21.12.05

Left To Your Own Devices


Make Out Fall Out Make Up

Night Walk


Dall’anteprima del Late Night Tales dei Belle & Sebastian, viene confermato il recente amore per certo soul accanto alle consuete retroacusticherie. La selezione conterrà anche una loro inedita e debole cover, Casaco Marron.

20.12.05

Cripple Crow pt. 6


“Se soltanto per oggi fossi libero di parlare” (Il Corvo Joe)
“A che cosa pensano questi umani fragili?” (La Canzone del Parco)
“Voglio essere Gainsbourg […] voglio il ciuffo di De André” (Il Musichiere 999)

Sono in fase di rivalutazione critica de La Mala Vita dei Baustelle, dove per rivalutazione critica si intende essenzialmente che sono arrivato alla conclusione che in ogni canzone che mi piace c’è un elemento che me la rovina (l’orribile chiusa de Un Romantico A Milano) e che in ogni brutta canzone c’è un appiglio interessante (la musica di A Vita Bassa). Tra le tante, però, mi va di soffermarmi su uno dei migliori episodi. Il Corvo Joe. Non sembra, ma è una delle mie canzoni di questo Natale: l’inizio potrebbe vedere tranquillamente Bianconi in versione busker in una via del centro mentre gli zampognari lo accompagnano, e anche oggi è domenica, tutta d’oro la gente luccica. Ché sempre il sentimento da noi preferito rispetto alle feste comandate è stato quello del corvo, quello della partecipazione distaccata, dell’esser lì e non del fuggire, presente e distante allo stesso tempo.

La canzone inizia con uno scarto bellissimo tra il racconto in prima persona e l’immagine del narratore animale che mastica una lucertola. Procede poi per antitesi tra rotondità e spigoli, tra le anatre e i corvi simboli per caso di felicità e paura, tra bambini sorridenti e bestiacce scure. Sembra il secondo episodio de La Canzone Del Parco, la colomba ora è corvo, con gli alberi che consolano e i ragazzi che si baciano mentre mezzogiorno sta per scoccare. Sembra un secondo episodio ed è in ciò che la canzone riassume la poetica dei Baustelle, quella che ormai povera di un immaginario proprio cerca sollievo effimero nell’immaginario altrui, meglio se impolverato e non vissuto. Gainsbourg è stato, De André è stato, Poe è stato e allora come dicevano alla fine del Sussidiario non resta che essere secondo episodio, non resta che voler essere Gainsbourg, che voler essere De André, non resta che usare simboli sdruciti in una forma postmoderna dell’ormai impossibile cantautorato.

Eppure Il Corvo Joe, nonostante le immagini e le onomatopee abusate, si avvicina a quello che è inavvicinabile, anche se per il solo spazio di cinque minuti e mezzo. E poi, non riesco a togliermelo dalla testa, quella sua circolarità e quell’inserto di campanelli e quell’organo ne fanno una perfetta canzone di Natale, che sta lì, fuori posto.

19.12.05

Mine’s on the 45


Cosa c’è di più indie di una pista da ballo vuota? (sono provocatorio, tra parentesi). Qui lo scorso weekend la (contro)radio del luogo ha organizzato il suo consueto (contro)festival, ovvero tre giorni in cui ininterrottamente un centinaio di gruppi della regione si spartiscono il palco di un (contro)teatro all’insegna del volemose bene, del c’è posto per tutti e del fatto che comunque non si suona per caso alle 21 del sabato sera o alle 5.30 del sabato mattina. Cosa encomiabile, per carità, ma in città hanno pensato bene di organizzare anche una serata di dj set della Rough Trade in contemporanea. Ora, non che qui si ritenga una serata di dj set della Rough Trade particolarmente eccitante in astratto, anche perché ultimamente Endeacott e soci hanno suonato anche alla sagra della scamorza cotognata e già ai tempi del concerto dei Delgados a Bologna snobbammo Ben Ayers dj. Pur tuttavia, la minima ipotesi di ballare qualcosa di meno scontato ci ha fatto preferire tale evento alle canzoni pseudo-ska su Matarrese, alla pizzica e agli epigoni degli Stereolab in scala 1:43.

Mal ce ne incolse, verrebbe da dire a mente fredda, se non fosse che ci si è mattamente divertiti con tutto ciò che avrebbe dovuto buttare giù la serata. Serata inizialmente programmata per venerdì scorso e spostata a sabato sera per i motivi di cui sopra. E sabato sera ci siamo presentati a un orario non da star alle porte del posto in questione e informandoci dell’eventuale orario di apertura ci è stato consigliato di ripassare dopo un’ora. Si è provato invano allora un salto al (contro)teatro, abbandonato per difficoltà di parcheggio in favore di un sano temporeggiamento al coperto di un pub scozzese come le orecchiette con le cime di rapa. Passata l’ora abbiamo fatto l’ingresso nel posto dove i ruvidi erano già dietro ai piatti, davanti a una sparuta decina di persone.

Tutto quello spazio intorno può solo ingenerare nel ballerino due reazioni: imbarazzo nella danza o sana stupidaggine. Vi lascio immaginare cosa qui noi e altri astanti abbiamo preferito. I ruvidi, per parte loro, tenevano splendidamente conto della situazione permettendosi di tutto: distratti a s-messaggiare e a scaccolarsi si alternavano senza soluzione di continuità in un unico set il cui filo conduttore erano 45 giri d’epoca sospesi tra il rockabilly e il northern soul, legati con tecnica ignorante quasi che avessero un unico piatto. E in mezzo a questi, senza un apparente perché, i pezzi di oggi: come quando nel momento mod hanno preso un 45 con etichetta bianca e hanno infilato gli Artic Monkeys o come quando gli Arcade Fire sono spuntati da un’oscurità riconducibile a un’età indefinita tra gli Ottanta e i Novanta. Tra la solita banalità di un Gene Vincent e un Eddie Cochran hanno piazzato la non scontata banalità di A Minha Meninha, rendendo il sottoscritto felice come un bambino e afono come un tifoso dopo la finale dei Mondiali vinta contro il Brasile al Maracanà. Verso la fine quando ormai solo in due stavano al centro della pista e un gruppetto di ebbri ballava sui tavolini e il personale del locale mandava un messaggero sul palco perché voleva forse anche giustamente far ritorno a casa per dormire, verso la fine i ruvidi pensavano bene di inscenare un rave con techno acida, mosse comiche e pose sulle manopole degli effetti che avrebbe avuto il suo culmine in una solitamente banale Fuck Forever, accolta come un orgasmo dal sottoscritto che per questo successivamente meritavasi l’appellativo di grillo salterino. Quando i superstiti ormai si avviavano verso i loro vezzosi doppio-petto, il tipo dei Cornershop lasciava esaurire la puntina sul banale che più banale non si può Bacharach e noi concedevamo al personale il permesso di chiudere le porte.

13.12.05

Much Against Everyone’s Advice


A Torino per una settimana di lavoro che non lascia scamp(ol)i per molto altro. Stasera dovrebbe esserci una serata Radio Soulwax ma dubito che avrò la possibilità/voglia di andare. Apriranno Manhead/Headman (chi?) e Kate Wax (già immagino possibili giochi di parole) e questo significa che il concerto dei Soulwax non inizierà prestissimo. A me Any Minute Now ha detto ben poco, di solito apprezzo una o due canzoni per ogni loro disco, motivo per cui non mi sento tanto stimolato nonostante pare che saranno in modalità Nite Version. Fin qui il meno peggio, perché dopo i concerti e più o meno alle due inizierà il per me imperdibile set dei 2Many DJ’s che proseguirà più o meno fino alle quattro: in altre circostanze non sarebbe stato un problema, ma questa settimana è lavorativamente critica per me e allora passo dolorosamente la mano, ché non potrei resistere allo scorno di abbandonare la serata per andare a dormire. Rimane la curiosità su come una città come Torino risponderà a un evento simile previsto in mezzo alla settimana.

In appendice visto che si parla di selecta col pelo sullo stomaco, a pochi giorni di distanza da DJ Scalcia, Tom di Rumori e Speranze ha proposto il suo NaZziunalPupulare mix, molto più sintetico e dish’cut’eca style, e ha già esaurito i limiti di banda di YouSendit. Non dimentichiamo poi che fdl ha aggiornato la playlista della radio con molti degli attuali nostri favoriti ed è online il terzo imperdibile numero di Conversation Intercom.

12.12.05

Sfacelo Azzurro


from: Real Love



Vi faccio un altro regalo di natale in anticipo, una nuova quadratura del cerchio: gli Stars che cantano Your Ex-Lover Is Dead dentro Eternal Sunshine Of The Spotless Mind nel loro nuovo e bellissimo video.

Grande party alla corte di Francia


Io in genere apprezzo queste cose camp-ate in aria, ma la visione del trailer di Marie Antoinette, nuovo film di Sofia Coppola sulla regina delle brioche, mi lascia con la sensazione di esser finito su una parodia di Elisa di Rimbombrosa incrociata con un teen telefilm del pomeriggio di Italia 1 in acido (oh, non è escluso che ciò sia male). Per la fredda cronaca la regina è Kirsten Dunst (nel video anche un po’ ‘gnuda), il re è il nerd Max da Rushmore, la madre della regina è Marianne Faithfull e tra le contesse c’è Asia Argento. Il trailer è un montaggio concitato su Age Of Consent(!) dei New Order.

