico di famiglia e la tenda appesa alla bella e meglio per evitare il sole di mezzogiorno.

Sven Vath

Se i miei genitori fossero stati dj avrebbero avuto una camera come questa (soprattutto non si sarebbero fatti mancare il tappeto mucca che hanno orgogliosamente ostentato fino a metà anni novanta). I piatti incastonati nell’arredamento sono a metà tra la cucina componibile Scavolini e l’arredamento retrò-seventy. Il vecchio modernismo di queste soluzioni è ripreso dagli obbrobriosi altoparlanti gommosi. Sulla scrivania anche alcuni volumi del Reader’s Digest.

Ricardo Villalobos

L’inclinazione di ogni singolo vinile è stata studiata per creare microvariazioni nell’umore degli astanti. Vestigia delle radici e del vissuto rimangono come sempre qui e là, nella sedia (etnica in modo non grossolano) e nelle scarpe comode che non ha abbandonato al primo accenno di popolarità.

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