Non sono io ad amare la musica, è la musica ad amare me
(Questo è solo il solito post autoreferenziale stagionale velatament’intimista minimo nonsolarmenteprotetto sdraiato anzi stinnicchiato aggettivato copiato non salato volatile e, beh, un po’ contento)
Ho capito su una sdraio che l’entusiasmo è un ciclo. Sono le pause troppo lunghe a minarlo, il disinteresse o peggio l’idea che tutto quello che si sente sia troppo * per piacerti. Ho scoperto
Chitarra e voce, basta anche solo quello. Non c’è niente che la musica possa dire per farci stare bene e niente che possa fare per farci stare diversamente da come stiamo e, sai, c’è la possibilità che ci si perda di vista con la musica. Capita quasi a tutti, quella cosa per cui quando hai cinquantadue anni scegli in tv un programma perché ci sono le canzoninonimportaquali e a me era quasi capitato ma mi sono salvato e mi illudo ancora che la musica mi amerà per sempre.
Sarebbe stato meglio per lei se fosse andata da un’altra parte, di certo. Avrei trovato un altro modo per aiutare me stesso, altre porte dietro cui lasciare incidenti minori ma lei sarebbe stata lì di nascosto per vedere se ce la facevo, se saremmo stati entrambi orgogliosi di noi.
L’armonica è uguale a questo soffio sulle guance. La passione sopra tutte le altre passioni con la testa tra le nuvole, insensibile ai miei maltrattamenti mi ricorda che mi amerà per sempre, con un’eco di disco vecchio, come se le cuffie fossero attaccate a un grammofono lucido.
(dove si prende a prestito e si maltratta con modi consunti una canzone)
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