11.12.05

Il pericolo è il loro mestiere


Ho ascoltato Mr. Beast il nuovo Mogwai in uscita a Marzo 2006, o meglio un promo ancora incompleto con una canzone che si sente male e soprattutto privo del finale che pare essere pezzo chiave come in Young Team. E gran parte del disco si richiama a quei giorni senza però abbandonare le ultime recenti aggiunte (voce in vocoder e uso di melodia minimale-circolare per piano/tastiera), alternando il basso profilo col vorrei-ma-ormai-quasi-più-non-posso dell’epicità rumorosa. In I Chose Horses, che sembra uscito fuori dalle sessioni di Happy Songs For Happy People, la voce tronica scorre in parallelo con un recitato in giapponese di Tetsuya Fukagawa degli Envy mentre correda Craig Armstrong al piano/tastiere. E poi titoli su cibi acidi, serpentoni scozzesi, morte del folk 95 e pericolosità del viaggio: grande utopia dei nostri tempi solo recentemente scalfita quella che il viaggio sia ormai addomesticato e non porti più conseguenze, pericoli con sé. Nei nostri viaggi non è più ignota la destinazione, non è più ignota la modalità, eppure io continuo a pensare quello, che ogni viaggio sia pericoloso, anche indirettamente, nel suo cambiare i rapporti chilometrici tra cose e persone. Al di là delle inquietudini che lo percorrono (e con i punti ancora interrogativi sulla parte mancante), Mr. Beast altro non è che un disco dei Mogwai, con tutti i suoi lati buoni e cattivi, col suo mestiere che a volte può risultare noiosamente meta-ripetitivo e con i soliti sprazzi che vengono fuori in una mattina piovosa e grigia come questa.

Rebut



Questa è una orribile pubblicità della Universal. Ora, a parte che non ho capito lo sfondo con le Cipster, qualcuno di voi ammanicati mi passa il numero di Björk o l’avverte di questo schifo?

7.12.05

DJ Scalcia



Foglietto n°1, Foglietto n°2


Cari,
se come me frequentate l’ormai rigoglioso mondo dei dischi mixati da DJ, cantanti e attricette, non vi sarà sfuggita l’importanza che stanno conquistando come mezzo per raccontare il nostro presente, recuperare il passato dimenticato e soprattutto legare l’esperienza del ballo a quello dell’ascolto e viceversa. Nella nostra mente è il Dj Kicks che ha risvegliato le coscienze, nei nostri cuori è la sua esecuzione sulla spiaggia di Benicassim, nelle nostre mani sono un laptop, una manciata di dischi ed mp3 e circa otto ore rubate al sonno notturno. È insomma con immenso orgoglio che vi presento il primo volume di DJ Scalcia, la risposta italiana all’omonima serie internazionale. Gemme dimenticate, versioni alternative, successi del futuro e un esclusivo remix ad opera del sottoscritto si susseguiranno per quarantacinque minuti senza grande interesse per il missaggio in battuta, secondo gli insegnamenti dell’amato occhialone. Rock, electro, plin, plon e, non dimentichiamolo, canzoni.

Non disponendo di uno spazio on-line, ho deciso di rendere disponibile il Volume 1 di DJ Scalcia via Rapidshare in una versione di lusso e in una versione per chi ha problemi di banda. Non ho fatto opera di spam, ma se l’operazione vi sembra interessante saranno bene accette le vostre segnalazioni o, perché no, la vostra proscecuzione della serie con i volumi successivi a quello inaugurale. Allegherò solo in futuro a questo post la scaletta, in modo da lasciare un minimo di sorpresa agli ascoltatori. Insomma, ballate e ascoltate! (e ditemi, soprattutto)

DJ Scalcia – Volume 1 (versione di lusso 192kbps circa 64 MB)
DJ Scalcia – Volume 1 (versione light 64kbps circa 20 MB)

la traclista:

Intro: I Gotta Thang (Uh Huh) - Cass & Mangan
Volevo una cosa grezza per iniziare, un’introduzione tautologica che dicesse “Ehi, ciao, iniziamo” e lo facesse in maniera spudoratamente anni Novanta, come una Roisin Murphy musicata dai Basement Jaxx prima delle pippe sonore con Matthew Herbert. E una roba del genere incredibilmente esisteva in giro e l’avevano prodotta questi Cass & Mangan.

Feel My Mandarin - Bookashade vs Annie
Dovevo il primo pezzo ad Annie per svariati motivi, uno su tutti il fatto che l’anno scorso dopo il concerto dei Kings Of Convenience a Bari lei metteva i dischi e io le ho fatto il bidone per andare a una festa di laurea dove, con delio, sarei stato il digei per la prima e disastrosa ultima volta. Questa versione è un mash-up recentemente circolato in rete che potrebbe benissimo passare per remix, grazie al fatto che la canzone di Annie si adatterebbe a un qualsiasi ritmo da ballo e al fatto che l’altro pezzo è poco noto. In verità gli unici motivi per cui si trova qui sono l’inserto di sintetizzatore che zoppica a tempo diverso dalla batteria e il titolo.

QWERTY - Fake P
I Fake P sono gli unici italiani presenti su DJ Scalcia, ma è solo un caso. La canzone potrebbe essere una sorta di Episodio Due per i personaggi di (This is) The Dream Of Evan And Chan, ha un delizioso inserto acustico prima della fine ed è proprio vero che il cioccolato funziona.

Three Weeks - Tiga
Maiuscolo. Visto che non avevo a disposizione un microfono, avevo bisogno di un pezzo che suonasse secondo il precetto del singing dj e la ballata dance dal nuovo disco di Tiga faceva proprio al caso: cantato come lo canterei io, con un testo perdente su una delusione amorosa sopra una base fica che ispira forza d’animo. Una perfetta accozzaglia di opposti.

Human After All (Sebastian Remix) - Daft Punk
Forse non vi piaceranno gli attuali Daft Punk, ma Sebastian tira fuori da Human After All un amarcord su tutta la storia del duo francese: dal funk rimediato al mercato del disco usato di Homework al non-sentimento robotico dell’ultimo, terminando con un finale che da un lato si richiama al “core digitale” per tastiere e vocoder di Discovery e dall’altro affianca schitarrate su cui poter cantare My Sharona, come ultima moda impone.

International DateCuts (maxcar telefona a Phones mix) - Ladywolf
Mash-up da me preparato per l’occasione, mischia il Phones Slasher Mix di Thousand Cuts dei Wolf And Cub con International Dateline dei Ladytron. L’idea era che in una telefonata tra me e Paul Epworth ci raccontavamo di questa litigata tra Mira dei Ladytron e il tizio dei Wolf And Cub. La struttura riprende i duetti di Al Bano & Romina finché le voci si sovrappongono dissonanti, uno che fa riferimento all’inizio e l’altra alla fine. Paul ha insistito per un basso à la New Order.

Better Safe Than Safari - Thunderbirds Are Now!
I TAN! potrebbero essere il gruppo regazzino dell’anno prossimo, sfacciatamente cinetici e con un gusto per le melodie tale che potrebbero scrivere sigle di cartoni animati. Intanto recupero questo loro vecchio martellone, soprattutto per le tastiere a basso costo.

Living By Numbers - New Musik
Se questo fosse un mixtape classico, questa sarebbe la sua Video Killed The Radio Stars. Cantata da un misconosciuto gruppo degli anni Ottanta, semplicistica, melodica e trasognata nel raccontare la fine dell'epoca analogica e l’inizio di quella in cui avremmo vissuto grazie ai numeri, Living By Numbers ricorda l’ennesima fine di una delle tante nostre innocenze e l’ossessione per il digitale che scorre intorno.

Lembranças - As Mercenarias
Amo la musica brasiliana, ma la amo ancora di più quando prende materia sonora altra da sé e le instilla dentro la sua anima ritmica o la sua calda conflittualità interiore tra il vissuto e il desiderato. Come gli Os Mutantes negli anni Sessanta fecero col pop inglese, negli anni Ottanta tutta una serie di gruppi prendeva in mano il post-punk per rileggerlo in un contesto diverso. Le As Mercenarias erano un gruppo di sole ragazze, pallide e brune, che cantavano canzoni oscure sotto il sole cocente. A sentirle oggi, sembrano le zie delle Organ.

Kurt’s Rejoinder - Brian Eno
L’inevitabile momento vecchiazza. Epperò, dal disco dell’Eno cooptato per la morte del figlio di Moretti vien fuori questa cantilena gustosamente sospesa tra il tribalismo delle percussioni, gli effetti sul basso rotolante e le tastiere acidelle. Il momento trenino (so che è una bestemmia, ma mi ispira risate, e questo).

Kel’s Vintage Thought - Magnetophone
Questo pensiero d’annata dei Magnetophone mi richiama tutta una serie di cose anni Novanta alla Bentley Rhythm Ace, di quelle in cui mettevi su semplice semplice un giro di basso, un beat via via più denso e qualche corredo vagamente analogico. Nostalgia nostalgia canaglia.

Batman – Stage I - The Advantage
Il pezzo più geek di DJ Scalcia. The Advantage hanno in copertina un vecchissimo Nintendo e sul loro ultimo disco rieseguono i classici del suddetto videogame in salsa (garage)rock. Il basso minimale e acido dell’epoca diventa funk, la melodia alta e ciclica sfocia nelle atmosfere surf da film pulp. L’esplosione ritmica del prefinale.

And I Was A Boy From School - Hot Chip
Dal prossimo disco del lato più melodico di casa DFA, una dolce ballata in house minore che conduce gentile verso la chiusura (la frase finale è rubata alla cover di TEWM di Filine Seele).

Scaricalo ora!

