Pronomi personali e congiunzioni di identificazione
Io. Iniziamo tutti e due cosi, dai. Io, e le virgole alla fine di ogni frase prima di un, aggettivo. Io sono nato nel 1976. Io non mi riconosco nei testi degli Offlaga Disco Pax e per questo forse non li amo, ma facciamo ordine. Ho sentito per la prima volta gli ODP lo scorso settembre a Torino, dopo un aperitivo alla milanese. Fuori dalla macchina sul marciapiede qualcuno teorizzava improbabili giustificazioni per il suo amore verso gli U2 attuali. Enzo mi ha chiamato e ha utilizzato una compila di Enver per farmi ascoltare Robespierre dall’autoradio: non devo aver fatto una faccia molto convinta al suono di quella discoanimarossamia. Parte due, una domenica mattina tornato a Palermo dopo l’assunzione, scarico i primi tre pezzi del bootleg romano e, boh, non fa effetto. Tutti pazzi per gli Offlaga e io lì annoiato da Soap Opera e Khmer Rossa. Perché a vent’anni avevo occhi solo per le coetanee, e non per le quattordicenni, immagino. Io ho saputo della caduta del Muro in prima media la mattina dopo in classe e non ricordo perché la sera prima non guardavo la televisione, non guardavo Bruno Vespa.
Sento il disco ora che è bello e fatto, senza aver macinato il demo, senza aver ricevuto i wafer Tatranky e le Cinnamon al concerto, senza aver diffuso il culto. Non aspettatevi insomma da queste poche righe filologia sul come Cinnamon fosse soffocata nel bootleg registrato il 14 Settembre, il giorno del mio compleanno, e come adesso abbia acquistato leste dinamiche punk-funk. Come quel giorno Max, che si chiama come me, calcava ironico il ‘Che Cariiino’ in Khmer Rossa e su disco ora non più. Non aspettatevi discorsi sui protagonisti di Tono Metallico Standard, perché ho dovuto usare Google per capire chi c’era dietro il beep.
Non avendo particolari odi et amori nei confronti della musica con testo declamato non li dismetto certo per quello. Non ritengo che sia un’idea a esclusivo uso e consumo di due o tre gruppi eletti. Certo mi disturba, quando si adotta questa scelta, l’impiego di troppe parole consecutive, non ripetute, ammucchiate. Da questo punto di vista Enver rappresenta il mio ideale, asciutto e disco-integrato.
Il mio problema è l’identificazione. L’identificazione non è una bassezza tecnica, probabilmente sarò colto da orgasmi multipli alla prima canzone su chi preferiva il Cucciolone, per le barzellette, e chi il Camillino, per il minimalismo. Non crea necessariamente muri l’identificazione altrui, ma è un’arma a doppio taglio e cominci ad esigere. Perché se ritengo perfetta la sottigliezza con cui Enver racconta di Anna Oxa e di Enver Hoxha senza indulgere nell’iconografia, per tratti accennati, e perché se trovo commovente la divisione dei beni per francobolli prioritari di De Fonseca, vorrei che Kappler fosse una canzone sul fatto che alle elementari cambiavo maestri ogni anno, cantata da Rachele dei Baustelle. Vorrei prendergli anche quello che gli è rimasto, per esempio la coda strumentale di Tatranky.
E, soprattutto, pretendo che sulla bellissima musica shoegaze di Tono Metallico Standard non ci sia una storia di inadeguatezza e invidia ma il mio, *fottuto*, Tempo Delle Mele.
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