10.11.06

‘Cause we’re living in a world of fools (watching the movies pt. 2)

Riprendiamo i racconti in tre righe dei filmaggi della rassegna, per i picccini.

Quinta giornata: Lontano da qui
Shangai Dreams (di Wang Xiaoshuai): più lontano da lì non potevamo essere. Causa impegno lavorativo, saltiamo la proiezione. Nessuna ironia sulla possibile lentezza del film, ma per noi che aspettavamo fuori dalla porta per entrare sembrava non finire mai. Se non altro, dai commenti origliati, sembra che almeno fosse controverso.
Scena chiave: sui titoli di coda esclamo Rivers Of Babylon! Boney M! Anna dai capelli rossi!
Hawaii, Oslo (di Erik Poppe): uno strazio, probabilmente la cosa peggiore che ci sia toccata in sorte da qualche anno a questa parte. Un minestrone norvegese andato a male per il caldo di struttura corale, angeli dai sogni premonitori, il figlio di una sveltina (ahaha) incestuosa tra Forrest Gump e Lola Corre, neonati con malformazioni cardiache usati con la grazia di un pomeridiano della Rai, montaggio attraverso immagini caleidospiche, il tutto musicato da un fastidioso Piovani. La gente rumoreggia visibilmente e a tratti commenta a voce alta. Più che pessimo, molesto.
Scena chiave: la piuma svolazzante e lo zoom out da dirigibile del finale, appunto

Sesta giornata: Fantasmi
La Spina del Diavolo (di Guillermo del Toro): la giornata dedicata al brivido si apre con un tenero (non)horror deamicisiano prodotto da Almodovar. Sullo sfondo delle ultime esplosioni della guerra civile, un orfanotrofio ambrato di deserto il giorno e nero di freddi sospiri la notte accoglie i bambini della causa che sta per perdere. Le apparizioni di un fantasma bambino sospiroso ai bambini vivi, si intrecciano con i tradimenti e le miserie vicendevoli dei grandi. Il bilanciamento del regista salva il film dal rischio del buonismo in favore di una grazia fiabesca sulle corde dell’horror di formazione king-iano. Alla fine applausi del pubblico.
Scena chiave: le amate lumache senza guscio. La faccia bellissima del dottore che reso sordo dalla ferita chiede i suoi dischi per attendere l’arrivo del cattivo
Shutter di Banjong Pisanthanakun and Parkpoom Wongpoom: ancora un altro film con il fantasma strisciante di una pallida ragazza orientale dalla faccia strana e dai lunghi capelli corvini che si manifesta attraverso oggetti di uso comune (foto e polaroid) per ottenere una qualche vendetta? Sì, ancora, yawn, nonostante la svolta dell’immagine finale in cui lo spettatore sprofonda nella poltrona per il peso sulle spalle delle ex lasciate in malo modo. E però il film mi convince della meccanicità fisiologica di molte nostre paure: il trucchetto, con poche variazioni, per tutto il film è stato sospensione seguita da botta di suono e primo-piano possibilmente molto sfuggente col nostro fantasmino. Robe di quelle che sai sempre quando sta per apparire, dici che palle e subito dopo sobbalzi sulla sedia, come se fossi un enorme ginocchio colpito da un martelletto dove sa.
Scena chiave: il trans della popò

Settima giornata: Springtime for Hitler
Hooligans di Lexi Alexander: ma che c’entra Hitler con gli hooligans? Oppure, ma che c’entra Frodo con gli hooligans? E perché la regista ha smesso di fare la kick boxer? Boh, trallallà, siamo gli uligàn. Si rimpiange Ultrà e Tifosi, per colpa di un apologo incentrato sulla tesi “Siamo tutti (o almeno gli inglesi sono tutti) hollygan”. Frodo cerca di fare la faccia del cattivo da metà film, ma gli riesce solo quella del “mi si è spezzata un’unghia”. Il parallelismo firm / fight club è poi goffo e tirato per i capelli. Ma entravo al cinema prevenuto, sotto l’effetto di una cioccolata calda fatta col Modica al peperoncino.
Scena chiave: l’uligano solo che provoca nello stadio senza recinzioni (come tutti quelli inglesi) i tifosi dell’altra squadra in solitario travestito da accreditato stampa sul campo
Le Mele di Adamo di Anders Thomas Jensen: non smettevo di ridere, giuro. Un neonazi viene mandato a svolgere i servizi sociali in una comunità guidata da una specie di Ned Flanders violentato da piccolo con figlio spastico e famiglia deceduta in varie forme e un tumore fulminante in testa che si è arreso al suo glorioso certo-certosinismo. La comunità è composta da un arabo rapinatore fangulo strozi di pompe sukia di benzina che ha appena imparato la lingua, da un grassone tennista fallito riconvertito a stupratore cleptomane alcolista, da una giornalista ambientalista sinistroide alcolizzata che aspetta un figlio probabilmente handicappato e da un dottore col vizio della privacy. Humour nero a palate: peccato per il secondo tempo incespicante, ma comunque ovazione finale.
Scena chiave: tutto quello che provoca la faccia incredula del nazi-skin (compresi i Take That)

Bonus Track:
How Deep Is Your Love - Take That

ps: prosegue la telenovela “Prima di Maria Antonietta”. La settimana prossima la passerò in trasferta e perderò la prima a gratis di Bari. Ci sarebbe quella al Torino Film Fest, ma dubito di potercela fare.

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