DJ Scalcia – Volume 1 (versione di lusso 192kbps circa 64 MB)
DJ Scalcia – Volume 1 (versione light 64kbps circa 20 MB)

4.12.05

The Go! Ones


Se mai un demiurgo avesse creato l’idea platonica dei Go! Team, ovvero un divertente miscuglio di cori esalta(n)ti da ragazze pon pon misto a rap, electro, rock a bassa fedeltà, la sua incarnazione nel mondo sensibile sarebbe stata Ninja. Ninja è la rapper dei Go! Team e non ne è la frontwoman nel senso classico del termine: non è una personalità che si impone e sovrasta, quanto la rappresentazione fisica di quello che i Go! Team si propongono di essere. Incita, rappa e salta instancabile al punto che ti immagini che al di fuori del palco non sia diversa, al punto che quando tutti quanti i Go! Team vanno fuori a prendere la pizza, lei fa la sua ordinazione agitandosi e rimando e gli altri le rispondono “Ninja, cacchio, pure qui?!”. Al punto che quando il concerto finisce lei si asciuga appena e corre incurante fuori dal locale verso una temperatura inferiore ai dieci gradi insieme al suo ragazzo, vestita appunto con una canottierina sintetica dal colore acceso, con una gonnellina dei New York Yankees abbinata a un panta-ciclista strategico e con i calzettoni da giocatore di calcio. Con un sorriso forse ebete, ma divertito.

E voi che avete visto il concerto dal vivo potreste tirar fuori obiezioni su obiezioni, una su tutte che la scaletta (sempre la stessa in tutta Europa?) è costruita in modo da dare delle pause a Ninja, da permetterle di andare in camerino e riprendersi. Epperò qui si darebbe nonsocosa per poter avere anche solo quell’energia per potere gestire quei quattrominuti-pausa-quattrominuti senza fiatone, con date che si succedono fitte. La domanda che però sorge spontantea è: non rischiano i Go! Team di essere vittima dell’età come tutte le ragazze pon pon della storia, non rischiano di non poter ripetere un concerto come questo tra dieci anni? Non servirà un’altra Ninja quando l’attuale non sarà più in grado di lanciarsi in spaccata a rischio di sbattere sulla chitarra del nerd con la polo a righe?

A parte gli interrogativi filosofici si è ballato e tanto, incuranti di alcuni immobilizzati attorno a noi e del fatto che alcuni pezzi risentissero dell’ingessatura della programmazione. Ci è mancato lo scratch, ma si è apprezzato il continuo cambio degli strumenti tra i componenti e l’uso della doppia batteria (che ci volete fare, è una grezzata ma ne sono appassionato). Ho compreso il senso di Hold Yr Terror Close quando la minuta e potente batterista l’ha intonata in maniera contrastante con tutto quello che ha fatto durante il concerto. Tra i pezzi nuovi oltre a quelli simili al precedente repertorio, hanno suonato The Ice Storm, stratificazione di campanellini che sembra pensata per essere prodotta da Kevin Shields. Purtroppo Everyone’s a VIP to Someone è stata privata dal suo carattere di finale in favore del delirio casinista di Ladyflash e della sua coda con la presentazione dei componenti del gruppo fino all’auto-presentazione conclusiva di Ninja, condita di mosse da arti marziali e spaccate da cheerleader.

PS: la data vista è stata quella di Roma, aperta come tutte quelle italiane da Her Space Holiday (il cui cantante ha ostentato tatuaggi emo accompagnati da un’accoppiata indie alla massima potenza: mutanda molto alta sopra maglia della salute). Ho un plettro dei Go! Team ma non so di chi sia.

2.12.05

Il filmato scemo del giorno


Qualche tempo fa delio mi iniziò ad uno splendido video in cui un’improbabile band tedesca degli anni Settanta si esibiva vestita da indiane e cowboy in una cover del classico Apache. Il coro del cantante aveva in particolare colpito il nostro immaginario. E nell’intrecciarsi dei rimandi contenuti nel nuovo singolo di Madonna, entra anche il filmato mash-up di quel video con Hung Up, coreograficamente perfetto con le ballerine che vanno a tempo scoordinate, il cantante ancora più comico che pria, il batterista inquadrato durante lo stacco e il chitarrista che replica il basso della canzone. Qualcuno mi faccia smettere di ridere.

Ritorno a casa


La ragazza lascia Theon Weber, lo abbandona letteralmente in un parcheggio vicino casa di alcuni suoi amici. Dorme lì e la mattina dopo torna a casa scalzo e mentre mette il piede su un sasso appuntito parte un disco. E scopre lì il suo senso, God take care of the little things. (Non sapevo che si potessero fare le similitudini sui sentimenti amorosi chiamando in causa i Throbbing Gristle)

Il sottoscritto a settembre ordina dei cd a prezzi vantaggiosi dal negozio di abbigliamento pubblicizzato dalla nota webzine. Il pacco non arriva, mai, per colpa di un disco. Le copie del disco sono inspiegabilmente finite e perciò si deve ordinare un’altra copia che dal Regno Unito attraverserà l’oceano per essere messo nel mio pacco e poi a ritroso per tornare da me. Passano mesi, mail in cui io mi lamento e le cui risposte sono affidate ad una grafomane chiamata Madeline che mi consiglia di usare il burrocacao quando fa freddo, e il pacco arriva mentre sono a Torino, un po’ ammaccato. Dentro c’è di tutto: oltre ai cd ordinati, nel pacco c’era anche una cartolina dei Sigur Rós con scuse vergate a mano, Plans e Return The Gift anche se non li avevo ordinati, due sampler (Dim Mak e Polyvinyl), adesivi vari (Giant Drag e altri che non ricordo), un buono sconto del 10% e alcune spillette gustosamente orribili (Datsuns, The Music e una sulla liberà d’espressione). Il disco che non voleva arrivare era l’unico privo di cellophane, lasciandomi intendere che forse qualcuno lo ha preso dalla propria collezione e me lo ha inviato, in attesa che arrivasse l’altra copia fantasma. E, in quel momento, ho pensato che agli economisti sfugge il concetto di capitalismo twee.

1.12.05

Writing about music is like raving about architecture


La RIAA (Record Industry Association of America, tipo la SIAE) minaccia azioni legali contro chi verrà trovato a parlare con amici e conoscenti di nuovi album, canzoni e cantanti. Per contrastare le violazioni di copyright dovute in gran parte ai peer-to-peer, interverrà aggressivamente contro chi genererà “buzz” e attenzione che possano spingere alla pirateria.

(vengono subissati dalle risate)

30.11.05

'O Gatto Rognoso


"Allora. Io* ho trovato questo gatto randagio in Cile, mentre ero in viaggio spirituale attraverso il Sud America insieme al regista di un mio video. Vorrei fare un concept album sul suo viaggio dal Cile a New York. Partiamo da quando nasce e poi raccontiamo anche di quando eravamo a Buenos Aires e scappò poco prima che ripartissimo e lo trovammo su un albero del parco. Il disco lo chiamiamo Coco Beware, come il nome che ho dato al gatto del cazzo, in onore del mio wrestler preferito: ti immagini quanto spacchiamo coi blogger, già vedo i titoli dei post, “I Should Coco Beware”. Epperò lo facciamo astratto, surreale. Dopo tutto, è una storia metaforica." (Si odono sirene in lontananza, la trascinano via)


* Karen O degli Yeah Yeah Yeahs

Destrokk everything you touch


Bottiglie di birra umane, sigarette e bronchi che cantano, strisce di coca che non vogliono essere pippate, mirrorball nel fegato: da queste parti Destrokk dei MGMT e relativo video sono già dei tormentoni.


We live life, we live it large

La foto scema del giorno



Gli Arcade Fire raggiungono sul palco Bono (vestito da Capitano dell’Armata Minchia) e gli U2 e intonano insieme Love Will Tear Us Apart

I provinciali (repressi)


Non sapevo che quelli sul palco ieri sera fossero gli Slipknot.

29.11.05

Il regalo inaspettato di fine giornata


Sto per avere nei miei byte The Life Pursuit, il nuovo dei Belle And Sebastian.

(Rettifico, probabilmente sarà il regalo di inizio giornata domani, visto che Rapidshare ha pensato bene di lanciare adesso una happy hour e io devo andare a prepararmi per il concerto dei Blonde Redhead)

Quiet is the new mala vita


Concerto dei Baustelle di Roma. Un omino chiede del silenzio per chi aprirà la serata. Spunta dal nulla all’improvviso Erlend Øye e la sua chitarra. Parte del pubblico gli urla di andarsene, lo prende per il culo e sghignazza. “A giudicare da quello che si sente gridare tutto attorno, sembra quasi che Iron & Wine stia aprendo per i Motorhead”, dice Desperate Youth.

28.11.05

Amici Miei – Atto Terzo



Saltando sulle pozzanghere, senza paura dei reumatismi
(Io da vecchio non sarò un coglione, io da vecchio farò il coglione)
[Sigur Rós - Hoppípolla]

Me And Gino And Some Pecorino Down By Portofino



Get my motorino, go down to Portofino!
(che fico, nel video c’è anche Pippo Franco)
[Munk – The Portofino Mosh]

Present from the past


Bedazzled è davvero un grosso, non mi stancherò mai di dirlo. Non andavo lì da un po’ e le chicche si sono accumulate al punto che stamattina mi sono beccato in una botta sola:

un filmato in super-8 dei Joy Division che suonano She’s Lost Control in un pub,

Kate Moss in topless che balla scatenata su un pezzo techno rock (lui sviene),

l’hard disk esterno a forma di mattoncino lego,

i Count Five che suonano Psychotic Reaction (e una miriade di altre nuggets).

No hay blog, no hay instrumentos



What ever happened to Weekendance?

25.11.05

Indiepedia.de


Ma c’entra per caso delio?

La sai quella del norvegese, del giapponese, di Gesù e del travestito?


Volete sentire The Time Warp in norvegese? Volete cantare Superstar in giapponese? Allora queste versioni complete di Rocky Horror Show e Jesus Christ Superstar sono quello che fa per voi.

21.11.05

Un uomo e non un cespuglio


Spesso segnaliamo le pagine My Space di alcuni gruppi e allora accogliamo con interesse il primo premio annuale alle più stupide pettinature su My Space.

