24.11.06

Le canzoni belle spesso mi arrivano alla fine dell’anno

(oh, ma basta parlare di unz unz! Ma non ascolti più l’indirocche?!)

Ci sono dischi che non saranno mai capolavori. Sono quelli in cui le canzoni sono troppo (aggettivo) o sono poco (aggettivo). Se poi nello stesso disco succedono tutte e due le cose siamo a posto. Immaginate uno strano incrocio tra il piagnucolio fastidioso dei Muse e il pop più illuminato tipo i Phoenix, i Flaming Lips o i gruppi canadesi come Stars o Arcade Fire. Già, perché di canadesi si parla. I Malajube sono canadesi e cantano in francese come se incosciamente volessero rimandare alle origini da cui provengono. Piagnucolano in Trompe l’oeil, ma sono così musicalmente sfrenati che piagnucolano sul rap delle banlieu, sul vaudeville, sulla disco punk, sullo ska, su fraseggi emo-metal (!) e appunto sull’amato pop. Michelle, ma belle! Come dei disgraziati Broken Social Scene umoristi e surrealisti, come degli Arcade Fire a cui sarà pure morta la ragazza, ma che non cantano come se fosse morto loro il gatto. Alcuni momenti del disco sono forse davvero troppo, altri sono davvero poco, l’aggettivo lo troverete sicuramente voi. Però, in tutto questo simpatico terrorismo antiderivativo dell’indie che si appiccica alle orecchie, mi sento di confessare che da giorni canticchio i gridolini di Pâte Filo, faccio l’air guitar wah wah pah pah con il testo strambo del freddo di Monreale –40°C, tengo pose su La Russe, mangio interiora anni trenta-sessanta-novanta su Ton Plat Favori e ballo su Fille À Plumes. Mi stancherò presto, forse, ma quando tutto sarà passato resterà quella non progressione dolcenera di Étienne D'Août, così uguale a tanto altro. Così poco, così troppo.


1 commento:

Anonimo ha detto...

A me non è ancora passata, è grave?
(poi il video di Montréal -40°C è una delle cose più belle del duemilasei)

ah, mi piace qui! ^^