18.11.05

L’abbellirò con nastri rosa, fiori gialli tra i capelli


Rachele tiene gli occhi quasi sempre chiusi, Patty li tiene quasi sempre sbarrati. Io ho imparato a diffidare da chi canta con gli occhi chiusi, ma in questo caso faccio un’eccezione. 1984, 2005, Oh Bambola. Da Lonox e da Stay Beautiful trovate i video dell’originale sanremese di Patty Pravo e della versione dal vivo dei Baustelle.




17.11.05

Caro Massimiliano, ti scrivo dal 2005


Future Me è un’idea semplice ma stuzzicante, è la vecchia storia dello scrigno sepolto, della capsula che viaggia nel tempo stando ferma e consegnando al futuro una tua parte di passato: scriviti una mail che ti arriverà tra dieci, venti, trenta anni. Vengono in mente tante cose da scrivere al me stesso del futuro, domande, dubbi, suggerimenti per ripescaggi musicali (perché no). Il sito punta sullo scrivere a se stessi, ma immaginate cosa potrebbe venir fuori scrivendo ad altre persone, a quelle che non rivedrai più e a quelle che staranno sempre con te: segreti incoffessabili affidati al tempo, dichiarazioni d’amore impossibile, lettere di cui poi ci si pentirà per decenni. Una trovata che è stata prontamente vampirizzata dal sito di Forbes. L’unico dubbio è: ma qualcuno tra vent’anni avrà lo stesso indirizzo mail di oggi?

Gimme Gimme Gimme Another Midnight (on the darkdancefloor). And then flashlights and explosions


In tema di ritorno ossessivo, il tic-tac è sostituito da un pendolo. Immaginate il pezzo degli ABBA in mano a uno strano ibrido, catapultato negli anni dei Joy Division e capitato tra le grinfie di un gruppo svedese strabico che con un occhio guarda ai Velvet Underground e con l’altro al dark metal, amico dei Throbbing Gristle e che, per non farsi mancare niente, risponde al nome di Leather Nun. Ah, se solo avesse qualche tastiera. Disco Stu, pensaci tu!

(L’ascolto è rubato da uno dei set di Beats In Space, programma di musica mixata da Tim Sweeney e amici per la radio WNYU 89.1 FM. Noterete sul finale che il pezzo viene mixato con la versione dub di Gimme Every Little Thing. Per la cronaca, la penultima puntata è stata aperta da I.C. Love Affair)

((E visto che ho chiamato in causa Disco Stu, ultimamente mi gingillo assai con il Thin White Duke Remix di What Else Is There? dei Röyksopp. I motivi sono più di uno, perché la canzone già mi piaceva, perché anche questa produzione sa di mashup ben riuscito (un bacio lesbico tra Kate Bush e Cindy Lauper incrociato con i Daft Punk dei tempi di Discovery), perché ci sono i pezzi in cui la drum machine si interrompe e si possono muovere le mani nell’aria come nella peggio serata balearica dell’Escape ad Amsterdam, perché Disco Stu ha tolto la domanda del titolo dal testo e da una settimana mi chiedo perché. Che poi c’è anche il Trentemøller Remix che è davvero gustoso ma solo a partire da 3:23, nun c’ho voglia di smanettare con Yousendit, se vi sembrano interessanti cercateli))

15.11.05

One Night To Push And Scream


Mentre comincia la sequela di dichiarazioni sdegnose nei confronti delle classifiche di fine anno, qui si trova il tempo per smistare altre segnalazioni per la pista da ballo, con pezzi la cui vita non va oltre la pista vuota che troveranno alla loro prima selezione.

The Changes potrebbero piacere agli zii che bazzicano queste parti. La loro particolarità è l'utilizzo di strutture melodiche e di atmosfere tipiche del pop anni Ottanta per canzoni indie rock. Come se gli Spandau Ballet o Alan Parsons si mettessero a fare cover dei Death Cab For Cutie. Il pezzo da ballare è The Machine, per spostare il vostro indie-set verso una selezione pop anni Ottanta e viceversa.

Thunderbirds Are Now! C’è il rischio che prossimamente si parli molto di loro in giro e allora io come al solito mi sto zitto e canto le lodi di questo pezzo andante, con tastierine e chitarre riverberate e soprattutto cori, cori, cori. Il pezzo da ballare è il demo di Make History (disponibile da You Ain’t No Picasso), per spostare il vostro set dal momento electro-rock coi Phones Remix a quello con tutte le cose che piacciono ai vostri amici m-blogger tipo Clap Your Hands, Animal Collective o Wolf Parade. E viceversa (uo-uo, tarattattà).

Alter Ego. Oh, con la scusa che i rave tornano di moda, ammollate un po’ di techno. Il pezzo da ballare è l’Ewan Pearson Slow NRG Edit di Beat The Bush (disponibile da Music For Robots), per spostare il vostro set dal momento epigonia Daft a quello con i martelloni, i fischietti e i ciuccetti e i remix fatti in casa di Madonna e Goldfrapp, e viceversa (chetelodicoaffà).

We Are Wolves. Sono canadesi è la nuova forma di imprimatur che si sente spesso in giro. Il pezzo da ballare è Little Birds, per il vero sport dell’anno del dj, ovvero passare da una canzone che assomiglia a My Sharona a una che assomiglia a My Sharona. E viceversa.

La collezione di farfalle ai tempi di e-Bay


Cara, guarda, quello è il disco d’oro dei Postal Service.
Me l’ha donato personalmente Benji perché sono stato tra i primi a parlarne.

in circolo chiuso in


I blog musicali e il loro linguaggio. L'Observer affronta la questione delle parole con cui quotidianamente i blogger di lingua inglese descrivono ascolti e visioni. La ricchezza linguistica e la libertà dai lacci e lacciuoli del referente spesso trascendono nel linguaggio da iniziati e nel riferimento astruso. Aggettivi inventati, tormentoni, l’incipiente e gravosa presenza del personale a nascondersi dietro ogni angolo. Tutto ok finché si scrive per gente che non deve comprarti, dicono sul giornale. Però, come emerge dall’intervista a Sasha Frere-Jones, che scrive in maniera autocontrollata sul New Yorker e su altre testate, il sogno egotico di chi scrive così è l’infezione del media classico. Al solito uno dovrebbe imparare dall’altro, al solito quasi tutti perseverano nelle loro imperfezioni, tanto è la somma delle parti a offrire il miglior servizio.

14.11.05

Voyage Voyage (un post per punti)


A Palermo si festeggia San Martino, con i biscotti di San Martino, che sono durissimi, e col moscato.

Al solito quando torno a Palermo mi taglio i capelli.

Sulla radio del pullman ho sentito la canzone che intitola il post.

Sabato sera, dovendo ripartire per Bari, ho perso il concerto di Simone Cristicchi.

O dico, ma voi avete sentito cantare Cristel Carrisi?

Perché su Rapidshare non riesco a trovare il disco di Violante Placido?

Ieri sera ho fatto del Madonna-uotching. Mi sono appostato davanti al colonnino per l’ascolto di COTDF e ho atteso. Ho contato a decine le coetanee di Madge.

Cliccando sul generatore di numeri a sei cifre che la mia banca mi ha obbligato a ritirare per la gestione online del conto, il risultato è 864569.

(update: qui i cuscini di Bright Eyes, Modest Mouse, Arcade Fire, Death From Above 1979)

12.11.05

Bassi maestro


Tre vecchi bassisti cercano cantante. Astenersi Morrissey, Bernard Sumner, Bobby Gillespie e Ian Curtis.

I heard it all before


(Entra in un negozio di dischi)
- Senti, vorrei una copia di Confessions on a dance floor di Madonna.
- C’è una pila di cd lì, accanto alla sagoma cartonata. Non l’hai vista?
- Sì. Ma volevo “dire” l’acquisto di questo cd, sancirlo davanti a un testimone.

Il primo ascolto degli mp3 del nuovo della Ciccona e di Jacques Rhythm Digitales Lu Cont è stato circondato da abbondante distrazione, perso com’ero nel (tragitto verso) la preparazione di un bagaglio minimo per un breve ritorno alla casa natia. Un’impressione sostanzialmente positiva, come positiva può essere l’impressione di un primo ascolto più distratto del solito. Poi in serata mentre ero impegnato nel solito interminabile viaggio in pullman l’illuminazione. Ero immerso in un adagiato primo ascolto di Cripple Crow di Devendra Banhart (cheppalle, però Pensando Enti è una gran bella canzone) e di The Greatest di Cat Power (ci devo pensare), ma in mente avevo solo una cosa, una canzone anche comica su quant’è fica New York*. O meglio, mi attraversavano le orecchie certi suoi sintetizzatori e io immaginavo remix in cui questi sintetizzatori diventavano sempre più acidi e striduli fino a colorare i miei auricolari e le doppie punte di Devendra e il nasino di Chan.

Insolitamente assonnato seleziono sul lettore Confessions e nel mio rallentamento di sensi colgo particolari. Colgo particolari, non diversamente da tutti i recensori che si stanno esercitando nella grande caccia al tesoro che è questo disco. Per esempio quel rumore di contenitore effervescente che si apre. È solo un indizio, ma in Sorry c’è lo stesso rumore che c’è in Guilt is a useless emotion dei New Order e ci pensi, potresti quasi mixarle. Corri sul lettore ai New Order e ti accorgi che il beat del ritornello è identico e solo dopo un giorno scoprirai che anche quel pezzo dei New Order era prodotto da Stuart Price. Ma non siamo dalle parti dell’auto-riciclo, e nemmeno a dirla tutta dalle parti del raffinato gioco a incastro post-moderno. Confessions non è l’Endtroducing della discomusic, ma la celebrazione dell’arte fagocitatoria della musica dance. Si pensi al singolo Hung Up: Madonna nel ritornello canta le liriche di un suo vecchio pezzo scritto con Prince, su una melodia che sembra quella di I heard it through the grapevine, mentre Price fa di tutto con un campionamento degli Abba. Poi è normale che il solito fan scassapalle dei Pink Floyd arriva e dice che la sveglia è presa da Time. Non rendendosi conto che quella, è una sveglia, un ticetac. Manca solo che pensiate che il don't cry for me sottintenda l'Argentina.

Insomma, per quanto il “Perdonami” possa assomigliare al “Chiamami”, gli assomiglia non come rimando ma nel suo essere espediente. La cosa affascinante è però come questa programmatica somma di vinile sintetico, eurodisco e persino dance anni Novanta riesca divertente e non austera come una Losing My Edge, uniforme come un dj set e soprattutto votata a far ballare. Persino nel fondo negativo della versione trash di Frozen col rabbino di Isaac ci sono quelle chitarrine che fanno così taaanto Jam & Spoon. Tanto subito dopo parte la genialata, battuta hip-hop e Madonna che canta Every Breath I Take sulla melodia di Like A Prayer. Uno stomaco che si autodigerisce. Persino gentilmente autoironico quando chiude con un arpeggio di chitarra acustica. You Can Dance, come dicevano gli Abba, ma anche Madonna.

*Phones, Alkan, Murphy e 2ManyDJ’s, se passate di qui, ci siamo capiti.

Talk is cheap

9.11.05

Il mistero della copertina zozza


Da un paio di giorni a questa parte ho avuto una cinquantina di accessi da Google Image che facevano riferimento a questa immagine, linkata ma non mostrata nel post su Isolée. Gli accessi arrivano da tutto il mondo per cui dubito che la chiave di ricerca utilizzata sia porno studentesse. Riuscirò mai a spiegarmi l’arcano?

Arcadia: The Field Recordings


Tra il 1982 e il 1988 due ragazzini di Ithaca decisero di registrare il suono di tutti i videogiochi con un walkman. Oggi quelle cassette arrivano a noi, con le loro voci sempre meno infantili che introducono suoni sempre meno semplici. Da Qbert ad Altered Beast, con tanto di rumori di fondo di sale giochi urlanti e di bar semivuoti nel primo pomeriggio.

Ascolta Donkey Kong

8.11.05

Una vita vissuta pericolosamente


Prima fai il tastierista in una band finto-fricchettona anni Settanta che annovera tra i suoi autori anche Maurizio Seymandi. Poi fonda una casa di distribuzione cinematografica del quale farai l’amministratore delegato, distribuisci Dogma che ti esce giusto giusto nell’anno del Giubileo e Se Mi Lasci Ti Cancello, con appropriato titolo. Quindi sposa la ragazza coi capelli rossi di Non è la Rai che dice di fare l’attrice in America. Io non so che altro aspettarmi da quello che ormai reputo un genio.

7.11.05

Prossimamente nei migliori teatri




Metal Goddess, ovvero danzatrici del ventre che ballano sui classici del metal
(non riesco a smettere di ridere sul video che le riprende mentre ballano Welcome To The Jungle)

The Killers


Y.O.S. killed the video stars
(e senza l’uso di armi convenzionali, tipo vj brutti-ma-simpa)

Accendo la televisione molto spesso dopo mezzanotte. L’altra notte ho beccato, sul canale dove di solito si vendono i quadri, video di Scuola Furano, Architecture in Helsinki ed Arcade Fire. Ho pensato che fosse una riproposizione temporanea di un canale satellitare su una frequenza locale, una di quelle cose che succedono spesso per brevi periodi. Poi nel fine-settimana durante lo zapping a cavallo del pranzo sono tornato lì e mi sono accorto che la trasmissione ha carattere stabile, ancorché oscuro. Oscuro fino a quando ho letto da Inkiostro che Flux è riconducibile a un’operazione ai limiti della pirateria da parte di Telecom. Ragazzi, ci danno i video indie per tenerci buoni, come qualcuno faceva con i telemorenti regalando Veronica Castro e Dallas! (A parte gli scherzi, il momento che mi ha stupito di più è stato quando è passato il nuovo video a cartoni vettoriali degli X-Press 2, che non avevo ancora visto, e ho riconosciuto dal cappelino da trucker la versione animata di Kurt Wagner dei Lambchop prima ancora che aprisse bocca)

Car-podism killed the radio stars
(e di colpo dimenticherete il termine rotazione)

Selezioni da urlo. Ripescaggi che non vi aspettavate. Dischi che ancora non sono usciti. Sui 106.3 della mia macchina c’è la stazione radio di cui non potete fare a meno. E se entrate in macchina potrete anche partecipare al programma “Diventa diggei della maxcar-mobile per lo spazio di due semafori”. Venti gigabyte variabili in modulazione di frequenza, grazie al coso.

Performance killed the music stars
(e tornate a guardarvi le scarpe!)

Sono stato al concerto dei Need New Body e mi sono reso conto di un fatto. Mi urta il discorso scenico a tutti i costi. I finti sassi davanti al palco, il mantello lamé da ballerina di fila di un varietà di Canale 5 dei primi anni per lo spazio di due canzoni, il rotolarsi per terra neanche troppo bene tarantolato. Molto meglio quando si sono limitati a stare davanti agli strumenti.

4.11.05

Passami il Phones


Fin dalle sue prime prove da remixer Paul Phones Epworth, già produttore di Bloc Party, Maximo Park, Death From Above 1979, Babyshambles e tanti altri, mi ha colpito per le sue creazioni semplici e tutte mirate a costruire tensione acida senza troppi orpelli. Si parla in giro di lui e per tutta risposta escono sue produzioni e Phones remix a getto continuo (dopo il tesissimo remix di Retreat dei Rakes è la volta dei White Rose Movement per i quali ha preparato anche l’apposito e immancabilmente gustoso Phones Gone To The Dogs Remix di Alsatian). Ok, abbiamo trovato la nuova eminenza grigia mi direte, ma il punto su cui voglio soffermarmi è un altro: nel Phones Remix di Nothing But Green Lights di Tom Vek tra un giro di basso e un crescendo (e che giro di basso e crescendo) piazza a tradimento una rollata demenziale di piano che sembra arrivare a noi dritta dritta da un pezzo dei Black Box o degli FPI Project (o del giro di Madchester come dice nel post James, se all’epoca ascoltavate già buona musica).

Apocalypsms Now


Ho appena scambiato 1 sms con delio ke ai concerti fa le foto col cellu.

3.11.05

Sottovoce


Psssstttt. Pare che a fine mese i Blonde Redhead suoneranno a Bari.

Quando parliamo di cosa parliamo quando parliamo


Everything Everything
Ritengo cosa buona e giusta segnalare quando una band poco conosciuta, in vista della pubblicazione di un nuovo cd, mette a disposizione sulla rete il precedente. È il caso degli Everything, Now! che secondo Paste tengono adeguatamente fede al loro nome. Scaricate insomma Sunshine Of Doom e apprezzatene il solare retrogusto surf.

Short Cuts
Mi sono accorto che ultimamente leggo molte raccolte di racconti brevi. Se ne volete una a portata di mano mentre siete davanti allo schermo questo è il posto per voi.

Tra me e sé
Ma siamo sicuri che Hope Sandoval canti Cherry Blossom Girl degli Air solo perché il testo è uguale?

Nor-way-of-life
Uno dei nomi da tenere d’occhio tra i remixer del momento è Lindstrom. L’ascolto del remix di The Wedding di Annie però mi suggerisce un interrogativo: come mai quest’improvvisa e generalizzata voglia di infilare My Sharona ovunque?

Quel racconto in cui alla fine si scopre che il twee era Satana
Odiare i Murder Beach? Ma come si fa ballando l'unico minuto di The Pincher?

2.11.05

We will always be a (laser) light


So che in questi giorni il concetto di ricercatore e quello di dignità di condizione fanno a pugni, e non solo in ambito universitario. Giuro che non lo faccio per sembrare il solito che va controcorrente. Ma tra qualche minuto firmerò un foglietto di carta che avrà scritto da qualche parte la parola indeterminato. Ed è una sensazione strana, forse fuorimoda, che auguro a tutti.

(Il remix di Ageless Beauty del più debole dei gruppi Arts And Crafts, i Most Serene Republic, pare essere il primo estratto dal futuro disco di remix degli Stars: una versione privata degli steroidi e con tutti i musicisti stipati in una cameretta stretta, con un pianoforte appena dissonante e il profumo del caffelatte ovunque)

1.11.05

Ora solare


Ieri ho tirato fuori dal cassetto i dischi che sbagliano ed escono in un momento diverso dall'autunno, per far prendere loro aria e per affiancarli al consueto corredo alla caduta delle foglie, ai the caldi del pomeriggio, ai primi plaid, al libretto delle istruzioni della caldaia, che ogni anno è diversa. Ma aperto il cassetto, alcuni che mi aspettavo non c'erano e mi sono accorto che in fondo in fondo la condizione metereologica, la durata delle ore di luce e la città che ti circonda sono solo dei pretesti per sentire o non sentire un disco. Alcuni di quei dischi erano già fuori dal cassetto, altri non sarebbero comunque usciti.

28.10.05

GOSUB 9000


La malinconia del fosforo verde.
Stewdio ha girato un video di Jed’s Other Poem (Beautiful Ground) dei Grandaddy programmando in Applesoft II un Apple del 1979 con 48k di RAM.
Il finale lascia un magone, tutto di silicio.
(via Bedazzled)

I Thievery Corporation ti cambieranno la vita


Le trovate, anche ruffiane, al cinema in genere non mi indispongono. Non mi indispone nemmeno un universo in cui un’improbabile sfiga cosmica si abbatte sul protagonista. Eppure a un certo punto del secondo tempo il fastidio era tale da provocare il cosidetto gesto della mano che cerca pietà. E più per come il secondo aspetto, in cerca di un basso profilo, sfiorava il ridicolo che per altro. Cambi registro come una puntina di giradischi rotto che si muove eccentricamente su solchi differenti, tanto che senti il margine di separazione quando dall’uno passi all’altro. Ragionandoci, lo stesso rischio che si era preso Dave Eggers risolvendolo con grazia. Io che atarassico/aponico senza additivi son stato sentivo tutta la goffaggine di un silenzioso che all’improvviso decide di dire troppo. In fondo solo il volume separa i silenzi di Braff dalle urla di Muccino. La Martina Stella di Zach Braff nel remake de L’ultimo bacio sarà Summer di O.C.

27.10.05

Se avessi i tag questo sarebbe alla voce Minchiate


La cover discopunk di Flat Beat non è il revival che volevamo.

Hip Teens Wear L.A. Gear


Ehi, sei ancora al glitch-hop di Prefuse ‘73? Ehi credi ancora che Dangermouse ed MF Doom siano i nomi da contrapporre ai gangsta? Ehi, Kanye West con le canzoni sulla mamma? (mode autoironia on) Seriamente, non avresti voglia di un bel gruppo svedese? (mode autoironia off) Torna indietro ai tempi della old school ed immagina che per una catastrofe naturale sia sparito tutto il vinile e che siano rimasti solo dei Commodore 64 per fare musica. Sono gli Stacs Of Stamina e il loro hip-hop acido è la cosa.
Ascolta Tivoli (su Headphone Sex), il tributo al rap francese di Donne Moi Un Poisson e Downtown Tempo.

Bonus Track: Headphone Sex è andato a ballare per noi Erol Alkan e Paul “Phones” Epworth e ha postato alcune delle chicche della serata come il Daft Punk Mix di Mothership Reconnection, il Digitalism Remix di Nothing But Green Lights di Tom Vek (altri nomi che mi si dice di tenere d'occhio) e il Glam Racket Remix di Do You Want To dei franzferdinandi ad opera dello stesso Alkan. Fate un salto da lui per i dettagli e per sentirli.

26.10.05

Cose che personalmente fanno senso


L’ascolto dell’edizione americana ripulita, ricantata, rimasterizzata di Thunder, Lightning, Strike dei The Go! Team è paragonabile alla visione di gente che si lava i denti con uno spazzolino appartenente ad altri.

(A dire il vero dovrei dire che è paragonabile alla visione dei Go! Team che si lavano i denti tutti col proprio spazzolino in un mondo in cui tutti si lavano i denti con spazzolini di altri ed il contrario è ritenuto moralmente e fisicamente riprovevole)

(Che poi riflettendo e ripensandoci, con calma e con distanza, le alterazioni sono tutte accettabili e alla fine l’impressione è quella delle modifiche che si sentirebbero in un loro buon live. Credo che sia una questione di attaccamento agli oggetti che mi aspetto, in quel posto e in quella forma. Ecco, forse dovevo tirare in ballo dentiere e paste adesive)

The boy with the Arab Strap


Voglia di riversare interminabili pinte di parole, qui,
su ogni lenzuolo senza ricami, su ogni foglio senza margini.

Stink - Arab Strap
A Happy Medium - Malcolm Middleton
(non le preferite, ma quelle che puoi scaricare attraverso l’internet)

25.10.05

E l’orologio contro il muro segna l’una e dieci da due anni in qua




Lo stile elegante e sobrio dei poster di The Small Stakes, ottimo quando evita le nuvolette e i colori pastello, rende i manifesti dei concerti di alcuni nostri gruppi preferiti un appetibile oggetto di arredamento, direbbe Giorgio Mastrota.

Compreresti da loro la tua automobile?


Per il lancio della Nuova Civic la Honda ha commissionato degli spot giovani, un po’ modaioli e un po’ a bassa fedeltà. E così gli Shynola citano i videogiochi da console e la loro grafica sopra Galang di M.I.A., Roman Coppola sceglie il tema coppia giovane + arca di Noè al suono dei Grandaddy di Nature Anthem, i Pecubu utilizzano grafica computerizzata per nascita di farfalle per We Will Become Silhouettes dei Postal Service, i leftchannel scorrono in finto piano sequenza il globale, JJ & Maithy hanno immagini prese in prestito da MTV e dai video di Chillout Zone. L’unico che riesce a sfuggire alla fastidiosa aura di indie-yuppism è quello con le piante di carta di Ace Norton con le Pony Up! che cantano Shut Up And Kiss Me. Ma che credete, che le automobili crescano sugli alberi?


(dove si ripensa alla Fiat che conquista il pubblico giovane con Vasco)

21.10.05

Novella 2000


Ma con l’uscita su internet del disco dei Babyshambles i fanatici del Doherty torneranno a parlare di musica?

20.10.05

Walk through psych m-blogs like an egyptian


Il meglio della psichedelia sintetica da Stypod (ascolta Lovefinger dei Silver Apples)



Per cercare di uscire dal tunnel in cui si balla solo The Purple Bottle degli Animal Collective (video dal vivo trovato su Antville), qui si offre una possibilità agli Oxford Collapse, nipotini molto ini di Pavement e Wire con un approccio confusionario alla !!! o alla Broken Social Scene. A dirsi è un obbrobbrio ma danza anche tu The Money You Have Is Too Little, scoperta da Sixeyes



Sempre dallo stesso post, i Mixel Pixel sono il psych-folk al tempo dei simulatori di videogiochi anni Ottanta (dite al mio vicino di scrivania di smettere di giocare a Ghost’n’Goblins sulla sua costosa e potentissima workstation)



Vorrei un template che assomigliasse alla versione di Tessio contenuta in The Present Lover. Per avere un’idea delle malefatte di Mr. Luomo Vladislav Delay (ma è il suo vero cognome? se sì è invidiabile anche per ciò) andate su Radio Babylon e visto che ci siete sentite anche Quio, l’indie-risposta tedesca alle varie Britney, Christina, Missie e Jessica (oh, ci ha anche un brano intitolato Gazon Gasolina)



Mrs. Bean è la moglie segreta di Mr. Bean. The Essex Green hanno imparato, almeno qui, la lezione dei gruppi che hanno nascosto la psichedelia nel pop e nelle canzoni (Sentiti da Spoilt Victorian Child)



Basta con le parole. Nefertiti di France Gall (dall’indispensabile Blowupdoll)

The Polyphonic Oompa




Clicca sulla foto per sentire Veruca Salt, sali di un livello per la colonna sonora e guarda il commento di Danny Elfman* (se ti appare uno schermo nero ti manca il chocoapplet o devi semplicemente dare la riproduzione col tasto destro del mouse)

*in realtà una bieca scusa per ammirare nuovamente gli Oompa Loompa

16.10.05

La filosofia della distruzione del tempo


Il bello di recuperare in divx un film che era stato molto al centro dell’attenzione qualche tempo fa è che, a un certo punto di un tranquillo sabato sera, parte inaspettato e perfetto quel capolavoro che è Under The Milky Way dei Church.

These are the days racing towards us


Sono stato all’inaugurazione della discoteca meno peggio di Bari, due mini-concerti e il solito djsetting, questa volta definibile con l’aggettivo tremebondo. Ma non è di questo che voglio parlare. Non dell’ex-tutto e ora volevo-essere-gli-arab-strap-fuori-tempo-massimo. Non di quello degli amici della fabbrica, che prendono un componente in più per aumentare il coefficiente rock e provano anche la strada del cantato in italiano. Non della suddetta selezione musicale, priva di ritegno nel riservarci a inizio serata mezza discografia di Cure e Smiths (poi dovremmo parlare di come possa essere fastidioso in certi frangenti un rapporto irrisolto col Moz) inframezzata di classici dei Coldplay, Toploader e Morcheeba(!), incurante del fatto che con la discoteca semivuota puoi permetterti quello che vuoi. Non del fatto che il signor Carlo Chicco (okkei faccio il nome e il cognome così se si cerca sente la mia voce) nella parte danzereccia della serata scelga per l’apertura della nuova stagione esclusivamente pezzi appartenenti all’anno scorso quando va bene (con l’eccezione di Dare dei Gorillaz), e le immancabili Tainted Love e Song 2 quando va male.

Non si parlerà di questo quanto di uno strano personaggio che a inizio serata brancolava per la discoteca, vestito da magro cowboy texano, con una interminabile barba che si estendeva lungo tutte le direzioni, di quelle che cominciano a crescere dopo un lutto, dopo una delusione o anche dopo un blocco esistenziale. Su suggerimento del benemerito Davide il pavido Carletto lo introduceva come il regalo della serata, l'ex leader di uno storico gruppo poco conosciuto ma che aveva lasciato il segno nei pochi che avevano avuto la fortuna di incrociarlo sul loro cammino. E all’improvviso ho avuto l’illuminazione e mi è stato chiaro che, come attraverso percorsi imperscrutabili due anni fa mi imbattei nei Lift To Experience, venerdì incontravo per l’ennesima volta il loro leader, un allampanato figlio di predicatore sempre più in preda ai suoi demoni che affoga le sue visioni apocalittiche in muri di una singola chitarra sempre più amplificata ed effettata. Un essere in crisi creativa che cerca di superare da solo un blocco artistico e personale, rovesciando la sua fuga dal mondo sul pubblico che gli sta davanti.

Oggi Josh Pearson si esibirà per un concerto più lungo delle cinque canzoni viste l’altra sera, ma io non ci sarò, perché la regola non scritta tra noi due è che ogni volta che vorrà sarà lui a cercare me. Mentre a fine serata teneva gli occhi chiusi sul, solito, remix di Enjoy The Silence, io mi chiedevo il senso del prezzo del concerto di Paolo Benvegnù della prossima settimana, sette euro prima delle dieci, dieci dopo. E ieri non ho avuto, nemmeno per un attimo, la tentazione di andare a sentire Howie B.

Streaming thees


In those days there was a kind of feeling of pushing out of the front door, into the pale exhaust fume park by broad water pond where the grubby road eventually leads to end field. Turkish supermarkets after chicken restaurants after spare pawnshop, everything in my life felt like it was coming to a mysterious close. I could hardly walk to the end of the street without feeling there was no way to go except back. The dates I had that summer count to nothing, my job was a dead end and the rain check was killing me a little more each month. It seemed unlikely that anything could hold much longer. The only question left to ask was what would happen after everything familiar collapsed, but for now the sun was stretched between me and that moment. It was ferociously hot and the equality became so bad that by the evening the noise of nearby trains stuttered in and fix and storks, distorted through the shifting end. As I lay in my room I can hear my neighbors discussing the world kemp and opening beers in their gardens on the other side someone was singing an Arabic prayer through the thin wall I had no money for the pub so I decided to go for a walk. I found myself wandering aimlessly to the west past the terrace of chicken and bomb shops and long dreads near the tube station. I crossed the street and headed into virgin territory, I had never been this way before grabble Dutch houses alternative with square 60s offices and the white pavements angulated with cracks and litter. I walked in wall because there was nothing else for me to do and by the breeze the light began to fade. The mouth of an avenue led me to the verge of a long greasy A road that rose up in the far distance with symmetrical terraces falling steeply down and up again from a distant railway station. There were 4 benches to my right indispurced with those strange bushes that grow in the area. These blossoms are so pale yellow they seem translucent almost spectral and suddenly tired, I sat down. I held my head in my hands, feeling like shit but a sudden breeze escaped from the terraces and for a moment I lost my thoughts and its unexpected glooms. I looked up and I realized I was sitting in a photograph. I remember clearly this photograph was taken by my mother in 1982 outside our front garden in Hampshire, it was slightly underexposed I was still sitting in the bench but the colors and the plains of the road and the horizon had become the photo but I looked hard and I could see the lines of the window ledge in the original photograph were now composed by a tree branch and the silhouetted edge of a grass barge, the sheens the flash on the window was replicated by gunfire smoke drifting infinitely testify slowly from behind the fence my sisters face had been dimly visible behind the window and yes there were pale stars far off to the west that traced out the lines of a toddlers eyes and mouth. When I look back at this there's nothing to grasp, no starting point, I was inside an underexposed photo from 1982 but I was also sitting on a bench in Haringey, strangest of all was the feeling of 1982, dizzy illogical as if none of the intervening disasters and wrong turns had happened yet. I felt guilty and inconsolably sad. I felt the instinctive tug back, to school; the memory of shopping malls, cooking, driving in my mothers car, all gone, gone forever. I just sat there for awhile, I was so tired that I didn’t bother trying to work out what was going on. I was happy just to sit in the photo while it was lasted which wasn’t long anyway. The light faded, the wind caught the smoke, the stars dimmed under the glare of the streetlamps. I got up and walked away from the spot of little benches and an oncoming of Garish kids. Our bus was rumbling to my rescue down that hill with a great big fire Alexandra palace on its front and I realized I did want to drink after all.

(qui si scrivono testi per intero, come i quindicenni sul diario)

12.10.05

Mad in Italy


Per Stylus Magazine il disco della settimana è quello di Simone Cristicchi, quello di Biagio Antonacci e della studentessa universitaria. Tra i precedenti dischi della settimana di Stylus ci sono Wolf Parade, Devendra Banhart, The Juan Maclean, Isolée, Decemberists, Beck, Patrick Wolf e Bloc Party. Solita posa da spocchiosi che decidono cosa è giusto e cosa no o devo pensare che è una sublime mossa di hacking ai danni della webzine?

11.10.05

Il dramma di una madre



Povera contessa Pinina Garavaglia, qui ritratta con il principe Morisss e Asia Argento.

Squatt(e)rinati


Al prossimo che posta foto di gattini lo accoppo. Intanto progetto di coprire le spese di riparazione della mia auto con la fine arte dell'occupazione.

Mio cuggino mio cuggino


Aerosmith wrote "Love in an Elevator" after encountering Arthur Lee on the way up to a meeting at the offices of Sony Music in New York.

"serge gainsbourg" is actually an elaborate hoax perpetuated by european zionists. there have been numerous "serge gainsbourg"s over the years. the hoax was called off--but not revealed--after the fall of the soviet union, for reasons still unclear.

As a Tax evasion scheme, Elton John spent the entirety of 1975 with a dormouse living in his lower intestine.

It would take approximately sixteen years to listen non stop to every song posted on every MP3 blog in the last 12 minutes.

The Pet Shop Boys' song "Left to My Own Devices" features the lyric "Che Guevara and Debussy to a disco beat". Ironically, Guevara hated Debussy's music, describing it as "reactionary bourgeois indie shite". Debussy, on the other hand, was a huge disco fan, scoring the string arrangements for several classics including Odyssey's "Use It Up and Wear It Out".

Luke Haines is the heir to the throne of Latveria. He refuses to accept his rightful legacy on the basis that "something bad" might happen.

If you try and upload "Carrot Rope" by Pavement to your iPod, iTunes automatically replaces it with "I Got 5 On It" by Luniz.

The chorus of 1997's "Beetlebum" marks the first ever use of the chord C major in Blur's recorded output, as Graham Coxon had only recently overcome his irrational terror of it.

Rapper Nelly's last name really is Furtado.

Nostradamus accurately predicted the rise of Bran Van 3000.

Visionary musician Brian Eno regularly visits internet music sites using the alias "Mr. Snrub".

Aside from you and that Australian guy you met in Goa, absolutely no-one has heard of Manu Chao.

Billy Corgan played the little kid on that robot girl sitcom "Small Wonder."

Billy Corgan played the robot girl on the sitcom "Small Wonder."

Mogwai and Arab Strap signed a joint death pact in 1997, to be acted upon exactly ten years from that date, in 2007. Three weeks later, Aidan Moffat accidentally left the pact in an ex-girlfriend's bedroom. He has not been in contact with her since. Thus, the pact's whereabouts are currently unknown, and it is therefore nullified until it is found. The Arab Strap single "Love Detective" contains veiled references to this incident.

Your copy of Loveless isn't meant to sound like that.

(su I Love Music da luglio continuano a inventarsi leggende metropolitane)

I’m a stereotype (in a sense)


La scarlattina è contagiosa anche in Francia. Spero di trovare il tempo per parlarne, prima che sia troppo tardi. (via La Blogotheque)

Me And Calvin Johnson* Down By The Schoolyard. (via Said The Gramophone, il riempipista strappasorrisi del prossimo inverno)

Le Au Revoir Simone sono carucce e a parte The Disco Song mi annoiano in quanto carucce. (via Scenestars)



*o Stephin Merritt**

** o Jens Lekman se ritenete gli altri due eccessivi

7.10.05

Hear Their Songs (ce n’è per tutti)


Micky: You're drivin' like a madman.
Gordon: You think this is bad? You should see me when I'm on my own!
Micky: Sure I'd hate to be with you when you're on your own.

Ascolta We’re From Barcelona degli I’m From Barcelona da Polaroid.
Ascolta Ask Me Anything dal nuovo degli Strokes cantata da fdl.
Ascolta la canzone del ballo di Ritorno Al Futuro cantata dai Death Cab For Cutie da inkiostro.
Ascolta Ba Ba Ba Boof di Pussycat da Blowup Doll.
Ascolta He! She! You! Me! They! We! Us! Ok! di You Say Party! We Say Die!
Ascolta Conoscere Gente In Ciabatte degli Amari su Rockit.
Ascolta Dagger degli Slowdive in una versione con la spina attaccata.
Ascolta Take Ecstasy With Me cantata da Filene Steele per il tributo online alla discografia dei Magnetic Fields It’s Meaningless.
Ascolta A Todo Color di Las Escarlatinas, ovvero come sarebbero stati i Lali Puna se avessero fatto twee.
Ascolta Grass degli Animal Collective da Me You, We Two.
Ascolta You Are A Runner And I Am My Father’s Son dei Wolf Parade.
(e se non ti basta guarda quintali di video da Cliptip e Antville)

6.10.05

99 palloncini sgonfi


A margine di alcune discussioni sul nuovo singolo di Madonna, Achille si interroga su una realistica impossibilità del revival degli anni ‘90: colpa del loop ‘60-‘70-‘80 che rischia di soffocare gli emergenti sentimenti nostalgici dei britpoppers e dei bigbeaters. A mio avviso è più verosimile una doppia spiegazione. In primo luogo la distanza temporale. È vero che in tempi di bulimia musicale si accorciano anche i tempi di recupero, eppure continuo a considerare valida la regola del venti. La maturità del recupero di un’epoca si è finora raggiunta sempre venti anni dopo. Non si può essere nostalgici a trent’anni.

D’altronde gran parte dei Novanta è figlia del recupero del passato privo di nostalgia. C’era chi era figlio degli XTC, dei Kraftwerk o degli Smiths, ma nessuno andava in giro piagnucolando “Oh com’erano belli i tempi in cui ascoltavamo gli Smiths!” (succede ora, ma sono ragazzine spagnole che vorrebbero essere Belle And Sebastian e che ai tempi dei Los Esmiths forse non erano nemmeno nate, cfr. Las Escarlatinas – Adiós Al Pop). C’era chi utilizzava il passato nel presente, vuoi in postmoderna maniera, vuoi come un brandy che crea l’atmosfera. Il fatto che il presente dei Novanta si ponesse in maniera similmente problematica nei confronti del passato rende impresa ardua la riproposizione di simili sentimenti in forma di revival. Il revival del britpop insomma non può che essere britpop.

Poi però scorri il programma della nuova stagione della discoteca meno peggio di Bari e noti che tra due settimane ci sarà Howie B e poi di seguito un Hartnol degli Orbital, Layo e Bushwacka come a Benicassim, Darren Emerson degli Underworld, Richard Dorfmeister, Ben Ayers dei Cornershop e concerti di Morgan dei Bluvertigo e Mauro Ermanno Giovanardi dei La Crus. Facile direte voi, costano poco e riempiono il posto. Ma non è anche questo il senso del revival, la decadenza delle star e le loro serate a ritmo industriale nella provincia, italiana o svizzera o russa che sia per gente che all’epoca non riuscì a vederli dal vivo? Se invece pretendete il programma di Red Ronnie in prima serata su Canale Cinque con gli FPI Project egli Atahualpa, scordatevelo. Non ci sarà.

4.10.05

Dell’autoreferenza e della mancanza di spessore che all’improvviso diventa spessore: FF-FF, cioè “Che mi hai portato a fare sopra a Coney Island se non mi vuoi più bene?”


In giorni impegnati come questi è strano che esplorando le pieghe più nascoste dei miei attuali dischi preferiti (Animal Collective e Wolf Parade, per la cronaca), io sia attratto inspiegabilmente e in maniera più che magnetica dal disco nuovo dei Franz Ferdinand. Ciò non è dovuto al fatto che mentre guido ho ormai sviluppato complicate coreografie per accompagnare “this boy is so spectacular” e tutti gli altri killer-ritornelli un po’ tamarri e un po’ già sentiti che alla lunga vengono fuori, come forse non mi sarei aspettato. Non dipende dalla loro conferma di gruppo che schifa il contenuto in favore della dinamica. Non ho la soluzione, e in giorni impegnati come questi è difficile trovare il tempo per risolvere quesiti di tale portata.

Poi però mi chiedo il perché di Eleanor Put Your Boots On, che sta lì programmatica come tutte le loro creature monodimensionali ma in maniera opposta, per spezzare il ritmo, per il suo non essere una canzone dei Franz Ferdinand. Tutti a dire dei Beatles, e avete ragione, e a pensare che Eleanor fosse quasi un tributo alla donna solitaria di Revolver. Poi mi imbatto, quasi contemporaneamente, nella notizia che Alex Kapranos ha frequentato per qualche tempo Eleanor Friedberger dei Fiery Furnaces e allora corro a leggere il testo e trovo che

You can run to the Coney Island rollercoaster
Ride to the highest point
And leap across the filthy water
Leap until the Gulf Stream’s brought you down


e per un attimo ho l’impressione che l’omino dallo sguardo di vetro e sempre uguale abbia un momento di umanità nel mimetizzarsi alla sua (passeggera) fiamma, alle corse senza capo né coda di Blueberry Boat. Non è una crepa nella monodimensionalità, però ci trovo una tenerezza di cui non lo credevo capace. Un’intuizione e una canzone che, chissà perché, lego agli altri episodi strani del disco, a Fade Together e al suo muro di Berlino con i Box Tops sopra e, soprattutto, a Walk Away dove lo spendido uno-due

And I am cold, yes I’m cold
But not as cold as you are


è incastonato nella versione franzferdinanda della politematicità fieryfurnacesca, tra il Kremlino, Hitler, Stalin, Churchill e Mao Tse Tung. Come se l’omino dallo sguardo di vetro e sempre uguale possa essere stato capace non solo di scrivere una bella canzone (a tal proposito ascolta la demo per sola chitarra), ma di uscire dal suo mondo a una sola dimensione, anche se per il solo spazio del battito di un tacco a spillo.

27.9.05

Soon you will hear the things you wanted


Oh come avrei voluto esser lì. A Londra, per la serie di concerti Don’t look back, poco prima di eseguire dal vivo l’intero album If You’re Feeling Sinister, i Belle And Sebastian hanno suonato la rarissima Electronic Reinassance.

26.9.05

Come To Daddy?


Nel 1995 Radio 3 mandò un pacchetto di cassette a Karlheinz Stockhausen. Le cassette contenenvano pezzi di Aphex Twin, Richie Hawtin nel suo alter-ego Plasticman, Scanner e Daniel Pemberton. L’intento era quello di far esprimere uno dei padri della musica elettronica su alcuni discendenti o comunque su alcuni dei nomi più in vista della musica sintetica del tempo. Stockhausen rispose trattando i ragazzini con sufficienza, evidenziando in particolare la loro mancanza di inventiva dal punto di vista delle variazioni. I ragazzini, sottoposti a loro volta all’ascolto di composizioni del maestro tedesco, risposero piccati. Ciò per dire che per quanto si possano cercare sovrapposizioni tra i mondi della musica contemporanea e della musica elettronica dell’ultimo decennio, i due partono da urgenze differenti e le loro sovrapposizioni all’inizio furono spesso frutto del caso. Poi, è vero, i musicisti electrondance sono cresciuti e comprando qualche vecchio disco hanno imparato a riciclare certe idee maturate nei decenni precedenti, ma la cosidetta Intelligent Dance Music aveva in mente i Kraftwerk come padri putativi e il ballo più che Edgar Varése.

Fatta chiarezza su questo punto, mi sono recato alla serata torinese della London Sinfonietta meets Warp tour con la curiosità di chi conosce tutta la discografia di Aphex Twin ma ben poco delle avanguardie musicali tirate in ballo nel suddetto matrimonio tra musica contemporanea ed elettronica recente. Credo che questa sensazione fosse la costante del pubblico della serata, assolutamente non codificabile in un genere definito ma composto da ragazzini scenesters, trentenname in assetto aperitavito e mezzetà stanziale da Auditorium. E mentre l’accrocchio variopinto faceva il suo ingresso e prendeva posto (noi in galleria, ché non siamo borghesi) la Pendulum Music per due microfoni dondolanti e amplificatore, inno allla forza di gravità e al feedback di Steve Reich, veniva tradotta in un groviglio di cavi che si avvicinava sempre più alla platea sul maxischermo in fondo al palco.

L’orchestra entra e prende posto. Viene presentato quello che seguirà, in due lingue, l’inglese e l’ormai tristemente noto italiano-da-traduttore-automatico. Poi le luci si abbassano e un occhio di bue illumina un pianoforte preparato, ovvero un pianoforte che oltre al classico suono affianca armoniche metalliche. Il pianista esegue Jynweythek & hy a Scullyas lyf adhagrow di Aphex Twin, ninna nanna introduttiva di melodie argentate. L’applauso termina e suona una sirena. È la sirena della Ionisation di Edgar Varèse. pianoforte e dodici percussioni accompagnate da un inquietante filmato di Flat-E (qui un edit su musica di Ultre) in cui ingranaggi e aghi di zanzara grigioneri luccicano scuri su fondo bianco. Subito dopo sistemano sul palco i laptop i Plaid alle prese con Scope, ausiliati dagli xilofoni della Sinfonietta e da un altro video di Flat-E con protagonista una colonna di legno che in stop-motion viene dipinta, spruzzata, scarnificata per tornare sempre alla sua versione originale. Il terremoto tecnoastratto di Autechre su video precede il Ballet Mecanique di Léger, Murphy e Man Ray, musicato da Georges Antheil, ovvero come le sensazioni dei video Warp venivano rese ai tempi del dadaismo in maniera simile con l’uso parallelo del tecnologico, del quotidiano decontestualizzato e dell’iteratività. La prima parte si chiude con la proiezione di Rubber Johhny, creatura di Aphex Twin e Chris Cunningham tanto ben fatta quanto prevedibile nel consueto miscuglio di infanzia e deformità.

Nell’intervallo Warpvideo di Gravenhurst, Squarepusher e compagnia cantante. Un bambino che riceve sensazioni materne via cavo precede First Construction In Metal di John Cage, anticipatrice del rumorismo à la Einstürzende Neubaten, coi drone derivati dalla lamiera e le pentole che ti chiedi se le vendano al negozio di strumenti musicali, di forma e spessore standard. Il concerto per sei marimbas di Steve Reich è ipnotico, fino a quando a due terzi di durata noti una strana coincidenza con Stagger degli Underworld. Il video della faccia di vecchio di Bluespoon termina all’improvviso, ma nessuno sa se volutamente o no. Le luci si abbassano, entra Squarepusher con un basso a sei corde seguito dal riflettore, una videocamera lo riprende dal basso in posizione da solista virtuoso e succede l’impensabile. Dovrebbe presentare in anteprima i suoi otto piccoli pezzi per basso, ma assistiamo a pretenziosi arpeggi da chitarra classica spagnoleggiante, scritti male ed eseguiti peggio. Mi giro verso Enzo ed entrambi abbiamo la faccia del “Che merda” inspiegabile. Jenkinson si riscatta solo quando usa la corda bassa come un bassista thrash metal o quando indossa la faccia del “non so se mi è riuscito ma questo è il massimo di cui sono capace e sono contento dell’ovazione che mi tributate”. Presa per il culo o arteriosclerosi anticipata? L’orchestra rientra e suona una versione da big band di Polygon Window di Aphex Twin, tutto sommato buona nel suo introdurre una dinamica quasi dance, se non fosse per il finale in cui tutti i musicisti prendono un tamburo, scendono tra il pubblico e si danno alla pazza gioia della tammuriata che manco alla festa del santo di Sheffield. Poi tutti si inchinano a ricevere applausi, anche Pac(c)o De Squarepusher, risalito apposta sul palcoscenico. In definitiva l’idea non è male e soprattutto è ben realizzata per mantenere alta l’attenzione. Peccato per certi momenti che da un lato fanno cadere il monocolo nel nostro drink, dall’altro suscitano la nostra ilarità, assurgendo già al ruolo di tormentoni.